La destra che governa l’Italia si ricordi di Salvatore Todaro, comandante (fascista) di sommergibili dell’esercito italiano che durante la Seconda Guerra per due volte si espose salvando la vita ai nemici sopravvissuti all’affondamento. Sandro Veronesi, che è uscito da poco con un libro intitolato proprio “Comandante” (Bompiani, scritto con Edoardo De Angelis), sembra voler inviare questo messaggio, come una lettera in bottiglia, a Giorgia Meloni e soprattutto al ministro degli interni Matteo Piantedosi, che più che ai salvataggi pensa a ridurre le partenze di migranti. Ragionamento politico in sé legittimo, ma magari non nel momento in cui, su una spiaggia delle nostre coste calabresi, a Cutro non lontano da Crotone, si sono contati 68 morti per un mancato soccorso su cui la magistratura ha aperto un’indagine conoscitiva. Lo scrittore commenta i fatti di questi giorni, compreso l’atteggiamento italiano verso l’Ucraina, con la new entry Elly Schlein neo-segretaria Pd attesa al varco sul pacifismo armato finora sposato dai Dem, partendo dalla vicenda di Todaro, di cui uscirà una trasposizione cinematografica con Pierfrancesco Favino nei panni dell’ufficiale pluridecorato.
Veronesi, lei vede un’analogia al contrario fra il senso di umanità a cui sempre ha corrisposto la legge ferrea di soccorso sui mari, e la tragedia di Cutro, che è solo l’ultima di una serie di stragi di fronte ai quali, sul piano umano e morale, corrisponde piuttosto un’indifferenza, se non proprio un’avversione verso chi crepa cercando di rifarsi una vita in Europa?
Il vero messaggio è il soccorso, che va oltre qualsiasi contingenza, è superiore a qualunque altra cosa. In quel momento creò una piccola bolla di pace necessaria a salvare 26 naufraghi. E fra l’altro prese pure delle medaglie, certo per aver affondato due navi, ma entrambe le volte aveva salvato i superstiti, cosa che non era previsto né dall’Asse né dagli inglesi, in particolare per i sommergibili che agiscono sott’acqua con i siluri. Ma lui amava particolarmente il combattimento in superficie, dove poi si possono vedere i soldati nemici buttarsi in acqua fra le fiamme. Era un guerriero, un assaltatore, ma è passato alla Storia per questi due salvataggi, per i quali il comandante in capo della Marina tedesca, Karl Dönitz, lo definì un “donchisciotte dei mari”.
Ci sono molti italiani che rivendicano ostentatamente un realismo politico estremo che è l’esatto contrario del donchisciottismo.
Quando hai persone che tendono la mano e sono ammollo e di lì a poco affogano, io credo che non esista un essere umano che non venga mosso dall’istinto di soccorrere. Anche perché in mare è un pensiero automatico, e davvero mi sorprende che certi ministri non se ne accorgano. Quello che sta chiedendo aiuto ora sei anche tu, perché la prossima volta potresti esserci tu al posto suo. Non è come restar fermi con la macchina. Questo si sa da migliaia di anni, come da migliaia di anni la navigazione è accompagnata da raccomandazioni a déi e santi che si offendono che non ne chiedi la protezione, così come la letteratura di tutti i tempi è piena di questi esempi.
D’accordo, ma la politica deve misurarsi con i termini reali e attuali.
Il tema è chi vai a soccorrere? Non importa. Anche fosse una banda di pedofili, prima li salvi e poi dopo li condanni, ma non li lasci affogare. È un tabù da sempre, che ora viene infranto non dai crotonesi, ma da persone che non sanno nulla di questo e non lo vogliono neanche sapere, e per calcoli o altri motivi si sforzano di essere insensibili a qualcosa per cui è sensibile chiunque. Perché non c’è bisogno di aver vissuto momenti così drammatici, come purtroppo sono quelli che si susseguono nei nostri mari, per sentirlo. Io ho fatto solo del diporto, ma ho soccorso e sono stato soccorso, con quel canale 16 della radio VHF, vietatissimo da usare se non in situazioni di emergenza, in cui chiunque sente un Sos deve correggere la rotta e portare aiuto. In mare non c’è nessuna garanzia di non finire inghiottito.
