Qualche mese fa scrivevano che il vero vincitore del riarmo di Bruxelles era Recep Tayyip Erdogan. Il “dittatore” turco (cit. Mario Draghi) aveva presumibilmente l'acquolina alla bocca nel sentire Bruxelles parlare dell'acquisto di armi e droni avanzati per difendersi dalla Russia. Il motivo era e rimane semplicissimo: la Turchia ha il secondo più grande esercito della Nato e una super industria della Difesa. Ancor più realisticamente, è l'unico Paese (oltre agli Usa) in grado di armare l'Europa con velivoli senza pilota di ultima generazione. Lasciando perdere il paradosso dell'Unione europea “cristiana” e “a trazione sovranista” costretta a fare affidamento su un leader islamico – per altro accusato di essere un anti democratico – a proposito di islam, da quando è scoppiata la guerra tra Israele e Hamas, è tornato a far capolino lo spauracchio dell' “terrorismo islamico”. E che caz*o c'entra Erdogan, direte voi? Beh, direttamente nulla. Però, mentre gruppi gruppuscoli di pazzi scatenati si fanno largo nel casino generato dalle azioni militari più o meno avallate dagli Stati Uniti e lo Stato ebraico in Medio Oriente, il Sultano gongola ancora una volta. Il Sultano sogna infatti da tempo di trasformare la Turchia in una potenza globale (una specie di impero ottomano ante litteram). E per riuscirci, oggi, il leader turco ha la possibilità di sfruttare le tensioni create dai nuovi allievi dell'Isis inscenando un doppio gioco da maestro.

Lasciamo perdere per un secondo Erdogan. Abbiamo parlato del ritorno del terrorismo islamico. Cosa significa? Il think tank Nordic Counter-Terrorism Network ha rilevato che diversi gruppi islamici radicali con sede in Europa stanno pianificando di trasferire le loro operazioni in Malesia a causa della diffusa presenza di ideologie favorevoli nel Paese asiatico (a maggioranza musulmana). Qui questi tizi vorrebbero gettare le fondamenta operative in loco, organizzarsi e poi colpire nella regione. Qualche settimana fa le autorità di Kuala Lumpur hanno arrestato una quarantina di persone accusandole di essere coinvolte in un movimento radicale militante e di aver promosso un'ideologia estremista legata al movimento radicale dello Stato Islamico. Allo stesso tempo crescono i timori della diffusione dell'estremismo islamico nelle vicine Indonesia, Thailandia, Filippine, India, Bangladesh, Sri Lanka, Pakistan, Afghanistan, e quindi in Medio Oriente, a partire dalla Siria orfana di Assad, e giù fino all'Africa nera. In Europa, intanto, qualche estremista islamico è ben felice di surfare l'attivismo pro Gaza per raccogliere adepti e rafforzare la presenza di certe idee nel Vecchio Continente. Non solo: in forma istituzionale e perfettamente legale, per esempio, nel Regno Unito potrebbe presto prendere forma un partito di estrema sinistra che riunisce pro Gaza, socialisti radicali e Verdi, guidato dal socialista Jeremy Corbyn e dalla verde Zarah Sultana. I media lo hanno definito “patito islamo-marxista” in attesa di un nome ufficiale e dell'ufficialità dell'operazione stessa. Ecco, tutto questo, più o meno involontariamente, è un terreno fertilissimo per Erdogan.

Gli estremisti islamici vogliono creare un califfato mentre Erdogan intende potenziare la Turchia. Delle due, la missione più facile è ovviamente la seconda e dunque il Sultano userà i radicali islamici come “utili idioti” per realizzare il suo desiderio. Un desiderio che passa dal dominio del Medio Oriente e dall'espansione in Africa. Per quanto riguarda il primo punto, Ankara è una potenza a pieno titolo, con un esercito permanente di 355.000 uomini e una popolazione quasi nove volte superiore a quella di Israele – l'alter ego turco nella regione - e un prodotto interno lordo è circa 2,6 volte superiore rispetto a quello di Tel Aviv. Erdogan ha stabilito punti d'appoggio militari in Iraq, Azerbaigian, Qatar e Somalia, dispiegando truppe in ciascuno di essi e sta competendo con Tel Aviv per il controllo del Medio Oriente. All'orizzonte si prospetta dunque una sfida a due tra il Sultano e Netanyahu. Più facile il dossier africano dove Ankara, giocando di sponda con Russia e Cina, sta continuando a rosicchiare spazio operativo all'Europa. Già, l'Europa: l'attore indeciso e frammentato che rischia di assistere al trionfo di Erdogan nel proprio cortile di casa...
