La Germania inizia il 2024 nel peggiore dei modi, all’insegna delle tensioni sociali e di un’economia in grave crisi. Stanno facendo il giro del mondo le immagini delle proteste degli agricoltori dopo che l’associazione di categoria (l’Associazione degli agricoltori tedeschi, la Dbv) ha indetto uno sciopero generale per protestare contro le misure del governo federale. Gli agricoltori hanno invaso le strade tedesche in segno di protesta contro il taglio delle agevolazioni fiscali sul carburante diesel, annunciato nell’ambito della revisione del bilancio federale. Il governo ha deciso di effettuare i tagli al fine di risparmiare circa 60 miliardi di euro. Lo scorso novembre, infatti, la Corte costituzionale federale aveva stabilito che il governo non poteva utilizzare i fondi destinati alla lotta contro l’emergenza pandemica del Covid-19 per la protezione del clima. L’emendamento al bilancio suppletivo del 2021 è stato pertanto ritenuto incostituzionale, secondo quanto stabilito dalla alta corte tedesca. Berlino è vincolata alle norme fiscali costituzionalmente sancite dal Paese, che in tempi normali limitano il deficit di bilancio allo 0,35% del prodotto interno lordo. Questo ha impattato duramente sul bilancio di un Paese che si appresta ad affrontare un difficile 2024, dopo che importanti istituti economici tedeschi hanno tagliato le loro previsioni di crescita economica per l’anno appena iniziato, affermando che la crisi di bilancio sta pesando sulla ripresa. Ifo ora prevede che la Germania crescerà dello 0,9% l’anno prossimo invece dell’1,4%, mentre Rwi ha tagliato le sue previsioni allo 0,8% dall’1,1% e Diw ha abbassato le sue previsioni allo 0,6% dall’1,2%. Il cancelliere Olaf Scholz, sempre più lontano dal Paese reale, ha dichiarato che il governo intende continuare a spingere verso un futuro “neutrale” dal punto di vista climatico, a rafforzare la coesione sociale e a sostenere l’Ucraina durante l’invasione della Russia, ma che ora dovrà farlo con “molti meno soldi”. Il malcontento è in costante crescita. Gli agricoltori hanno ricevuto la solidarietà e il sostegno da parte delle aziende di trasporto su strada, contrarie a un aumento dei pedaggi per i camion. Nel distretto di Cloppenburg, nella Bassa Sassonia nord-occidentale, un’autostrada federale è stata bloccata da circa 40 veicoli. “Bloccare le corsie delle autostrade federali rappresenta un reato”, ha scritto la polizia della vicina città di Oldenburg su X. “I nostri colleghi seguiranno coerentemente questa situazione!”. A Berlino, il corrispondente di Dw Matthew Moore ha spiegato che gli agricoltori stanno facendo sentire la loro presenza nella capitale tedesca, dove i trattori sono parcheggiati in segno di protesta vicino alla Porta di Brandeburgo. Solo a Monaco di Baviera, la polizia ha dichiarato di aver accompagnato verso la città circa 5.500 trattori provenienti dalla regione circostante. Alla luce delle proteste, Il ministro dell’Economia tedesco Robert Habeck ha chiesto un dibattito sul settore agricolo, spiegando che il vero problema per gli agricoltori è il panorama economico in cui si trovano a operare, con forti pressioni da parte di discount, macelli e caseifici, oltre a un mercato mondiale fluttuante. Tuttavia, il governo “semaforo” ha ribadito che - per il momento - non cambierà rotta sui sussidi agli agricoltori, e la protesta è così destinata a trascinarsi. Esponenti del governo lanciano l’allarme e temono che la crisi possa essere sfruttata dall’estrema destra - Alternative far Deutschland, in particolare - che in questo momento gode già grande popolarità (secondo i sondaggi, è sopra il 20% dei consensi). “Estremisti di destra e altri nemici della democrazia stanno cercando di infiltrarsi e strumentalizzare le proteste”, ha detto a Berlino una portavoce del ministro degli Interni tedesco, Nancy Faeser. La polizia federale del paese, ha aggiunto Faeser, ritiene che questi gruppi vogliano fomentare uno “sciopero generale” o addirittura una rivolta per innescare un “rovesciamento” del governo, secondo quanto riportato da Politico. Scenari da Repubblica di Weimar. Forse eccessivamente allarmanti, certo è che Berlino vive una crisi economico-politica da non sottovalutare.
