Chiusi gli Stati Generali della Space Economy, tra un’ovazione e l’altra, ci ritroviamo con una domanda semplice ma cruciale: cosa ci resta? La risposta, purtroppo, è più complicata di quanto sembri. Ci resta la convinzione che gli investimenti nel settore potrebbero portare qualcosa di interessante, ma soprattutto restano un sacco di belle parole, piani vaghi e, come sempre, tanta burocrazia. Di certo, qualcosa di più produttivo dei continui investimenti concessi a Stellantis. Negli ultimi anni, non si fa altro che parlare di "Space Economy" come se fosse la nuova frontiera per l’industria italiana. Elon Musk con SpaceX, Jeff Bezos con Blue Origin e perfino l’agenzia spaziale europea (ESA) stanno investendo milioni, anzi, miliardi, nel settore spaziale, convinti che lì, tra le stelle e la polvere cosmica, ci sia il nostro futuro. Già diverse startup italiane hanno fiutato il potenziale e sono diventati loro fidati fornitori. E poi c'è Stellantis, gigante dell'automotive che arranca e sembrerebbe piegarsi alla legge di mercato che l'elettrico non sia più di tanto il futuro. Posti di lavoro a rischio? Forse sarebbe più produttivo spostare la produzione auto in mezzi per l'esplorazione spaziale. Ma a chi la vogliamo raccontare? Siamo davvero convinti che Stellantis possa fare il salto dalle automobili ai razzi spaziali senza richiedere milioni di investimenti senza ritorno? L’industria automobilistica sta cambiando drasticamente, bisogna guardare oltre le strade. Tesla lo ha già fatto. In Italia c'è chi ha già puntato al cielo ma non ottiene ancora i giusti finanziamenti che terminano molto spesso a vecchi progetti ormai non più produttivi. Eppure la tecnologia per tutto questo esiste, certo, ma non per le tasche giuste. O meglio, non ancora.
Negli Stati Generali della Space Economy si è parlato molto di investimenti, innovazione e di come l’Italia possa essere un player importante nel panorama spaziale globale. Ma alla fine dei conti, cosa rimane? Restano promesse, certo. Tante belle parole e discorsi motivazionali. Però la realtà è che è ancora un settore di nicchia, lontano anni luce dal diventare la gallina dalle uova d’oro che ci viene venduta. E chi vorrebbe entrare, pur con tutti i suoi buoni propositi, potrebbe ritrovarsi a fare i conti con la dura realtà. Gli investimenti spaziali richiedono competenze e tecnologie che alla fine l'Italia possiede già per quanto futuristiche possano essere. L'Italia è pronta a mettere in campo 7,2 miliardi per rendere il settore uno sbocco importante del made in Italy. I discorsi ufficiali non sono mancati, e con loro una pioggia di terminologia cosmica che ha reso l’evento un'agenzia interinale di nuove opportunità economiche. Ad ascoltare la maggior parte dei discorsi, sembra quasi che tra pochi anni avremo una nuova "Silicon Valley" tra le stelle. Realisticamente, però, il focus è molto più terrestre. Satelliti per internet, nuove infrastrutture di comunicazione e monitoraggio ambientale sono gli obiettivi primari, ma per la fantomatica "economia spaziale" completa dovremo aspettare anni luce. E se vi aspettate che tra qualche mese il vostro vicino di casa possa partire per lo spazio con un volo low-cost o che potrete investire in miniere su un asteroide a pochi anni luce da qui, potreste restare delusi.
Nonostante tutto, dobbiamo ammetterlo, la Space Economy ha un fascino innegabile. La Lombardia è pronta, l'Abruzzo è pronto, tutti sono pronti. Solo l'idea che una casa automobilistica italiana possa costruire il suo futuro, non solo sulla Terra, ma anche nello spazio, ha un che di epico. C’è una parte di noi che vuole credere che tutti questi sogni siano possibili. Magari un giorno ci ritroveremo a guidare una macchina italiana su Marte, pionieri di un’industria come quella che fu dal dopo guerra fino a qualche decennio fa. Magari una nuova Fiat 500 Lunar Edition. Per ora, tutto questo sembra più una speranza che una realtà concreta. E come ogni speranza, rischia di rimanere sospesa nel vuoto se non supportata da fatti reali. Possiamo quindi solo sperare che questi sogni non si perdano tra le stelle. Gli Stati Generali della Space Economy hanno lasciato sicuramente molti spunti interessanti. L’Italia ha dimostrato di voler fare sul serio in questo settore, anche se la strada è ancora lunga, costellata di ostacoli e di future incredibili burocrazie. L'entusiasmo per lo spazio c'è, ma come sempre sarà la realtà a fare da giudice finale. Per ora, il decollo di una nuova ambizione, resta ancora molto lontana.