In Italia si torna a parlare di terremoti, al plurale, dopo i lievi eventi sismici che hanno interessato Toscana e Sicilia. Poca roba, per intenderci, ma tanto è bastato a mandare nel panico le popolazioni locali e a riportare il tema del “terremoto” in cima alle notizie più seguite nel Paese. La terra ha tremato prima in Toscana, nel senese, tra il 2 e il 4 febbraio, con almeno sette scosse – con magnitudo tra 3.2 e 2 – avvertite dalla cittadinanza; al netto della paura e delle verifiche strutturali effettuate dalle autorità, non sono stati segnalati danni. Discorso analogo in provincia di Messina, al largo delle Isole Eolie, dove si è verificato un terremoto di magnitudo 4,8, preceduto da uno di magnitudo 3.1 localizzato a Linosa. Anche qui, nessun danno. Al di fuori dell'Italia, in Grecia, l'isola di Santorini sta affrontando una serie di terremoti significativi. Dal primo giorno di febbraio ne sono già stati registrati oltre 200 sottomarini, alcuni con magnitudo superiore a 4.5, spingendo le autorità a decretare lo stato di emergenza e a prendere misure precauzionali, come l'evacuazione di migliaia di residenti e turisti. Nel recente passato, i terremoti hanno generato veri e propri disastri, sia in Italia che nel resto d'Europa. Citiamo, ad esempio, quello dell'Aquila nel 2009, con 309 morti e oltre 1.600 feriti; quello dell'Albania nel 2019, con più di 50 morti e centinaia di feriti; e quello di Amatrice, Norcia e Accumoli (2016), con circa 300 morti e interi paesi distrutti. Nei casi citati, la magnitudo dei terremoti non ha superato il 6.3. Ok, ma perché, qualcuno potrebbe chiedersi, in Giappone – soprannominato il Paese dei terremoti, con migliaia di eventi all'anno – non accadono drammi simili, nonostante scosse ben più potenti?
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Prendiamo l'interessante caso del Giappone e torniamo al 2024. Il terremoto di magnitudo 7.6 avvenuto al largo della costa della penisola di Noto ha prodotto la scossa più forte che l'intera area avesse mai sperimentato in decenni, innescando un ordine di evacuazione per il rischio tsunami per quasi 100.000 persone, con centinaia di case distrutte e – sorpresa! - appena un'ottantina di vittime. Data l'intensità e la posizione offshore di questo terremoto (cioè al largo delle coste), i sismologi concordano nel ritenere che un evento del genere avrebbe potuto produrre una devastazione ben più terribile se il Giappone non fosse stato così preparato alla “terra che trema”. Il segreto? Eccolo, se così possiamo definirlo. Tokyo ha introdotto ferree normative antisismiche per i codici edilizi nel 1923. Disposizioni che sarebbero state progressivamente aggiornate e incentrate sul rafforzamento delle nuove strutture realizzate nelle aree urbane, con supervisione alla costruzione di edifici in legno e cemento. La legge del 1950, per esempio, ha stabilito uno standard in base al quale gli edifici devono resistere a terremoti fino a magnitudo 7 senza riscontrare gravi problemi. L'emendamento del 1981 specifica che, quando si verificano terremoti fino a magnitudo 7, un edificio dovrebbe subire solo danni minori ma continuare a funzionare normalmente. Per terremoti più forti, invece, la legge giapponese afferma che l'edificio semplicemente non dovrebbe crollare.
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Come fare per evitare che gli edifici crollino durante i terremoti? Come ha spiegato il National Geographic in un approfondimento, in Giappone esistono diverse tecniche ingegneristiche che permettono di rispettare gli standard previsti dalla legge. In generale, gli edifici (sia grattacieli che unità monofamiliari) sono rinforzati con travi, pilastri e muri più spessi per resistere meglio alle scosse. Esistono inoltre varie tecniche per separare gli edifici dal movimento del terreno che si muove. Un metodo comune consiste nell'installare cuscinetti realizzati con materiali assorbenti – come la gomma – alla base delle fondamenta, smorzando così l'impatto del movimento sulla struttura. Ma non c'è solo l'edilizia: c'è anche tutto il resto, a partire dalle continue prove di evacuazione. I centri di evacuazione, che spesso sono scuole o altri spazi comunitari, sono dotati di forniture di emergenza, mentre ai residenti viene raccomandato di avere scorte di emergenza anche nelle loro case. Il Paese ha inoltre un robusto sistema di allerta. Il Giappone dispone di un vero e proprio Sistema emergenziale (con la s maiuscola) che funziona. Ma è replicabile? L'Italia potrebbe, in altre parole, adottare un simile approccio? In teoria sì, ma servirebbero ingenti risorse (Tokyo spende circa 2-3 miliardi di dollari all'anno soltanto in misure di prevenzione e preparazione sismica) e importanti lavori di ristrutturazione nelle principali città italiane, che sono però ricche di monumenti storici e palazzi antichi. Il governo italiano, anche per placare l'ansia dei cittadini, potrebbe almeno potenziare l'apparato di allerta e di emergenza. In attesa di futuri ed eventuali interventi strutturali. E nella speranza che il Paese venga risparmiato dai mega-terremoti tipici del Giappone...
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