Il motore s’è spento. Stellantis in Italia non arranca: sta crollando. Nei primi sei mesi del 2025 il colosso dell’auto ha messo in fila un altro mezzo disastro: -27% di produzione rispetto al 2024, che già non era stato un anno da bottiglie stappate. Appena 221.885 veicoli usciti dagli stabilimenti italiani, e se si guardano solo le auto la musica è ancora più stonata: -33,6%. Un’autostrada in discesa, senza freni. E la crisi – diciamolo – non è piovuta dal cielo. Altro che Green Deal o “l’Europa cattiva”, come ha provato a dire il ministro Urso: Stellantis il disastro l’ha firmato con le sue mani. Anni di scelte sbagliate, investimenti rinviati, modelli riciclati e stabilimenti sempre più vuoti. Basta farsi un giro tra i capannoni per capire l’aria che tira. A Modena, regno di Maserati, la produzione è crollata del 71,9%: appena 45 auto in sei mesi. Gli operai? In gran parte in solidarietà, fabbrica semi-spenta. A Melfi si lavora poco più della metà del tempo. A Mirafiori si fanno promesse (la Fiat 500 ibrida, tanto per cambiare), ma intanto si licenzia e si produce il 21,5% in meno. E a Pomigliano, dove regna la Panda, il calo è del 24%. La tanto decantata piattaforma Stla Small, base dei modelli compatti del futuro? Arriverà, forse, nel 2028. Una vita.

E la gigafactory di Termoli? Una soap opera. Doveva aprire nel 2026, poi slittata, ora tutto fermo. Il sindacato è su tutte le furie e ha chiesto un incontro urgente con il ministro. Peccato che gli incontri, da soli, non rimettano in moto i robot. La verità? Stellantis è rimasta ferma mentre il mondo correva. Mentre la Cina innovava e gli Usa sfornavano Tesla come patatine, l’ex Fiat si aggrappava ai soliti modelli truccati con un po’ di ibrido e tanto marketing. Risultato: quote di mercato perse, un indotto che soffoca e previsioni da brivido. La FIM-CISL stima che nel 2025 si arriverà a 400.000 veicoli totali, contro i 475.000 dell’anno scorso. E se il trend continua, tra qualche anno rischiamo di ricordare le auto italiane come oggi ricordiamo le cabine telefoniche: simboli di un passato glorioso, abbandonati per sempre. Il motore dell’Italia industriale sta tossendo, non rimane che sperare nel nuovo Ad Antonio Filosa.
