Storia, tradizione, famiglia e tante altre romanticissime emozioni tutte presenti nello spot della nuova Fiat Grande Panda, rivisitazione in chiave moderna (e Stellantis) dell’iconica auto “italiana”. La pubblicità, girata nei giorni scorsi e che probabilmente verrà svelata in occasione del lancio del modello (quattro luglio), vede la vettura girare per il centro di Torino, la città che ha visto l’azienda della famiglia Agnelli nascere e crescere, dare lavoro a milioni di italiani, solamente per poi sparire. Con la nascita del colosso automobilistico italofrancese che ha inglobato tutti i brand di auto italiani, la piemontesità della più storica delle aziende made in Italy è andata sempre di più a perdersi. E lo spot della nuova Panda, auto che prende vita sulla piattaforma Smart Car, riprendendo le forme e le dimensioni della nuova Citroën C3, sembra essere l’esempio lampante di questa fuga da Torino (e dall’Italia) di Fiat; una fuga che si cerca di nascondere in moto alquanto goffo. Già, l’auto, come anticipato, gira per le strade torinesi, è vero, il progetto è stato disegnato a Torino, ma alla fine, il prodotto verrà realizzato a Kragujevac, in Serbia; non proprio il centro del made in Italy. Sì, stiamo perdendo le auto italiane, o almeno le auto stanno perdendo la loro italianità, addio alla sovranità automobilistica potremmo dire utilizzando un vocabolario meloniano. Ma adesso, grazie a (o per colpa di) Carlos Tavares, amministratore delegato di Stellantis, e John Elkann, presidente, perderemo anche gli operai...
Secondo quanto rivelato da Tobia De Stefano su La Verità, “Stellantis ‘invita’ gli addetti di Cassino e Melfi – storici stabilimenti italiani – a trasferirsi in Francia, nel caso specifico – riporta il giornalista – parliamo dello storico complesso Peugeot di Sochaux, con un’aggiunta di 130 euro lordi al giorno che devono bastare per vitto e alloggio”. Insomma, dal basso Lazio e dalla profonda Basilicata (e non solo), tipo minatori del pre boom economico, gli operai in cassaintegrazione sono chiamati, o meglio ancora “invitati”, alla traversata dello Stivale e alla scalata delle Alpi, tutto questo senza ricevere alcun bonus, come viene ricordato dal quotidiano diretto da Maurizio Belpetro, e per poco più di cento euro (lordi) ogni giorno. Una richiesta che rischia di apparire quantomeno assurda, anche se, sottolinea De Stefano, in questo caso “non c’è nessuna violazione della legge”. Eppure, si tratta di un’altra (l’ennesima) prova della “prevalenza degli interessi della produzione francese rispetto a quella italiana”. Ma l’Italia è veramente diventata la “succursale di Parigi”?