Permetta, ma le migrazioni sono un fenomeno di altro tipo.
Io ho visto le immagini del mare che c’era a riva a Cutro. Ma trovatici te con una barca, in quella situazione. È stupido infrangere quel tabù per niente. Perché non è così che rendi solido il tuo consenso politico, è del tutto aleatorio, è come una nevicata quando c’è il sole, dopo un po’ si scioglie. Ora, a Lampedusa sono incazzati mica perché accolgono i migranti, ma perché non li levano di lì e l’hotspot scoppia. Più volte la comunità di Lampedusa è stata candidata per il Premio Nobel per la Pace. Loro questo tipo di situazione la vivono da vicino.
In pratica mi sta dicendo che chi non comprende la tragicità dei viaggi della disperazione sta toccando il grado zero di umanità?
È un bisogno puro, quello dei naufraghi, di persone che sono corpi che necessitano di soccorsi, e tu non glielo dai? Alla fine del libro, abbiamo messo tutto il repertorio di déi e di santi di tutte le civiltà che proteggono il naufrago. Anticamente, se non si prestava soccorso a qualcuno che si era raccomandato alle divinità, si attirava l’ira di quest’ultime. È così che si è creato quel famoso tabù.
Questo poteva andar bene quando il sacro informava l’intera vita, cosa che francamente oggi non pare esserci più.
Beh, siamo pur sempre un Paese cattolico, con una sfilza di santi, premettendo la stessa Maria Vergine protettrice dei naviganti, che accompagnano la navigazione. E l’Italia è un Paese a maggioranza cattolico. Se ogni paese celebra il santo patrono e migliaia di persone festeggiano lo scioglimento del sangue di San Gennaro, allora questo non conta più? Se ci si disimpegna da un dovere che si ha da essere umani, prima ancora che da ministri, allora vai fuori dall’umanità.
Lei prima accennava al consenso aleatorio che deriverebbe da posizioni dure contro l’immigrazione. Uno che fiuta gli umori di questa parte dell’opinione pubblica è da sempre Vittorio Feltri, che sulla scia di Piantedosi ha twittato una frase che suona sinistra: “Partire è un po’ morire”. Lei è proprio sicuro che una politica restrittiva, anche in forme palesi, sfacciate, non paghi?
Feltri è vecchio e malato. Se nessuno gli toglie il telefonino o il computer, lo dico con rispetto perché Feltri ha una storia per certi versi esemplare ed è un essere umano come tutti noi, è in un periodo di declino perché malato, e sinceramente non è una di quelle voci diciamo autorevoli. Il problema sono le persone attive e abili che hanno la metà degli anni di Feltri che avrebbero il dovere, ove percepissero una deriva disumana, cinica, di richiamare i loro stessi elettori, che non verranno persi per questo. Stiamo parlando di cittadini che sono brave persone, ma come possono pensare cose come “buon appetito ai pesci”, “è finita la crociera”. Questo non ha mai fatto parte della tradizione italiana tramandata nei secoli, di cui invece fa parte Salvatore Todaro che non è stato l’unico a distinguersi per umanità, anche in guerra. Bisognerebbe far vedere un naufragio in faccia, 68 morti allineati sulla spiaggia fra cui i bambini, e poi cambiano idea. Purtroppo c’è una scelleratezza, una forma di narcisismo che fa dire quelle sciocchezze.
Venendo alla guerra in Ucraina, gli italiani sembrano in maggioranza contrari agli aiuti militari, come perfino Bruno Vespa ha dovuto ammettere intervistando la Meloni. Secondo lei anche qui c’è un’indifferenza morale, o si prende atto che si tratta di un conflitto che, se alimentato, produce conseguenze disastrose per tutti, noi compresi?
Ci sono articoli precisi della nostra Costituzione, come il 2 e il 3, che obbligano ad aiutare chi è aggredito, perché si parla di uomini, di diritti fondamentali dell’uomo, per cui non solo si ha il diritto, ma anche il dovere di intervenire. In questo caso non c’è dubbio che l’Ucraina abbia subìto un’invasione, tutti i morti civili di cosa son morti sennò, di infarto?
