“Se fosse successo al contrario, ci sarebbero già i cortei in strada, e invece essendo l'uomo la vittima farà molto meno rumore”. Le parole di Alberto Naska, creator e pilota, sono uno specchio impietoso del doppiopesismo attorno a vicende come questa: perché l’orrore che si è consumato a Gemona del Friuli, con un uomo ucciso e fatto a pezzi dalla madre e forse anche dalla compagna, sta facendo molto meno rumore di quanto avrebbe fatto a ruoli invertiti. Eppure, qui ci sono un corpo smembrato, una confessione agghiacciante, una bambina di pochi mesi rimasta orfana, un paese sotto shock. E un silenzio assordante. La svolta è arrivata questa mattina. “Sono stata io e so che ciò che ho fatto è mostruoso”, ha detto Lorena Venier davanti al magistrato che la stava interrogando. È la madre di Alessandro Venier, 35 anni, trovato morto in un bidone di plastica nella cantina della casa in cui viveva con la compagna Marylin Castro Monsalvo, la madre e la figlia neonata. Il corpo, secondo quanto ricostruito, sarebbe stato fatto a pezzi con un’ascia e cosparso di calce viva per coprire l’odore. La mattanza sarebbe avvenuta venerdì, giorno in cui Alessandro è stato visto per l’ultima volta.
Ad avvisare i carabinieri sono state proprio le due donne: Lorena Venier, 62 anni, infermiera e caposala molto stimata in zona, e Marylin Castro, trentunenne colombiana, disoccupata, madre della bambina nata a gennaio e, secondo quanto trapelato, in difficoltà per una possibile depressione post-partum. È stata proprio Marylin a dire al telefono che “Alessandro non c’è più”, indicando ai militari il bidone nascosto in cantina. Poi la confessione. Ma il movente, a oggi, resta un punto interrogativo. “C’è da ricostruire tutto”, ha spiegato il procuratore Claudia Danelon, “stabilire le singole responsabilità e individuare un movente, che allo stato attuale non abbiamo”. La Procura vuole vederci chiaro e punta a ricostruire i rapporti familiari all’interno di quella villetta apparentemente tranquilla, nel cuore di una strada dove, dicono i vicini, “ci si conosce tutti”.

È proprio da lì che arriva il racconto del militare Alberto Guillan, vicino di casa della famiglia Venier: “Lorena era una donna affabile, ci portava le uova. Non abbiamo mai sentito litigi. Per questo è tutto inspiegabile”. Ma Guillan aggiunge un dettaglio: “Ogni tanto passavano i carabinieri. Non so perché”. A confermare le parole del vicino è il comandante della stazione locale: Alessandro aveva qualche piccolo precedente, problemi legati forse a consumo di alcol e droga. Lavorava saltuariamente, amava il fitness e il trekking. Sognava di tornare in Colombia, dove era già stato in passato e dove forse aveva conosciuto Marylin. Eppure, in attesa di risposte e conferme ufficiali, una prima ricostruzione emerge. Secondo indiscrezioni emerse sul Corriere della Sera, tutto sarebbe iniziato da una lite banale, esplosa venerdì sera per un motivo apparentemente futile: Alessandro non voleva apparecchiare la tavola. Un gesto che sarebbe stato la miccia finale di un’esasperazione coltivata da mesi, forse da anni, in una casa dove le tensioni si sommavano a frustrazione, incomprensioni e stanchezza.