In The Menu, film di Mark Mylod uscito nel 2022, una coppia va a mangiare in un rinomato ristorante situato su un'isola particolare. Tra i vari twist in the tale si assiste a varie 'sparate' dell'ego ferito - e disturbato sicuramente - dello Chef, che preludono ad un finale macabro quanto spettacolare, dal quale ne esce vivo sicuramente un hamburger. Per essere precisi un cheeseburger. Improvvisamente, dopo curiosità ed emozione, la maggior parte dei presenti in sala ha avuto voglia di addentare quel succoso, bollente, saporito hamburger "con formaggio americano, certo", perché 'è il migliore' cit, corredato dalle sue patatine . Ecco, qualora gli spettatori fossero italiani avrebbero potuto dimenticare quel panino, poiché non esiste un hamburger con quelle caratteristiche nella Penisola. O meglio non esisteva, e se esisteva noi non lo sapevamo. Quel particolare panino o "smashburger", fatto con precise regole di peso della carne – centoventi grammi di puro Black Angus - temperatura della stessa - fredda di frigo affinché i grassi a contatto con la piastra calda fondano nella maniera corretta, donando la crosticina - con il giusto movimento di schiacciatura del 'patty', così che la carne raggiunga una cottura uniforme mantenendo i succhi all'interno - è sconosciuto in terra di pummarola e mozzarella.
Ma noi di MOW, alacri come ci compete, abbiamo scoperto - tardi - che non era necessario farsi 600 chilometri per arrivare nei pressi di Udine da Joe Bastianich per mangiare questo geniale comfort food popolare tra americani e infartuati. Anche presso le coatte quanto meravigliose Terme di Diocleziano si può incontrare questo angolo di cultura yankee, grazie a Bastianich, il cuoco che fa il giudice del cibo preparato da altri, con la sempiterna strizza di morire. Sì, è proprio lui, quello che severo blasta i cuochi in divenire chiedendo loro "vuoi che muoro?" ad ogni sforchettata di assaggio. Siamo corsi dunque tra imperiali resti di mura Serviane, degrado multiculturale e odore di gran masala presso quella perla del ristoro che stranamente sopravvive fiorente in quel guazzabuglio di Stazione Termini, precipitandoci verso il chiosco di American Smashburger di Joe, con l'intenzione di aprire nuove finestre sul mondo della carne trita.
Abbiamo chiesto alla pischella dietro al banco di darci l'iconico Bacon Bomb, con una porzione di patatine e in più un Bacon Jam doppio, proprio per accertarci di aver capito bene di cosa sappia questo hamburger a noi proibito perché originario di queste Americhe lontane di cui siamo orgoglioni vassalli. I due esemplari di machismo a stelle e strisce - cioè dei due smashburger - spacciati a Roma Capoccia si sono mostrati a noi con l'appeal seducente di due bei manzi muscolosi in canotta, tipo pubblicità dei Levis degli anni '80 in cui il cow boy svita il tappo del serbatoio dell'acqua a secco della macchina in panne, in mezzo al deserto del Nevada. Uguale. La pulzella abbagliata da siffatta maschia esuberanza di testosterone e sudore dello spot eravamo noi. Senza orientamento sessuale che tenesse. Il ‘Bomb’ colava letteralmente da tutte le parti mantenendo però intatto il suo turgido vigore al tatto e al gusto, in una esplosione di opulenta oscenità. Questi smashburgers non avevano nulla a che vedere con quelle pallide, emaciate solette magre di altri tristi esemplari mangiati finora. Il sapore era equilibrato al punto tale da indurre il fantastico delirio psicologico di non trovarci in Via Giolitti, dinanzi alla più esaltata caciara che incapacità di fare integrazione sociale sia mai stata rappresentata in una città. Dinanzi agli occhi nostri alte palme costeggiavano una strada front ocean mentre noi, con alito di cipolla e cetrioli sfrecciavamo diretti ad un Motel di Santa Monica in tuta rosa. Il Bomb Jam manteneva le medesime caratteristiche ma in versione piccante, grazie all'olio red hot chili peppers e a tre fette di bacon abbrustolito. La polpetta era sottile a dovere, morbida e croccante insieme, ad ungere un pane assolutamente lontano da quello caramellato e alcoolico di alcuni brand.
Una roba, signori, che meriterebbe il plauso del Principe di Bel Air, Magnum P.I. e di tutta la Casa Bianca con Monica Lewisky dentro. Dopo aver terminato il nostro american lunch originale, abbiamo avuto l'incontro con la Conoscenza. Come Lucy nel film di Luc Besson mentre girava con il carico di CPH4 nella pancia, siamo arrivati a poter usare il cento per cento del nostro cervello. O almeno per un attimo ne siamo stati convinti. Forse John condisce il suo macinato con l’ayawhuasca, forse col peyote, ma siamo andati in dipendenza. Avremmo voluto testare tutti gli altri panini e la Joe’s secret sauce, ma la prospettiva di deviare da Santa Monica verso Houston, città che deve sicuramente la fama al dottore che ha l’ingrato compito di far dimagrire centinaia di americani con l’addome sblusato a furia di cheeseburger ci ha indotto a desistere. Che dire delle patatine? Buone, ma suggeriremmo allo Chef di iniziare a brevettare le patate vere, a tocchi grossi, fritte al momento. Per il resto sono scontate patate fritte dal consueto appeal da fast food. Mc Donald's? Pussa via. In confronto è la versione cinese ed edulcorata del viagra originale, un carrello di farmaci in una Rsa, un tarocco industriale di terza categoria. Noi non sappiamo come mai sia così buono questo smashburger di Bastianich, ma ora capiamo i suoi standard ogniqualvolta minaccia di muorire, quando spizzica le altrui creazioni. Lui viaggia oltre.