Risiko bancario? A margine di un’audizione al Copasir, il ministro dell’economia Giancarlo Giorgetti ha gettato sul tavolo una matta: “Tutte le operazioni che vedo io sono fatte di carta. Soldi non li ha messi nessuno, è una cosa abbastanza singolare, ma ne prendo atto” (Il Sole 24 Ore). Non si parla qui di metafora, ma di una concreta constatazione: le scalate in atto tra istituti bancari — come quella che coinvolge Monte dei Paschi di Siena (Mps), Mediobanca e in prospettiva anche Generali — si reggono su incastri di equity e swap, ma non muovono liquidità tangibile.
Una riflessione amara, che Giorgetti accompagna con una rassicurazione di rito sull’operato del suo Ministero (il Mef) nella vendita del 15% di Monte dei Paschi di Siena, caso su cui la Procura di Milano sta indagando e che anche dall’Europa hanno iniziato ad adocchiare con l’ipotesi di possibili aiuti di Stato mascherati: “Il Tesoro – le parole del ministro – non è un azionista invadente. Il management ha deciso in autonomia le sue scelte e noi le rispettiamo. L’amministratore Lovaglio ha gestito in modo brillante le operazioni di salvataggio. Mps fa utili ed è valorizzato, e questo fa bene anche alle casse dello Stato” (Milano Finanza).
Il punto nevralgico è la vendita del 15% di Mps effettuata tramite Accelerated Book Building. una tecnica di collocamento rapido che, in parole semplici, consente allo Stato di cedere rapidamente azioni a investitori istituzionali tramite una procedura competitiva, ma spesso non trasparente per l’opinione pubblica. Il sottosegretario al Mef, Federico Freni, ha spiegato in sede parlamentare che si è trattato di “una procedura di vendita trasparente e non discriminatoria, che garantisce celerità e certezza di esecuzione” (Milano Finanza).

Frasi che ai critici non bastano, anzi. Perché a beneficiare dell’operazione sarebbero stati, secondo l’onorevole Elisa Pirro (M5S), “solo quattro soggetti, tutti legati tra loro, tutti interessati agli stessi progetti finanziari e tutti autori di proposte di acquisto fotocopia, con un premio del 5% rispetto all’allora valore di Borsa, comunque nettamente inferiore ai successivi prezzi di mercato” (come riportato da MF e Il Sole 24 Ore). In altre parole: qualcuno ha comprato a sconto e ora sta seduto su una plusvalenza benedetta dallo Stato?
A rendere il quadro ancora più ambiguo è il fatto che tra i soggetti coinvolti ci sia Banca Akros — collocatore scelto dal Tesoro — che, come ricorda Pirro, “è controllata da Banco Bpm, uno dei beneficiari della cessione”; e ancora, Anima Sgr e il gruppo Caltagirone, entrambi incastonati in una trama di partecipazioni incrociate che suona come un’eco inquietante del capitalismo relazionale di un tempo. Il sospetto che “il risiko bancario” sia stato orchestrato per favorire alleati privati, sotto copertura di legittimità formale, comincia a farsi largo anche oltre le opposizioni.
Ma il Mef respinge ogni addebito. Giorgetti ha ribadito al Copasir “l’assoluta correttezza dell’operato degli uomini e delle donne del Mef che hanno lavorato sull'operazione, che è assolutamente identica in termini di procedura a quelle fatte precedentemente” (Milano Finanza). Ha aggiunto che “la Commissione europea ha dato l’ok e ha detto che abbiamo puntualmente rispettato tutte le condizioni poste nel 2017 per perdere il controllo di Mps”. Ma proprio da Bruxelles, con il cambio di commissario, arrivano segnali di prudenza: la Commissione “ha ricevuto informazioni dagli operatori di mercato” e sta esaminando la questione “secondo le nostre procedure standard” (Ansa).
