Oggi organizzare una vacanza è facilissimo, a patto di avere la giusta disponibilità economica e il tempo necessario (leggi: ferie). Basta connettersi a uno dei tanti siti che promettono di vagliare le migliori offerte tra “voli low cost a prezzi mai visti”, scegliere la destinazione più instagrammabile – ovvero che va di moda – e pagare con un paio di click. Da Ibiza a Mykonos, dalla Puglia alla Sardegna, dal nord Europa alle Baleari: non esiste luogo che Ryanair e i suoi fratelli non possano raggiungere, ritardi e scioperi permettendo. Poco importa, poi, se al momento del conto finale la cifra iniziale risulterà più che raddoppiata a causa della spesa richiesta per bagagli e selezione del posto; intanto potrete già condividere il biglietto di una meta di tendenza con i vostri contatti virtuali. Poco importa, poi, se il vostro aereo low cost vi porterà in un aeroporto sperduto, a ore di auto dal luogo nel quale dovrete soggiornare. L’illusione di aver raggiunto la tanto meritata vacanza è l’unica cosa che conta...
Il problema è che, insieme a voi, altre migliaia di persone hanno avuto la stessa idea. Approfittando del miracolo offerto dai voli low cost – quella splendida sensazione di avere il pianeta intero a portata di click e a prezzi irrisori – decine di città, isole e capitali sono state travolte dall’overtourism. Già, perché poi a nessuno di questi turisti interessa davvero vivere l’atmosfera della meta visitata: l’interesse è in realtà soltanto rivolto verso quei due o tre luoghi adatti per scattare foto da sogno. Ecco, è proprio così che si distrugge l’arte del viaggio e si vanifica una vacanza: fagocitando, senza averne le adeguate competenze culturali, l’aura di Paesi e località da sogno, per produrre in cambio banali immagini – tutte uguali, tutte identiche – con le quali alimentare il proprio ego.
Tutto questo è elevato all’ennesima potenza nel caso di viaggi di gruppo. Certo, esistono pacchetti strutturati per offrire vere esperienze, con guide preparate e itinerari “seri”. Il problema è che si sono moltiplicate le “gite dello sballo” destinate ai ragazzini della generazione Z; quelli, per intenderci, che trascorrono gran parte della giornata al cellulare; che non hanno interessi; che pensano soltanto a curare i propri profili social. Sono aumentate anche le agenzie che propongono viaggi di gruppo a buon mercato giocando sulla voglia della clientela di visitare luoghi lontani e irraggiungibili; viaggi che, il più delle volte, sono però soltanto un concentrato di tappe ravvicinate, corse contro il tempo che riducono un Paese a una specie di parco giochi. Ha senso viaggiare così? Nessuno intende rispondere a una domanda del genere, almeno finché tutti continueranno a essere felici e contenti: le agenzie e le compagnie aeree che lucrano sui desideri e sul narcisismo dei clienti, e gli stessi clienti che si illudono di aver visitato questo o quel Paese.