Ben vengano i Trump e le ultime cene queer fatte passare per baccanali dionisiaci, perché, come diceva G. K. Chesterton, “senza dubbio la bestemmia è l’argomento più forte in favore del punto di vista religioso della vita”. Ci sarebbe da capire, tuttavia, per quale motivo la destra si infervori di più per l’artista curvy che alle Olimpiadi smanetta su una console che non per un presidente degli Stati Uniti che pubblica sull’account ufficiale della Casa Bianca un’immagine, creata con intelligenza artificiale, di lui vestito da papa. Sembra sia più intelligente lamentarsi di chi viola un dipinto di Leonardo da Vinci che non di chi viola l’immagine del capo della Chiesa. Un po’ come se i mafiosi si lamentassero di un film non per ritrae il loro boss, ma perché è una brutta versione de Il padrino di Coppola. Così l’illustrazione di Trump vestito da pontefice viene giudicata nel peggiore dei casi una boutade indegna di una pagina istituzionale, nel migliore qualcosa di quasi auspicabile (meglio un pontefice trumpiano del terzomondista Francesco). Ma tutto quello che valeva per la stupida ultima cena queer vale a maggior ragione per la stupida messinscena politica del presidente americano.

Che Trump sia una macchietta, un megalomane la cui unica competenza è fare sfoggio della sua incompetenza, ormai lo dicono anche i conservatori (ovunque tranne che in Italia). Esiste una parte di repubblicani che si vergogna di Trump a tal punto da aver sostanzialmente tifato per Kamala Harris alle scorse elezioni. Esiste una fetta di cattolici che non ha votato Trump, non perché fosse meno cattolica dei trumpiani. Esiste anche una distinzione tra le due spade, il potere temporale e quello spirituale, quel che è di Cesare e quel che è di Dio. I prepotenti, di solito, mentre si godono quel che è di Cesare cercano di conquistare anche ciò che è di Dio. Per questo Trump si definisce il “prescelto” (agosto 2019), anche se nessuno, ci dicono dal Cielo, lo ha mai visto ai provini o alle selezioni (anche se sarebbe ironico se Dio, dopo il figlio di un falegname, avesse scelto un immobiliarista per guidare il suo gregge). Dopotutto dell’ultima cena si era detto che era, citando Arbasino, “l’orgoglio del sedere”. Difficile negare che Trump, talvolta, ragioni col culo.
