Amazon non è più l'unico protagonista dello shopping online. La creazione del miliardario Jeff Bezos è insediato, in patria ma soprattutto in Europa – due dei suoi mercati più floridi – da molteplici rivali provenienti dalla Cina. I più agguerriti? Ormai abbiamo imparato a conoscerli, grazie alle loro pubblicità intelligenti e a un marketing usato a dovere: Aliexpress, Temu, Shein. I prodotti presenti nei loro cataloghi costano poco, pochissimo se paragonati a quelli offerti dal colosso Usa, ma offrono una qualità eccellente. Il rapporto qualità prezzo, in sostanza, ha spinto un crescente numero di persone a fare acquisti qui più che su Amazon. Basta dare un'occhiata ai dati per capire l'entità del fenomeno. Nel 2023, l'Unione europea ha importato dalla Cina 2,3 miliardi di articoli che avevano un costo inferiore ai 150 euro. Non solo: l'import derivante dell’e-commerce, e cioè dal commercio virtuale, è più che raddoppiato rispetto al 2022, raggiungendo l'incredibile quota di 350mila articoli. In termini economici, significa che Temu e soci sono riusciti a trovare la formula giusta per convincere gli acquirenti europei a comprare sui propri siti. In campo geopolitico, e nell'ottica dei governi, il discorso si fa più serio: la tendenza in atto certificherebbe – ritengono le leadership che guidano Bruxelles e gli Usa – una crescente dipendenza occidentale dalla Cina, se non una sua sottomissione soft (che potrebbe essere estesa anche in comparti strategici come quello dell'automotive).
A qualcuno, insomma, sono saltati i nervi. Negli Stati Uniti, l’amministrazione Biden (o quel che ne rimane) ha annunciato nuove misure per limitare quello che è stato definito un “uso eccessivo” se non “abuso” di una legge commerciale nazionale che consente alle spedizioni di basso valore provenienti dall'estero di entrare nel Paese senza incorrere nel pagamento di dazi all’importazione o in altre spese. Conosciuta come “esenzione de minimis”, tale disposizione consente ai pacchi di valore inferiore agli 800 dollari di arrivare negli Usa con relativamente pochi controlli. Negli ultimi dieci anni, il numero di spedizioni de minimis è esploso, passando da circa 140 milioni a più di un miliardo. La maggior parte proviene dalle piattaforme di e-commerce cinesi: Temu, Shein e Aliexpress, appunto. Tutto questo ha messo in difficoltà i rivenditori statunitensi come H&M e Zara, -oltre che Amazon . che faticano – in primis in termini di costi e offerte - a competere con i player del Dragone. Anche l'Ue ha iniziato a ragionare su come e se costruire una barriera commerciale per limitare l'export low cost made in China attraverso la rete. Qualche settimana fa, il Financial Times scriveva che la Commissione europea avrebbe potuto proporre di eliminare la soglia dei 150 euro al di sotto della quale, al momento, gli articoli possono essere acquistati esenti dal controllo doganale.
In attesa di capire cosa accadrà al settore, preda della schizofrenia geopolitica tra Usa e Cina, gli attori protagonisti della vicenda si muovono come possono per ottimizzare i guadagni. Temu, per esempio, oltre a proporre maxi sconti con coupon e offerte di vario tipo, ha aperto le porte della sua piattaforma ai venditori europei. Chiaro l'obiettivo: aumentare la presenza in Europa, dove può già contare 75 milioni di utenti attivi mensili. Aliexpress, nel frattempo, è entrata negli occhi degli appassionati di calcio dopo esser stato uno degli sponsor ufficiali degli europei di calcio 2024. Shein e gli altri si allineano con promozioni lampo e trovate simili. E Amazon? Oltre a puntare forte sulle marche più note, la multinazionale statunitense starebbe pensando di costruire una sezione sconti con oggetti low cost (molti a meno di 20 dollari) che spedirebbe direttamente dalla Cina. Lavori in corso, dunque, in casa Amazon, per affinare la migliore strategia possibile da impiegare par competere con Temu & co. Chissà se sarà sufficiente...