Quest’anno, come mai prima d’ora, le elezioni usa sono diventate un vero e proprio spettacolo, quasi un programma televisivi, che si nutre di attentati sventati, dichiarazioni incredibili, scontri offensivi e schieramenti sempre più in guerra tra loro. Nelle ultime settimane, molti analisti si sono concentrati sulla distribuzione dei voti nei vari gruppi presi in esame: nei giovani (divisi per genere), nelle diverse confessioni religiose, o nei gruppi etnici (afroamericani, ispanici). Ora un nuovo studio di cento pagine curato da un docente associato di Harvard, Marcel Roman, e una docente associata della Georgetown University, Amanda Sahar d’Urso. Sono cento pagine dedicate interamente a un tema: The X Factor: How Group Labels Shape Politics (28 ottobre 2024).
Il gioco di parole nel titolo fa pensare immediatamente al programma canoro, uno dei programmi bandiera delle nuove generazioni, decisamente più spostate, in generale, a sinistra, soprattutto se si guarda al genere femminile (sempre più giovani maschi bianchi, invece, votano a destra). La musica, in effetti, sembra essersi schierata massicciamente dalla parte di Kamala Harris a partire da Eminem, Beyoncé e Bruce Springsteen, come molti attori e altri volti dello star system (Trump, invece, ha ricevuto il sostegno di personaggi più eccentrici e fuori dal mondo dello spettacolo ormai da anni, come Hulk Hogan; o di miliardari come Elon Musk).
Tuttavia non è a questo che si riferiscono i ricercatori. L’X Factor, invece, è ciò che è viene spesso definito “Neolingua” (in riferimento alla distopia orwelliana narrata in 1984), o – dai suoi sostenitori – linguaggio inclusivo. Si tratta di uno studio in fase di lavorazione che raccoglie i risultati di sette diverse ricerche. La riflessione si concentra sull’uso del termine “Latinx”, utilizzato al posto di “Latinos” per il gruppo latino, in modo da potersi esprimere in modo più inclusivo.
I ricercatori espongono quella che definiscono “Identity-Expansion-Backlash Theory”, un modello in grado di spiegare perché la scelta di etichette inclusive da parte dei politici non farebbe che mettere contro di loro proprio quei gruppi a cui si riferiscono, in particolare quei componenti del gruppo già poco inclini ad accettare questo genere di etichette. “In primo luogo, offriamo una teoria generale per comprendere come le etichette di gruppo possano influenzare le valutazioni dei politici, in particolare tra i membri di minoranze etno-razziali rilevanti. Le etichette dei gruppi etno-razziali statunitensi cambiano nel tempo e sono politicizzate. Etichette di nuova formulazione come ‘Bipoc’ e ‘Latinx’ cercano di includere esplicitamente e rendere salienti alcuni sottoinsiemi di popolazione all'interno di una categoria di gruppo più ampia (neri e indigeni all'interno di “persone di colore”, persone queer e minoranze di genere all'interno di ‘Latinx’).
“Al contrario, altre etichette di gruppo, come ‘Ados’ ["Discendenti americani della schiavitù", ndr], sono esclusive di particolari membri del gruppo, come i nuovi immigrati, all'interno di un'altra categoria di gruppo politicamente rilevante: i neri. In definitiva, i politici che utilizzano queste diverse etichette possono dare spunto a una serie di considerazioni politiche che possono motivare il sostegno o il contraccolpo tra diversi sottoinsiemi del gruppo di riferimento. Abbiamo evidenziato le condizioni per cui l'uso di etichette di gruppo inclusive può motivare un contraccolpo politico contro i politici che le usano e offriamo spunti per futuri ampliamenti e ricerche sul rapporto tra etichette di gruppo e politica”.
Secondo lo studio “gli intervistati latinos hanno valutato il candidato in modo meno favorevole, hanno avuto meno probabilità di dire che il candidato rappresentava persone come loro, sono stati meno favorevoli e meno propensi a votare per il candidato che ha usato il termine 'Latinx' rispetto al termine 'Latino'. Pertanto, respingiamo l'ipotesi nulla che non vi siano differenze nelle valutazioni dei candidati in base all'uso del termine ‘Latinx’ rispetto a Latino’. È importante notare, tuttavia, che gli intervistati latinos erano ancora complessivamente favorevoli al candidato. Il diagramma secondario a destra mostra i valori previsti per entrambe le condizioni”.
Questo è particolarmente vero anche per le componenti dei gruppi già scettiche verso le battaglie lgbtqia+. Le conclusioni sono davvero chiare: “Le etichette di gruppo inclusive possono alienare politicamente i membri del gruppo che sono predisposti contro l'inclusività dei nuovi membri del gruppo inclusi o salienti. Per esempio, i neri americani possono non gradire l'uso di frasi come “persone di colore” per riferirsi a loro, in quanto allarga percettibilmente la portata di chi viene discusso e rappresentato, compromettendo potenzialmente un'esplicita attenzione agli interessi politici dei neri”.
I ricercatori hanno anche aggiunto: “Etichette come ‘Bipoc’, ‘Poc’, ‘latino-americano’, ‘afro-americano’, ‘mediorientale e nordafricano’ (Mena) e ‘chicano/a/x’ possono suscitare un'ampia gamma di preoccupazioni sulla portata dell'appartenenza al gruppo tra i membri del pubblico a cui vengono riferite. Poiché le nuove etichette vengono formulate in un momento storicamente caratterizzato da un forte investimento pubblico nelle identità di gruppo, la comprensione delle conseguenze politiche delle etichette di gruppo è fondamentale per capire il presente e il futuro del comportamento politico americano”. Stavolta chi ha “l’X Factor” potrebbe non essere il politico vincente.