La grande protesta in Germania degli agricoltori esplode a più di 10 anni da quando, in Italia, precisamente il 9 dicembre del 2013 il movimento dei Forconi scese in molte piazze del Bel paese, organizzando blocchi del traffico e presidi come contro la crisi economica. Come ricorda il Post, il movimento, fondato tra il 2011 e il 2012 in Sicilia, era principalmente un organizzazione populista legata all’estrema destra: inizialmente era costituito da autotrasportatori, a cui nel tempo si aggiunsero gruppi più o meno organizzati di agricoltori, operai, ambulanti e ultras delle tifoserie di calcio. Una similitudine, dunque, c’è: come in Germania, anche in Italia i gruppi della destra radicale - come Forza Nuova - tentarono di infiltrarsi nel movimento e cavalcare il malcontento. In pochi anni, in Italia, il movimento fece perdere le sue tracce: se ne tornò a parlare nel marzo del 2017, quando la procura di Latina ordinò alla polizia di perquisire le case di 18 esponenti del movimento. Quale sarà il futuro della protesta degli agricoltori in Germania, è difficile stabilirlo, anche se segnali di malcontento sono palpabili in tutto il Continente, dai Paesi Bassi alla Francia. A differenza di Germania e della Francia, tuttavia, i movimenti di protesta in Italia sembrano essere meno resilienti. Poco strutturati e spesso dettati dall’improvvisazione, svaniscono come neve al sole in poco tempo. C’è da chiedersi il motivo di questa sostanziale differenza con i Paesi europei più vicini a noi, dove le proteste durano per giorni. Ne è un esempio la Francia dove, lo scorso marzo, giovani, vecchi, operai, borghesi, studenti, agricoltori tutti insieme per protestare contro l’aumento dell’età pensionabile da 62 a 64 anni deciso da Emmanuel Macron. La domanda che molti si pongono è: perché in Italia non si scende più in strada e non si protesta? Nel post-Forconi, il dissenso si incanalò prima nei Cinque Stelle poi nella Lega. Infine, in Giorgia Meloni. Ora che tutte queste forze si sono “normalizzate” nel nome della stabilità, del vincolo esterno, e del “pilota automatico” che ci guida senza troppi intoppi sin dal 1992, dove verrà incanalato il fronte del dissenso? A chi si rivolgeranno gli elettori sempre più delusi? Il dibattito è sempre più polarizzato, l’elettorato si è cristallizzato e più che la rabbia, nel nostro Paese, sembra regnare l’apatia. Eppure, nonostante alcuni dati confortanti sul fronte economico - il rallentamento dell’inflazione, l’abbassamento dei tassi d’interesse - la situazione generale è tutt’altro che positiva. Motivi per scendere in strada ne abbiamo, a cominciare dai salari: tra il 1991 e il 2022, infatti, come riportato dal Sole24Ore, i salari reali in Italia sono rimasti sostanzialmente al palo con una crescita dell’1% a fronte del 32,5% in media registrato nell’area Ocse. Eppure, va tutto bene. Come rifletteva qualche tempo fa l’ex presidente della Camera e storico leader di Rifondazione Comunista, Fausto Bertinotti, in Italia si rimane “zitti e buoni” e non si protesta più su nulla “Si ha l’impressione - scrisse Bertinotti sul Riformista nel 2021 - che il Paese si stia abituando al nuovo regime a-democratico. È come se il governo, cioè la pratica del governare, dovesse essere messo al riparo da una politica capace solo di giochi di potere”. Ci si appassiona al “pandoro-gate”, ma non all’inflazione, agli affitti insostenibili o ai mutui. O siamo estremamente pazienti con la nostra classe politica, oppure abbiamo qualche lezione da apprendere dagli amici e “rivali” tedeschi e francesi l’abbiamo. E non solo ricordare loro le finali dei mondiali di calcio del 2006 o la storica vittoria dell’Italia per nella “partita del secolo” vinta per 4-3 del 1970…