Chiamatela pure vendetta. Non fatevi troppi problemi perché una cosa è certa: non c'entrano un caz*o i cristiani, e più in generale la religione, nell'attacco che gli Stati Uniti hanno sferrato, proprio nel giorno di Natale, sul nord della Nigeria. Il solito Donald Trump ha scritto sui social che il blitz era diretto ai militanti dello Stato Islamico che hanno “preso di mira e ucciso brutalmente, principalmente, cristiani innocenti, a livelli mai visti da molti anni, e persino secoli!”. E pensare che l'attuale presidente Usa aveva condotto la sua campagna elettorale con la promessa di liberare gli Stati Uniti da decenni di “guerre infinite”.... Ma al di là di questo – grave, ma tutti alla fine promettono sempre cose che non potranno mai mantenere – c'è qualcosa che non torna nella narrazione ufficiale di Washington. Davvero c'entrano l'Isis e la religione? Pare proprio di no. Innanzitutto, gli Stati Uniti hanno collaborato con la Nigeria per portare a termine gli attacchi: non si è trattata di un'azione unilaterale (e fin qui...). Confermato, inoltre, che gli strike Usa sono stati approvati dal governo nigeriano. Attenzione però, perché la stessa Nigeria ha mandato al diavolo la giustificazione di Trump, sostenendo che i gruppi armati prendono di mira sia musulmani che cristiani, e che le affermazioni americane sui “cristiani massacrati” sono semplificazioni. Detto ciò, il governo nigeriano ha accettato di collaborare con la Casa Bianca per reprimere i militanti radicali.
E allora? La religione è solo un pretesto. L'attacco contro il nord della Nigeria è una vendetta mascherata da qualcosa di molto più nobile. Ma vendetta per cosa? Vi ricordate Charlie Kirk, l'attivista politico e commentatore statunitense, appartenente alla destra evangelica e recentemente assassinato? Ecco, lui era uno di quelli che piaceva a Trump. Tra le varie affermazioni di Kirk se ne rintracciano diverse che parlano dello stesso tema: i cristiani perseguitati, massacrati, uccisi dai terroristi islamici. “Sapevate che negli ultimi 15 anni in Nigeria 125.000 cristiani sono stati assassinati e 19.000 chiese sono state distrutte dai musulmani?», aveva scritto Kirk sui social media”, era uno dei messaggi diffusi da Kirk. Lo scorso settembre, persino il senatore repubblicano Ted Cruz ha fatto pressione per sanzionare i funzionari nigeriani che, a suo dire, “facilitano la violenza contro i cristiani e altre minoranze religiose, anche da parte di gruppi terroristici islamisti”. Ecco, la situazione non è proprio questa. Però Trump annovera i cristiani evangelici tra i suoi sostenitori più entusiasti, e dunque l'azione di bombardare l'Isis in Nigeria assume una clamorosa rilevanza elettorale per l'inquilino della Casa Bianca. Evidentemente più interessato a blindare il fronte politico interno che non, come aveva promesso, a portare la pace nel mondo...
Insomma, alla fine le caz*zate di una nutrita schiera di appartenenti alla destra evangelica Usa devono aver convinto Trump a intervenire (in Africa, ovvio, per evitare guai). Dal canto suo, il governo nigeriano ha più volte risposto alle critiche Usa affermando che persone di diverse fedi, e non solo cristiane, soffrono per mano di gruppi estremisti che operano in tutto il Paese. La Nigeria, tra l'altro, è ufficialmente laica, ma è quasi equamente divisa tra musulmani (53%) e cristiani (45%), con la restante popolazione che pratica religioni tradizionali africane. La violenza contro i cristiani, è vero, ha attirato notevole attenzione internazionale, e spesso è inquadrata come persecuzione religiosa, ma la maggior parte degli esperti sostiene che la situazione sia più complessa e che gli attacchi degli estremisti islamici possano spesso avere motivazioni diverse. È così che il ministero degli Esteri nigeriano ha elogiato la cooperazione con gli Stati Uniti, ma ha rifiutato categoricamente di riconoscere che le azioni americane avessero qualcosa a che fare con la persecuzione dei cristiani. E adesso? L'azione di Trump spingerà ulteriormente l'Africa tra le braccia di Cina, Russia e Turchia, scatenando un probabile effetto domino nel cosiddetto Sud del mondo, ossia nei Paesi in via di sviluppo “contesi”, in termini di influenza politica, tra il blocco occidentale e il club formato da Pechino e Mosca. Pochi si fideranno ancora degli Usa...