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Suicidio assistito, Stefano Gheller: “Meloni, passa una giornata con me”. E a Zaia: “Sono incazzato”

  • di Alessio Mannino Alessio Mannino

18 ottobre 2022

Suicidio assistito, Stefano Gheller: “Meloni, passa una giornata con me”. E a Zaia: “Sono incazzato”
Siamo andati a trovare Stefano Gheller, terzo caso in Italia ad aver ottenuto il via libera al suicidio medicalmente assistito, che spiega la sua lotta: “Sono di destra da sempre, voglio convincere la Meloni a fare finalmente una legge sul fine vita. Purtroppo, a destra hanno paura del Vaticano”. Mentre al presidente della sua Regione, il Veneto, dice chiaro e tondo: “I fondi per i disabili sono troppo pochi, solo con gli avvocati sono riuscito ad avere di più”. E confida di avere ancora qualche sogno nel cassetto

di Alessio Mannino Alessio Mannino

Oggi, martedì 18 ottobre 2022, è arrivata anche la confermata ufficiale via Pec: Stefano Gheller, 49 anni, malato di distrofia muscolare, di Cassola, Comune in provincia di Vicenza non distante da Bassano del Grappa, ha visto accolta formalmente la richiesta di fine giugno scorso per il suicidio medicalmente assistito. Siamo andati a casa sua, una casa popolare semplice ma curata, con le pareti color viola, assistito da Joy, giovane badante di nazionalità nigeriana. È contento. E soprattutto, almeno così è apparso a chi scrive, sereno. Ci si è dati subito del tu, e manteniamo il tu anche nella trascrizione che segue.

Stefano, hai già spiegato più volte il motivo della tua scelta: sei giunto al limite della sopportazione. Una frase però colpisce particolarmente: “amo la vita”, hai detto. Come si arriva al punto di amare la vita e voler privarsene?

La vita è bella. Ma finchè è vita, e non solo sofferenza, sacrificio, dolore, rinunce. Finchè insomma è vita e non soltanto sopravvivenza. Bisogna amarsi tanto per mettere fine alla propria vita. Io mi amo a tal punto da non voler più vedermi in questo stato.

Parli della dignità, più importante del vivere puramente fisico. C’è chi critica la legittimità, chiarita dalla Corte Costituzionale nel 2019, del suicidio assistito, evocando formule come “vite indegne di essere vissute” di nazista memoria. Cosa ribatteresti a chi la pensa così?

Io non voglio convincere nessuno. C’è anche chi, nelle mie condizioni, sceglie di vivere nonostante le sofferenze, e io lo rispetto. Ma pretendo che nessuno obblighi me a continuare se non voglio farlo. Gli direi semplicemente, quindi, che una scelta come la mia riguarda e dovrebbe riguardare esclusivamente la singola persona che la compie.

Faccio l’avvocato del diavolo: chi intende suicidarsi, se è fermamente intenzionato a farlo, lo fa comunque. O no?

Certo, se uno vuole i modi li trova. Ma la differenza sta nell’andarsene senza soffrire, addormentandosi. Dignitosamente.

Gheller
Stefano Gheller

Dignità vorrebbe anche che, a prescindere dalla decisione di darsi la morte, a un disabile sia garantita un’assistenza economicamente sostenibile. Tu hai sollevato anche questo problema.

L’aspetto economico pesa tantissimo. Per uno come me serve assistenza h24. Non posso dormire, ad esempio, con la paura che il macchinario, per me vitale, a un certo momento in qualcosa non funzioni. Ma, mettiamo, anche per fare una vacanza: quest’estate sono stato a Bibione e Ravenna dopo che non ne facevo una da trent’anni grazie all’ex vescovo di Vicenza, Beniamino Pizziol, che me l’ha pagata. È facile dire “devi vivere, devi andare avanti”. Per farlo ci vogliono gli aiuti economici. per tirare avanti sono stato molto tempo da solo, e ho usato i risparmi che mi avevano lasciato i miei genitori.

Di che cifre stiamo parlando?

Guarda, per la badante, solo per un weekend mi è stato chiesto 260 euro. Un weekend. E sempre per un solo weekend, 600 euro per un’infermiera.

Le spese di assistenza medica per la procedura di suicidio assistito la paga l’Usl 7, no?

Sì, però, per quanto riguarda la disabilità, ho dovuto ricorrere agli avvocati. L’Usl riconosce un massimo di 1000 euro. A Bologna ho conosciuto un ragazzo di Vibo Valentia come me, e ho scoperto che ne riceveva 4800. Mi sono incazzato. Ma come, nel Veneto ricco non ci sono soldi? Allora ho fatto istanza, e sono riuscito ad arrivare a 3000. Ma non mi fermo. Con l’aiuto dell’Associazione Luca Coscioni andrò avanti.

Una battaglia politica, non solo per te, dunque.

Esatto, non solo per me, ma per tutti coloro che si trovano nella mia situazione. Lo dirò a Luca Zaia, domani quando verrà qui.

Cosa gli dirai di preciso?

Che non è possibile che siamo fermi alle stesse cifre di vent’anni fa.