C’è anche l’articolo 11 che parla di ripudio della guerra.
Sì, è contro la guerra ma come strumento di offesa o di risoluzione delle contese internazionali. Non contro la guerra di difesa. Costituzionalisti prestigiosi sostengono che non c’è nessuna violazione della Carta nell’aiutare un popolo a difendersi. Il punto è tutto politico e diplomatico: un conto è difendere il popolo ucraino dandogli armi per dargli la possibilità di resistere, che secondo me è doveroso, un altro invece è veder tracimare il conflitto con la riannessione della Crimea tornando indietro a dieci, venti, cento anni fa e più. Puskin, il poeta nazionale russo, fece affermazioni che al confronto quelle di Putin sono frasi da bambini delle elementari. Se si deve armare l’Ucraina per riprendersi territori che già non erano più suoi, quello no. Io spero che lo sforzo vero e cospicuo sia per interrompere la guerra, senza stare a sentire Zelensky che dice di voler riprendersi la Crimea. Se vuole riprendersela con le nostre armi, assolutamente no.
Quindi la sua posizione è favorevole a inviare altre armi ma senza andare oltre il Donbass, giusto?
Sì, riprendere i territori sottratti dall’invasione e su questo non ci piove. Ma non di più. A me sembra che non ci venga detto, ma credo che si stia lavorando in questo senso. Perché si possa anche solo parlar di pace bisogna creare le condizioni per un armistizio in cui poter trattare riportando a più miti consigli chi ora si sta scannando. In questi giorni ho riletto “Una questione privata” di Beppe Fenoglio. A un certo punto c’è questo incontro che Milton fa nel bosco con dei vecchi contadini che, quando vedono il partigiano, gli chiedono quando si vincerà. Lui risponde a primavera. “Ecco”, gli dice un vecchio, “quando finirà, non ne deve rimanere vivo nemmeno uno dei fascisti. Io voglio vedervi infilare le braccia nel sangue fino alle ascelle”. È una pagina agghiacciante, ma che rende bene il clima quando la gente si scanna. Per uscire di lì, c’è bisogno di molto impegno, molto carisma e molta saggezza da parte di chi comanda. Ma è questa la situazione oggi in Ucraina.
Ma chi comanda almeno da noi, cioè gli Stati Uniti e la Nato, non sembrano voler affrettare la fine delle ostilità.
Ma mi pare che gli aerei non vengano dati all’Ucraina, perché con i caccia fai presto a volare oltre i confini russi e bombardare. Son convinto che l’aiuto, massiccio perché parliamo di miliardi di dollari in armi, sia condizionato a raggiungere una situazione che porti a una pace con negoziato per tentare di far convivere popolazioni di una fascia di confine dove sempre ci sono problemi. Ma non ha senso smettere di dare armi, perché questo non è pacifismo, ma indurre alla resa chi ha sofferto un sopruso. Travestire da pacifismo un certo afflato pro-Putin e pro-Russia non è corretto.
La novità politica di questi ultimi giorni, cioè Elly Schlein a sorpresa eletta nuova segretaria del maggior partito d’opposizione, il Pd, pare a metà fra un interventismo “difensivo” e il pacifismo. Cioè in continuità. Lei cosa si aspetta dalla Schlein?
Elly Schlein ha tutta la mia fiducia perché è una persona che secondo me è quella che ci voleva per rianimare una parte politica che si stava sfaldando. Lei è ragionevole e preparata, perché a differenza di Salvini quando faceva la parlamentare europea era sempre sul pezzo partecipando alle commissioni. Lei sa di cosa stiamo parlando e non credo che ora possa sbandiera un pacifismo vuoto che tradotto vuol dire “lasciamogliela vinta a Putin”. Mi pare comunque sia più pericolosa la tensione interna al governo, per cui la Meloni è molto ferma sulla guerra, ma gli altri due partiti della coalizione molto meno. Se c’è qualcosa che può minacciare la nostra coerenza rispetto alla nostra appartenenza all’Occidente e alla Nato, viene da lì, da chi ora sta governando. Non dalla Schlein, che comunque è all'opposizione.