È una questione di amore. Solo di amore. Amore prima e alla fine di tutto. Guardo una foto e lo capisco. C'è Vale con due cappellini in testa, in uno c'è scritto 1st. Ha gli occhiali da sole, la t-shirt nera, due coppe in mano, quelle del primo e del secondo posto nelle gare di quest'ultimo weekend. Vale ha vinto ancora. Ancora a Misano. Casa sua. Con i suoi amici nel box. Con i ragazzi della sua Academy, che ora sono campioni del mondo pure loro, a festeggiare con lui. Chi lo conosce, chi sa la sua storia, sa quanto questo voglia dire. Il sorriso è il solito, beffardo, un po' da figlio di putta*a. I bravi ragazzi non vincono mai.
E poi guardo il fisico. Perché ormai siamo abituati a vedere i piloti (e non solo) con i pettorali palestrati, con le spalle larghe, gli addominali instagrammabili, invece lui è rilassato dalla vittoria e da una vita che non è più quella del pilota di MotoGP. Il suo fisico racconta di un'epoca che non c'è più, un'epoca dove si correva e tutto il resto era un di cui, un'altra epoca del motociclismo, un'altra epoca dello sport. Un'altra epoca di tutto. Non meglio, non peggio. Un'altra. C'è un filosofo che si chiama Giorgio Agamben, ha detto che per capire davvero la contemporaneità bisogna conservare lo spazio di uno scarto, bisogna in qualche modo essere acontemporanei. Scusate la disgressione filosofica ma vedendo questa foto di Valentino si capisce cosa torna e cosa non torna nei tempi odierni e, soprattutto, cosa ci manca: la guida laterale sul Booster, la marmitta secca degli Apecar, il rumore del pallone che rimbalza sull'asfalto. Arriviamo da lì. Questa roba ce la portiamo dentro. Ci definisce.
Per questo Valentino Rossi trascende se stesso. Per questo resterà. Perché porta in giro un pezzo di storia, rappresenta una generazione, e il fatto che i media e la stampa non raccontino più le sue gesta non toglie niente, anzi: le rende più preziose. Noi abbiamo dedicato un reportage in tre puntate per raccontare quello che sta facendo di così epocale, cosa lo spinge, cosa lo motiva: a 45 anni continua ad allenarsi, a confrontarsi con gente che va veramente forte in auto, che non gli regala niente, in campionati di altissimo livello. In tempi moderni nessuno che arrivasse dalle moto ha raggiunto questi risultati. Valentino Rossi è irripetibile. Eppure vince e la stampa sportiva gli dedica un trafiletto al massimo, mentre quella generalista niente, zero, manco una riga. La povertà dei media italiani, di andare al di là delle notizie di cronaca e di capire cosa raccontano veramente le storie delle persone, si riflette qui. In questo mondo così polarizzato, pieno di gente che fa gara ad avere like, ad attirare su di se l'attenzione, Vale si chiama fuori. Vale non fa ciò che fa per dimostrare qualcosa a qualcuno, per avere un riconoscimento. Lo fa per divertirsi e basta. Lo fa solo per se stesso. Per un brivido che si porta dietro da sempre e che cerca ogni volta. Quella roba lì.
Sapete cosa? Continuate a non parlarne. Meglio. Che quello che sta facendo Vale non è per tutti. Perché le regole che ormai governano i nostri comportamenti sono la convenienza, l'aridità, il business, i soldi, il successo, la notorietà. Ma niente di tutto questo è ciò che spinge Vale e niente di tutto questo è ciò per cui Vale continua a fare quello che sta facendo. È proprio su un'altra frequenza. Ed è questo che è commovente. Quindi sì, continuate pure a non parlarne, continuate a dedicargli i trafiletti, perché la sua è solo una questione di amore e come scriveva Raymond Carver, uno dei due più grandi poeti contemporanei, "non ce n’è uno di voi in questa stanza che potrebbe riconoscere l’amore neanche se si alzasse e ve lo mettesse nel cu*o". È una questione di amore. È solo questo. Guardo e riguardo quella foto e penso che sì, è proprio così. Sogno un giorno Vale in Formula 3 e poi in Formula 1, magari a 50 anni. Non succederà mai ma il mondo si divide tra chi sogna e chi non sogna e io non ho mai visto fare miracoli a chi non sogna mai.