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Luca Zaia, presidente leghista della Regione Veneto

Tu sei iscritto alla Coscioni, è venuto qui da te anche Marco Cappato. Ma hai dichiarato di aver votato per Giorgia Meloni, che sui temi bioetici la pensa diametralmente all’opposto. Perché?

Perché ha buone idee su altri temi, nella politica economica e nella politica estera.

Ti definisci di destra?

Sì, sono sempre stato di destra. C’è chi dice che chi è di destra è omofobo, ma io sono contro l’omofobia. Ero in prima fila al Gay Pride di Vicenza. C’è chi accusa la destra di razzismo, ma guarda chi ho qua (indica Joy, la badante nigeriana, ndr). Il mio obbiettivo è far capire a tutti gli esponenti di centrodestra che riuscirò a contattare che una legge sul fine vita va fatta. E sai perché? Perché non farla è un errore politico. Il popolo è in maggioranza favorevole, e un politico ha il dovere di ascoltare il popolo. Lo dicono i sondaggi. E me lo ha confermato il fatto che anche il 10% di coloro che mi hanno scritto in questi mesi e che sono contrari alla mia scelta, comunque la rispettano. L’altro 90% mi appoggia totalmente.

Dici giustamente che la politica dovrebbe ascoltare. Ma ascoltare senza poi decidere serve a poco. Tu vuoi incontrare la Meloni, ma ammesso che l’incontro si farà, come pensi di avvicinarla alle tue posizioni?

Basterebbe che passasse una giornata con me e vedesse con i suoi occhi le difficoltà affronto ogni giorno, da quando mi alzo al mattino. Non solo le difficoltà di tipo fisico, ma le sofferenze dell’anima. Vedo gli altri che camminano, corrono, si divertono, mangiano senza rischiare che gli vada di traverso il cibo. La vita è bella, sì. Ma per gli altri. Non per me. Le persone in salute non vedono come vivo. Non potranno mai capire fino in fondo. Per questo voglio almeno il rispetto.

Ma qual è il motivo, secondo te, per cui allora a destra hanno applaudito quando è stato bocciato, fra gli altri, il referendum sul fine vita?

Perché hanno paura di essere giudicati dal Vaticano, dalla Chiesa. Ma l’Italia è un Paese laico.

La Chiesa sembra avere un atteggiamento bifronte: di comprensione e aiuto nel privato, com’è stato con te da parte dell’ex vescovo, e di condanna inamovibile di tutto ciò che ha a che fare con l’eutanasia dall’altro. Tu come te lo spieghi?

Non lo so. Pizziol non mi ha mai giudicato. Io chiedo solo rispetto per la mia scelta.

Credi in Dio?

Mi definisco ex cattolico, e negli anni mi sono gradualmente allontanato dalla fede. Sono agnostico.

Cappato
Marco Cappato

Cosa ti manca di più?

La mia passione sono i concerti dal vivo. Nel 2022 i disabili non hanno gli stessi diritti dei normodotati. Su 10 richieste che faccio per assistere ai concerti, solo 3 accettano. “I posti sono finiti”, è la risposta. Allora cerco di prenotare il biglietto appena esce la notizia, ma noi disabili siamo così tanti che molti rimangono esclusi. Anche con un anticipo di un anno, a volte. Idem se compro i biglietti sia per me che per un’accompagnatrice: dicono di no per motivi di sicurezza. Ma c’è un controsenso: se compro un posto comune, quello te lo lasciano prendere. Solo che non posso sedermi in modo normale.

Sei riuscito comunque a ritagliarti momenti di svago. Tre anni fa sei andato alla kermesse Bergamo Sex.

Questo è un altro fronte di lotta, quella per l’assistenza sessuale. In Italia è ancora un tabù. C’era una proposta di legge, ma si è fermata. Si tratta di un tabù culturale: ci immaginano asessuati. Saremmo degli angeli, in pratica. Ma non siamo angeli: siamo uomini e donne che hanno voglia come tutti.

Hai dei sogni che vorresti realizzare?

Sì. Fin da piccolo vorrei vedere Madonna e andare a New York. Per New York avevo fatto una raccolta fondi e sono riuscito a raccogliere 16 mila euro.

Risultato raggiunto alla grande.

Sì, ma infatti poi ho deciso di comprare un’auto. Un’auto attrezzata per me, ovviamente. Però costa 32 mila euro, usata.

Sei a metà. Magari qualcuno, leggendo questa intervista, ti darà una mano, chissà.

Speriamo. Ho degli amici che mi stanno aiutando. Ma non intendo acquistarla solo per me: voglio lasciarla a mia sorella.

Anche tua sorella soffre della tua stessa malattia. Ha accettato la tua scelta?

Sì, ha capito. È lei la mia fonte di vita. Se sono andato avanti fino ad oggi è per l’amore che ci lega. Lei ha una figlia di 22 anni. Se avessi avuto anch’io dei figli, sarei andato avanti più facilmente. Ma sono solo.

Cosa dovremmo dire di Stefano Gheller, in futuro?

Che ho lottato per diritti fondamentali che sono di tutti.

Un guerriero.

Sì, un guerriero. Non darò loro pace.

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