Davide Cerullo non è un turista, a Scampia ci è nato e ancora ci vive. Ne ha scritto, ha fotografato i volti, i luoghi, le persone che ha definito “i giusti di Gomorra”. Tutto ciò che spesso non si vede, che non è nelle serie tv o nei giornali. Dopo un passato nel mondo della criminalità, Cerullo ha scelto di raccontare il suo quartiere, quello che succede e tutto ciò che non abbiamo capito di questo posto. Ora che il crollo di un ballatoio al terzo piano della Vela celeste ha tolto la vita a due persone e ferito gravemente quindici persone, tra cui sette minorenni, lo abbiamo intervistato per capire come sia stata possibile quella che in molti, a partire da Roberto Saviano, hanno definito “una tragedia annunciata”. E attacca le istituzioni inesistenti, che non solo lasciano spazio alla Camorra (“la criminalità dà ciò che lo Stato dovrebbe garantire, ma non lo fa più, come diritto”), ma non investono sull’arte, la cultura e ciò che potrebbe salvare il suo quartiere: “È da Scampia che Napoli può e deve rinascere”.
Il crollo del ballatoio della Vela celeste di Scampia era una tragedia annunciata?
Sì. Ci siamo abituati a non imparare nulla dal passato. Si erano già verificati fatti analoghi nella Vela rossa, nella Vela gialla, anche se non con questo numero di feriti e morti. Non si doveva permettere di abitare quegli spazi già dieci, quindici anni fa. La colpa è proprio dello Stato, non è solo un modo di dire. Il fatto che queste persone non abbiano capacità di parlare diventa un modo per approfittarsi di loro. Quindi si lascia andare tutto, si fa finta di nulla, tanto la gente non sa difendersi. C’è questa frase di Edmund Burker: “Perché il male trionfi è sufficiente che i buoni rinuncino all'azione”. È proprio così. Il problema a Scampia non è solo lo spaccio, non è solo la Camorra. Il problema a Scampia è lo Stato che non c’è, lo Stato non nel senso di polizia, ma come servizi, come garanzie per una vita dignitosa. Molte persone, ormai, non si sentono neanche più persone. Da queste cose arriva, spessissimo, la depressione di molti abitanti di Scampia. Lo Stato ha perso. Anzi, non si è mai impegnato davvero. Come non si è impegnato davvero nella lotta alla mafia.
Il sindaco Gaetano Manfredi aveva stanziato 18 milioni di euro per la riqualificazione della Vela B. Sono azioni che non guardano al vero problema?
I soldi devono servire a fare le cose per bene. I soldi sono arrivati, ma aprire i cantieri nei palazzi fatiscenti, in uno stabile su cui non viene fatta manutenzione da quarant’anni, lasciando la gente dentro, non è assurdo? E poi i soldi non devono essere usati solo per costruire case. Come facciamo a fare sentire un bambino un essere umano? Come costruiamo è importante tanto quanto costruire. Bisogna creare punti di appoggio per poter sperare. La Vela già non doveva più esistere, a partire dalla Vela gialla e la Vela rossa. Ma anche la Vela B, la Vela celeste, che doveva essere la più sicura, ora ha mostrato ciò che è realmente: il luogo di una tragedia che non doveva accadere.
Perché le persone non si ribellano?
Spesso non sanno come reagire. Dovrebbero essere come i francesi, che non ne fanno passare una, che non sono mai contenti. Ma immagina una famiglia che vive in un appartamento in cui non paga nulla, gas, luce, acqua. Ma chi glielo fa fare di ribellarsi? Non è la Camorra, questo. In Italia esiste un modo pulito per fare le cose sporche. Non c’è nulla da fare. E poi succedono queste cose. È morto Roberto, non hai idea di quanto fosse buono.
Lo conosceva?
Sì, gli ho fatto da padrino. Un ragazzo fantastico, onesto – hanno tentato più volte di coinvolgerlo nella malavita ma lui non ha mai accettato – una persona con un animo nobile, che ora lascia una figlia di tre anni e una moglie. Il ragazzo più buono del mondo, un lavoratore. Ma ti sembra possibile? È una morta vergognosa, sporca, inaccettabile. Perché ancora tutto questo? Abbiamo superato due guerre, la faida di Scampia del 2004 e quella del 2011, abbiamo affrontato la povertà, la droga, tutto. E poi si muore per cosa? Per colpa di chi? In casa propria. Sono palazzi di merda che servono solo a togliere ulteriore dignità a chi ci vive.
Cosa prova in questo momento?
C’è un sentimento che non mi appartiene, ma potrei arrivare a odiare chi ha permesso questo. Non userei la parola perdono per questi. Non è giusto, non vale. Avete chiesto a un popolo di non stare con la Camorra, e poi si muore come cretini, senza volerlo. Roberto voleva solo vivere e glielo hanno impedito. È morto lì, in mezzo all’immondizia, bello, buono. Abbassava lo sguardo se lo fissavi troppo, per rispetto, perché aveva paura che non fosse una cosa da fare. Sono delle merde. Non immaginano il dolore che hanno provocato?
Lei ha curato un libro Volti di Scampia. I giusti di Gomorra. Cosa fotograferebbe in queste ore? Cosa dovremmo vedere?
Non farei proprio niente. Starei in silenzio. Non il silenzio egoistico, che è la maschera orribile della prudenza, del calcolo, della vigliaccheria, il silenzio di chi ci governa. Ma un silenzio partecipativo al dolore. La fotografia giusta è il silenzio, nessuna immagine.
Cos’è Scampia per un napoletano?
Scampia è il concentrato di tutti i mali della città di Napoli e da lì Napoli può rinascere. Perché da Scampia si può imparare a vivere.
Saviano è intervenuto sul Corriere: “La periferia di Napoli è un enorme ghetto che circonda il centro della città, che si sente assediato”. Però critica chi lo cita senza capire che il suo Gomorra era un romanzo di denuncia sociale.
Alcune critiche su Saviano, un po’ infantili, non le capisco. Però si è portata una luce importante su Scampia grazie al film di Matteo Garrone e a un libro importante come Gomorra e questo va detto. Quello che è venuto dopo è invece business. A Scampia ora servirebbe un intervento culturale massiccio che non è mai stato proposto. E dobbiamo dire che Scampia è fortunata perché è famosa, sta creando delle cose molto interessanti in campo musicale, cinematografico e poetico. Ma altri quartieri periferici di Napoli sono messi veramente malissimo e la Camorra la fa da padrona. Ed è giusto, lo dico provocatoriamente. Perché la Camorra risponde ai bisogni che lo Stato non soddisfa. La Camorra ti dà subito ciò che lo Stato dovrebbe darti, e non ti dà, come diritto. La Camorra è un alibi per non fare nulla.
Cosa manca nel racconto di queste ore, cos’è che non abbiamo capito?
Rispetto anche a quella che è stata la mia esperienza sul territorio, io credo che manchi sentir parlare di senso del bene comune, di benessere. Il vero tema è il bambino, la sua vita, il suo futuro, la sua crescita. Manca l’etica del prendersi cura. Dovremmo tornare a mettere al centro la riuscita della vita, il presente, la felicità del bambino. E i poteri forti abusano di questa mancanza. A Scampia c’è tanta umanità che non viene considerata. Buttiamo giù queste vele, i mostri, togliamoci dalla testa di essere capaci di esportare solo la malavita. Siamo capaci di tanto bene, di tanti libri, di tanta arte. Torniamo a far respirare aria pulita agli abitanti di Scampia.