Il Signore accetta i pani, i “piani” e non i panini. Con buona pace di San Michele Arcangelo, che mette sempre d’accordo un po’ tutti, con le buone o con le cattive. È il commento che viene da fare leggendo la storia, ripresa anche da molte testate nazionali, che arriva da Belforte del Chienti, piccolo, ma bellissimo paesino in provincia di Macerata, dove il sisma che ha devastato tutto nel 2016 non ha fatto venire meno la voglia e il desiderio di essere comunità. Come? Come si fa in provincia, anche con le classiche feste di piazza in attesa che le piazze venissero ricostruite. Solo che la festa intitolata “Messico e Nuvole” s’è rivelata poco Messico e tante nuvole e nel bel mezzo di canti, mangiate e balli, è venuto giù un mezzo diluvio universale. È lì che qualcuno, avendo le chiavi della vicinissima chiesa di Sant’Eustacchio (che non è San Michele Arcangelo, ma in quell'occasione ha messo d'accordo comunque tutti con le buone), ha pensato di offrire riparo a tutti aprendo quello che, culturalmente e pure storicamente, è il luogo di comunità per eccellenza. Ma ha fatto infuriare Sua Eccellenza, il vescovo. Sì, perché alcuni dei festaioli in cerca d’asciutto non hanno smesso di consumare i loro panini tra i banchi del luogo sacro. È vero che poi hanno rimesso tutto a posto, pulito tutto e lasciato in ordine, ma non è bastato. Risultato: Chiesa chiusa, Messa spostata altrove fino a data da definire, con tanto di atto ufficiale dall’Arcidiocesi. Insomma, non la firma di don Camillo nel bel mezzo di una campagna elettorale (che nelle Marche è iniziata per il rinnovo del Consiglio Regionale) senza sconti (a pensar male si fa peccato, ma…), ma proprio di Sua Eccellenza, monsignor Francesco Massara.
Subito dopo la “bomba mediatica” che ha fatto letteralmente esplodere di click le testate locali, infatti, lo stesso Arcivescovo ci ha tenuto dalle pagine degli stessi giornali a dare la sua versione dei fatti. Ribadendo tutta l’indignazione per quei panini consumati in Chiesa e quel clima di festa non certamente consono a un luogo che, oltre alla sacralità, custodisce pure preziosissime opere d’arte. Niente celebrazioni nella Chiesa di Sant’Eustacchio e, appena possibile, una Messa Riparatrice (prevista dal diritto canonico per purificare un luogo sacro dopo una profanazione), con le briciole dei panini trattate alla stregua di un qualsiasi altro peccato mortale. Chiaro che la reazione dell’Arcidiocesi ha scatenato non pochi commenti e tra chi c’ha riso sopra e chi s’è interrogato seriamente su chi avesse ragione, c’è pure chi ha visto riaprirsi il cassetto della memoria. E, come nel grande classico della pagliuzza e della trave, ha associato il nome dell’arcivescovo Francesco Massara a ben altri fatti. Arrivando a chiedersi se rifugiarsi in Chiesa mangiando un panino, in un territorio dove di spazi di ritrovo il sisma ne ha lasciati ben pochi, sia meno grave, ad esempio, di quanto riportato negli atti dell’operazione Scott-Rinascita. Sì, quella condotta a suo tempo dal procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri e che ha svelato un intreccio criminale che ha fatto tremare, e ancora fa tremare, mezza Italia, perché, con "appalti" e "affari" come parole d'ordine, coinvolge politica, massoneria, finanza, Vaticano e con il clan Mancuso di Limbadi al centro di quello che ormai viene definito il franchising diffuso della 'ndrangheta in ogni regione d'Italia.

