Dalla possibilità di una superbanca europea alla conquista del Nuovo Continente, e quindi dell’economia mondiale, alle liti di condominio che nascondono paure sovraniste, più o meno legittime, che toccano tutti, nessuno è immune. Così l’acquisto da parte di Unicredit di una quota di Commerzbank sta creando più problemi del previsto alla Germania, in questo periodo in una crisi elettorale (il governo sta perdendo i pezzi, cioè i Land), quindi all’Unione Europa, e inevitabilmente all’Italia. La data è simbolica e non andrebbe sciupata, ma i fatti son questi: l’11 settembre Commerzbank, banca tedesca, cede il 4,5% a Unicredit, banca italiana. L’ipotesi è che si stia creando, dopo le mosse di Intesa San Paolo, un nuovo polo megagalattico in grado di essere competitivo a livello internazionale (soprattutto con l’America). L’accordo per la vendita, tuttavia, non si capisce bene chi lo abbia condotto. Infatti, come spiega Federico Fubini sul Corriere della Sera, il governo di Scholz scarica ogni responsabilità.
Chi resta? J.P. Morgan, banca americana scelta dal ministero delle Finanze di Berlino come advisor. È la tesi diffusa dietro le quinte delle sale conferenze ufficiali e Mark Branson, presidente dell’autorità di vigilanza tedesca Bafin pare confermarla. Se così fosse la Germania entrerebbe in guerra con un colosso del sistema bancario. Che sia così, però, nonostante qualche mezza dichiarazione ufficiosa, è abbastanza improbabile. L’11 settembre, infatti, J.P. Morgan è probabile abbia invitato Unicredit a presentare un’offerta in accordo con il ministero delle Finanze, a meno di non voler credere che una realtà come J.P. Morgan non abbia riflettuto sul rischio di una causa legale ai suoi danni condotta dalla quarta economia mondiale.
Ma perché ci si sta allarmando fino a questo punto? Non è un bene che delle banche si uniscano e diventino più forti, più salde, più competitive? Per Christine Lagarde sì, e anzi incentiva accordi del genere. E la Bce potrà far poco per costringere Unicredit a fare un passo indietro. Quel che potrà fare è accettare o meno la richiesta di Unicredit all’acquisto di altre quote, fino ad arrivare al 29,9% di Commerzbank, comunque una quota non ancora di maggioranza. Ma dietro alla tensione c’è la sensazione dei tedeschi di perdere, un pezzo alla volta, il controllo di una delle più importanti banche del Paese. L’Italia, eterno liocorno dell’arca europea, ancora non s’è vista e se ne sta, almeno per ora, in silenzio. Gentilezza per gli amici crucchi o strategia per confondere gli avversari?