Non funziona. Semplicemente. E spesso il prodotto, lo spot, lascia parecchio a desiderare (eufemismo), tra slogan infelici e copioni grotteschi. Il surreale videomessaggio anti-droga di 30 secondi voluto dal governo con il ct dell’Italia Roberto Mancini – intitolato “Tutte le droghe fanno male, scegli le emozioni vere”, presentato il 26 giugno in occasione della Giornata internazionale contro l’uso e il traffico di droghe – ripropone il tema degli spottoni contro l’uso di sostanze stupefacenti, che producono solo sfottò in serie. Il trend è ovviamente più forte nell’era dei social, che fanno da moltiplicatore. A distanza di qualche giorno, non si fermano i meme e commenti ironici. Nello spot si vede Mancini che mette in guardia i ragazzi dai pericoli delle droghe. Il suo video viene visto da un gruppo di amici, che decide a sua volta di pubblicare un proprio video per ribadire il messaggio. Infine, è Mancini a tornare ancora una volta sullo schermo, invitando tutti gli spettatori a seguire lo stesso esempio e stare lontano dalle droghe e godersi le emozioni belle della vita. Tra i tanti commenti ironici che sono spuntati sui social c’è anche quello di Giuditta Pini, ex deputata del Pd, che su Instagram ha scritto: “Mi è appena venuta una irrefrenabile e improvvisa voglia di fumarmi un cannone alto 2 metri… Grazie mille Giorgia, era da un po’ che non mi veniva”.
Certo, il tragicomico spot tv sulla droga, di cui il ct della Nazionale italiana è assolutamente incolpevole perché il copione non arriva dalle sue dita, non regge in ogni caso il confronto con il primo, storico videomessaggio contro l’uso di sostanze stupefacenti. Correva l’anno 1991, l’incubo di quegli occhi che diventano bianchi, dopo una torsione a 360 gradi del collo dei protagonisti con richiamo agli Addams, un pacchetto complessivo di tre spot, condisce il tutto l’accompagnamento di un carillon che rimanda subito alla parte finale di “Shining”. Il plot narrativo ricorda quello dello spot, angosciante ma tecnicamente più riuscito, sull’Aids, con l’invito a usare il preservativo. Venti anni dopo, la situazione non è migliorata. Neppure peggiorata, pensandoci bene, anche se sarebbe difficile farlo. Nel 2011 ecco un cortometraggio, partorito dalla mente di Carlo Giovanardi, allora sottosegretario alla Presidenza del Consiglio (premier era Silvio Berlusconi) con delega alle politiche antidroga. La trama era di origine controllata: un ragazzo si porta la droga in settimana bianca, durante il tragitto ha un sogno dove una specie di meravigliosa bond-girl lo seduce e poi diventa un mostro pronto a mordere al collo, un po’ Dracula, un po’ Buffy. Sconvolto dalla visione, il ragazzo si libera della dose e trova l’appoggio della fidanzatina, schifata e preoccupata perché l’aveva beccato con le dosi in tasca. Il tutto è accompagnato dalla musica di Nek (“è bello sognare, di vivere meglio / ma non consumare nemmeno un secondo / sentire che anch’io sono parte del mondo / Con questa canzone dico quello che da sempre so: la vita rimane la cosa più bella che ho!”).
Forse è andato un po’ meglio, o meno peggio, con Raoul Bova, che da un grattacielo di Milano tira fuori un monologo sulla droga tratto da una scena del film Sbirri. Ansiogeno, spezzettato, rende meglio l’idea della confusione che produce il consumo di stupefacenti, poi diventa un dramma con derive trash: “Io questo voglio raccontare, capito? Il passare di queste macchine che vanno velocissime. Guardate come corrono, forse la droga serve a questo”. Altra chicca assoluta è “Il Vero Sballo è Dire No”, spot realizzato verso la fine degli anni ’90. Riassume alla perfezione l’incastro di motivi per cui questi spot non funzionano e vengono pure male: il ricorso sistematico al terrorismo psicologico e l’idea che la droga vada a infilarsi solo nell’esistenza di ragazzi con problemi di vita, lavoro, sesso. L’idea era pure semplice: alcuni giovani raccontano, attraverso brevi frasi a effetto montate con ritmo serrato, le cause che li spingono a drogarsi. Un po’ come se le sostanze fossero un modo per rispondere a un disagio provocato dalla società. Un puro elenco, senza soluzioni, senza considerare che nel tagli e cuci dello spot c’è il continuo accostamento della droga, sostanza illegale, con il fumo e l’alcol. Sostanze che, invece, sono legali.