Allarme! Giorgia Meloni ha perso il sonno per le Marche e, per evitare che il suo fedelissimo Francesco Acquaroli prenda una bastonata alle prossime Regionali sarebbe pronta a fare carte false per anticipare il voto, così da contenere l’emorragia di consensi. È l’estrema sintesi di quanto riportato oggi da gran parte della stampa (qui un esempio) che sembra avere particolare interesse a trasformare la tornata elettorale per il rinnovo del Consiglio Regionale delle Marche in una metro per misurare il Governo. Ecco perché un sondaggio, uno solo, è diventato caso nazionale dopo aver messo nero su bianco che il candidato della sinistra, Matteo Ricci (ex sindaco di Pesaro), sarebbe di un punto percentuale in vantaggio sul candidato del centrodestra, Francesco Acquaroli (Governatore uscente). Chi ha diffuso il sondaggio? Gli stessi che l’hanno commissionato e svolto (come riferisce il Corriere Adriatico), ma tanto è bastato a fargli fare il giro della stampa italiana, salvo poi scomparire persino dal sito da Repubblica. Sì, è scomparso dal sito di Repubblica e se non ci credete cliccate qui! Dopo che ci si è resi conto che, non comparendo sul sito sondaggipoliticielettorali.it, è da considerarsi del tutto farlocco (almeno fino a pubblicazione)?

La sinistra: “Siamo in vantaggio, Acquaroli è spacciato”. Acquaroli: “Quel sondaggio è farlocco e ce ne sono almeno altri tre attendibili che, invece, raccontano di un vantaggio schiacciante della coalizione di centrodestra”. Lo scontro, ormai, si gioca così in una campagna elettorale che deve ancora cominciare ufficialmente, ma ha già mancato di rispetto in ogni modo ai marchigiani. Anzi, alla natura dei marchigiani: concreti, paladini del “poche pugnette” e del “fatica e zittu”. Sì, quel sondaggio lascia il tempo che trova, così come è vero anche che quelli ufficiali raccontano un’altra realtà. Però quel sondaggio, diffuso da IZI e non pubblicato sul canale ufficiale dei sondaggi elettorali, è pure lo specchio di una sinistra che nelle Marche gioca alla confusione pur di non spostare il dibattito sulle questioni reali e concrete che invece starebbero a cuore, e tanto, ai marchigiani. Come se la sinistra avesse – mi assumo tutte le responsabilità di quello che scrivo – paura di vincere in una regione in cui tanto, destra o sinistra incoronate dalle urne, a governare non sarà mai davvero la politica. E, forse, nemmeno chi risponde alle leggi italiane (la storia è sempre maestra). Il paradosso? Il sondaggio commissionato dalla sinistra, sbandierato dalla sinistra e amplificato dalla stampa di sinistra, appena pochi mesi fa dava Matteo Ricci in vantaggio di addirittura 4 punti. Quindi la sinistra ha diffuso un sondaggio per affermare di essere in vantaggio sulla destra che governa le Marche, ma molto meno rispetto a qualche settimana prima?

Sembra assurdo, sembra decisamente poco marchigiano, ma è così che stanno le cose. Quello che invece resta inspiegabile anche con il realismo quasi cinico dei marchigiani è per quale ca*zo di motivo, con il palcoscenico che le Marche sono in quanto unica regione al plurale non solo per uno scherzo della grammatica, si gioca alle pagliacciate – a destra come a sinistra – piuttosto che a mettere la luce dove ci vorrebbe davvero. Magari proponendo soluzioni o, al limite, prendendo posizione. Mezza regione, tutto l’entroterra Maceratese e dell’Ascolano e del Fermano, ad esempio, è ancora alle prese con la ricostruzione post sisma del 2016. Qualcosa dopo anni di nulla assoluto ora si muove (grazie al lavoro avviato da un commissario voluto dall’allora governo di sinistra e poi proseguito dal commissario voluto dall’attuale governo di destra), ma con tutto quello che c’è da fare il risultato è comunque triste: chi ha ricostruito davvero è soggetto attuatore (e già lucra dove la gente normale è ancora nelle soluzioni di fortuna), si muove seguendo dinamiche incontrollabili fino in fondo, e i cittadini sono ancora tutti senza la loro casa, senza le sedi originarie delle loro attività. La ‘Ndrangheta, che ormai ha reso – ad esempio – Civitanova Marche una città di provincia non marchigiana, ma calabrese, ha allungato i tentacoli proprio sulla ricostruzione post sisma che riguarda l’entroterra e basta farsi un giro – anche sciatto e superficiale – su Google per scoprire che qualche illustre nome finito in passato in mastodontiche inchieste contro la criminalità organizzata calabrese compare pure tra i beneficiari di grosse fette dei fondi pubblici destinati alla ricostruzione. Però, evidentemente, meglio di parlare di sondaggi: veri, falsi, presunti. Come quella storia lì, ben più millenaria, delle parole, delle opere o delle omissioni (facimo a capicce?)

Altri temi ben più concreti e edificanti – per quanto preoccupanti – di un sondaggio? La microcriminilità (su MOW ce ne siamo occupati appena ieri) che – fa un po’ ridere anche dirlo – ormai è tipica anche delle piccolissime e relativamente ben controllabili realtà marchigiane. Senza parlare, poi, della necessità di liberare opportunità per il futuro di generazioni che vorrebbero restare marchigiane, ma che sono costrette a guardare oltre queste montagne e questo mare per costruire qualcosa di concreto. Eppure, chi dovrebbe ricostruire anche per ruolo sembra preoccuparsi di più di arrivare a braccetto (in ritardissimo) a qualche inaugurazione con chi, invece, è arrivato a conolizzare. Si potrebbe andare avanti per ore. Ma per ore davvero. Solo che non interessa a nessuno. Meglio giocare agli urlacci in tv, agli scontri sui giornali per i sondaggi un po’ così, a chi compare di più, a chi compare di meno e sfidarsi a colpi di foto social dai palazzetti o dalle piazze o, al limite, andare a toccare pure lo scontro di personalità tra uno che è istrionico e non starebbe zitto un secondo e l’altro che, invece, con la dialettica c’ha qualche problemuccio evidente. Il motivo? Dei marchigiani, a cui di roba così non fregherà mai niente di niente, non frega niente nemmeno quando la partita è su chi governerà le Marche. E l’errore più grosso che si può fare è che i marchigiani, di destra come di sinistra, cedano passivamente a questa spinta vergognosa che vuole trasformare qualcosa che dovrebbe essere strettamente marchigiano (le elezioni per il rinnovo del consiglio regionale) in un metro per misurare la pancia romana dei partiti.
