In Uk le donne trans non sono donne. In sintesi è questa la notizia, riportata così dai critici e da chi esulta, da J.K. Rowling e dall’Indipendent. E anche in Italia ne abbiamo parlato (e noi, su MOW, ne abbiamo scritto qui). Per Vittorio Feltri è tutto molto chiaro, la sentenza della Corte suprema non serve, o meglio, non sarebbe servita se non avessimo scelto di mandare in pensione il buon senso. Risponde così, su Il Giornale, in sostanza, alla lettera di una lettrice: “No, non ci sarebbe servita, in tempi normali, ma questi sono tempi oscuri, in cui l'ideologia ha preso il sopravvento persino sull'evidenza, sul buonsenso, sulla logica. Essa trionfa sulla verità”. Ed è qui il paradosso che rende la decisione dei giudici di stabilire cosa sia legalmente una donna, stando alle leggi inglesi, al discorso pubblico e al discorso politico, una conferma necessaria. “Era necessario che un tribunale sentenziasse che «donna è donna», proprio come se avesse dovuto stabilire che due più uno fa tre o che il pianeta Terra è sferico e non piatto, come sostengono pure certi complottisti o che è la Terra a girare intorno al Sole, perché il delirio woke, parente del politicamente corretto, ha messo in dubbio e in discussione qualsiasi cosa, persino che chi nasce maschio sia maschio, pur avendo una escrescenza, e che chi nasce femmina è femmina”.

Ovviamente, la biologia è più sottile nel definire uomo e donne (e non si limita a vedere l’escrescenza di cui parla il Direttore). Ma tant’è, il messaggio è comunque molto chiaro: “Nulla è e tutto è, secondo i progressisti, i quali vorrebbero che ciascuno potesse definirsi ora femmina e ora maschio, a piacimento, descrivendosi in base al momento e rendendo quindi la sua identità liquida e il suo riconoscimento da parte della società equivocabile e difficile”. E no, non è una forma di bigottismo, attributo che difficilmente si addice a uno come Feltri: “Non si discute sulla libertà di ciascuno di esprimere la propria sessualità, questo valore per me è sacrosanto. Non mi scandalizzo se un uomo vuole indossare la gonna, mettere lo smalto, i tacchi, uscire con la borsetta, truccarsi come Moira Orfei. Faccia pure quello che gli pare. Non mi scandalizzo nemmeno davanti ad una donna che veste come un uomo e intende ad un maschio assomigliare. Non mi scandalizzo se gli uomini scopano tra di loro, se sono consenzienti. Né se lo fanno le donne”. Il problema, semmai, è “la pretesa di ridurre il genere ad una sorta di scelta personale, quotidianamente discutibile e ribaltabile, pure a convenienza, come accade in vari ambiti, anche sportivi. Il genere non è un abito, non è un paio di mutande, non è un taglio di capelli”. E conclude: “Allora era indispensabile questo ritorno ai punti di partenza: la donna è donna. Se ha il pene, è uomo. La sinistra mondiale se ne faccia una ragione”.