Tra i nomi emersi dopo la maxi operazione che portò a 335 ordinanze di custodia cautelare e alla pubblicazione di moltissimi degli atti dell’indagine, infatti, c’è anche quello di Francesco Massara, nonostante - questo è bene precisarlo a scanso di ogni equivoco - gli inquirenti non hanno ritenuto necessario approfondire la sua posizione limitandosi a confermare che non è mai risultato indagato. Sì, proprio lui, l’ex parroco di Limbadi e attuale arcivescovo di Camerino e San Severino Marche nonché amministratore apostolico della Diocesi di Matelica e Fabriano, che emerge come figura – se dirlo non è una eresia – un po’ ambigua: assolutamente non indagato, ma citato. Dove e come? In più intercettazioni e come mediatore di questioni che riguardavano il clan.
Nell’agosto 2017, a pochi mesi dal suo insediamento come parroco di Limbadi e quindi prima della nomina da parte di Papa Franceco (che nel 2020 ha anche formalmente scomunicato la 'ndrangheta) a guidare l'Arcidiocesi con più beni e proprietà danneggiate dal sisma che ha colpito il centro Italia nel 2016, Massara avrebbe ospitato a casa sua un summit della 'ndrangheta. Una “cena a casa del parroco” (ma non in Chiesa e nemmeno durante un temporale, sia inteso) con partecipanti: il boss Luigi Mancuso detto “il supremo”, l’avvocato Giancarlo Pittelli, massone e ex senatore di Forza Italia e successivamente in quota FdI, definito da Giorgia Meloni “un valore aggiunto per la Calabria, (poi condannato a 11 anni per concorso esterno alla cosca), e Saverio Razionale, altro esponente del clan (ora condannato a 30 anni) che agiva da Roma dopo essersi allontanato dalla Calabria un paio di decenni fa e definito da un pentito come “il Leonardo da Vinci della ‘ndrangheta”. L’incontro, ricostruito dalle carte della Procura, sarebbe avvenuto in un contesto di strategie decisamente laiche e molto poco lecite, con Pittelli che, in una delle tante intercettazioni finite nelle carte dell’Operazione Scott-Rinascita, fa esplicito riferimento a Massara come “il prete di Limbadi” in una conversazione con Giovanni Giamborino, fedelissimo del “supremo” Mancuso e ora condannato a 19 anni e 6 mesi (qui tutte le sentenze, nome per nome, compresi Carabinieri e Finanzieri infedeli).
Nelle oltre 1200 pagine della Procura, l’inconsapevole (mai indagato e professatosi sempre “sereno e con la coscienza retta”) ex parroco di Limbadi e oggi Arcivescovo (nel territorio più colpito dal sisma del 2016, dove gare d’appalto, gru e cantieri sono più degli edifici che stanno ancora in piedi, con pieni poteri anche per l’altra diocesi più colpita) infuriato per la sagra trasferita in chiesa (più di quanto non avesse fatto a suo tempo per un poco raffinato e pure poco cristiano quiz social sulle mutande di San Sebastiano che scatenò un’altra bomba mediatica di provincia), viene citato anche altre volte e in una, in particolare, Giamborino chiede a Pittelli chi avesse partecipato al summit del mese precedente, con l’avvocato che risponde: “il parroco di Limbadi”. Ma c’è anche altro: in un colloquio tra Pittelli e Razionale in cui quest’ultimo chiede allo stesso Pittelli di aiutare il figlio medico a scongiurare un trasferimento dal Gemelli di Roma, l’avvocato suggerisce: “Curati a don Franco Massara. Ora glielo diciamo a Luigi (Mancuso, ndr), così chiama don Franco… perché lui… Franco Massara, è quello che mi ha fatto avere la tessera del Vaticano”. Un riferimento, quello sulla “tessera del Vaticano”, che sembra alludere secondo gli inquirenti dell’epoca, come riferisce la Gazzetta del Sud, a un presunto ruolo di mediazione per un incontro con monsignor Giuseppe Russo, sottosegretario dell’Apsa - l’ente che gestisce il patrimonio della Santa Sede - per valutare l’acquisto di alcuni immobili del Vaticano per operazioni di speculazione immobiliare.
