Il ministro della transizione ecologica Roberto Cingolani apre al nucleare, sostenendo che “si stanno affacciando tecnologie di quarta generazione, senza uranio arricchito e acqua pesante. Ci sono Paesi che stanno investendo su questa tecnologia, non è matura, ma è prossima a essere matura. Se a un certo momento si verifica che i chili di rifiuto radioattivo sono pochissimi, la sicurezza elevata e il costo basso è da folli non considerare questa tecnologia”. Cingolani, titolare di quello che fino a poco tempo fa si chiamava Ministero dell’ambiente, ha anche detto che “il mondo è pieno di ambientalisti radical chic ed è pieno di ambientalisti oltranzisti ideologici. Loro sono peggio della catastrofe climatica verso la quale andiamo sparati se non facciamo qualcosa di veramente sensato”. E per il ministro – che già aveva criticato l’impostazione della proposta della Commissione europea sullo stop alla vendita di auto a benzina, diesel, gpl, metano e pure ibride dal 2035 – a quanto pare è sensato pensare di tornare all’energia atomica. Affermazioni in seguito alle quali Giuseppe Conte pretende un chiarimento (Cingolani è teoricamente espressione del Movimento 5 Stelle) e che stanno scatenando reazioni sdegnate su più fronti.
Per il presidente del Legambiente Stefano Ciafani del nucleare di IV generazione si “parla da 25 anni e non se ne è mai venuti a capo” e “restano irrisolti i tre grandi problemi di questa tecnologia: la pericolosità degli impianti, il problema delle scorie nucleare e, infine, i costi esorbitanti. Oggi la tecnologia di IV generazione non esiste e quella di III generazione avanzata, che stanno cercando di costruire i francesi, sono due cantieri infiniti che sono costati quasi 4 volte il costo preventivato inizialmente”.
Problemi che i giapponesi hanno deciso di “risolvere” immettendo in mare l’acqua radioattiva del disastro di Fukushima. Eppure c’è chi ha pensato di applicare la tecnologia nucleare pure alle auto. Certo, eravamo a prima di Fukushima, e pure a prima di Chernobyl, ma viste le esternazioni di qualcuno, e visto che oggettivamente l’alternativa dell’elettrico per tutti appare utopistica, non è detto che certe proposte non possano tornare in auge.
Proposte come quella di Ford, che come la Commissione europea si immaginava un futuro senza auto alimentate a idrocarburi ma, anziché con sole macchine elettriche, con… tante piccole centrali nucleari su quattro ruote. Il sogno della casa di Detroit era la Nucleon, presentata come concept nel 1958, in piena febbre atomica statunitense: nel posteriore almeno in alcune versioni prevedeva le “pinne”, ma soprattutto un piccolo reattore nucleare a uranio, ottenuto dalla miniaturizzazione delle unità montate sui sottomarini.
Per la Nucleon si stimava un’autonomia di circa 8.000 chilometri, dopodiché il reattore sarebbe stato sostituito in blocco: la casa americana prevedeva la futura possibilità di scegliere tra varie power unit, a seconda che il cliente volesse privilegiare la potenza massima o l’autonomia. Come immaginabile, non se ne fece nulla: le criticità erano rappresentate soprattutto dal peso, che sarebbe stato enorme a causa della schermatura necessaria a proteggere gli occupanti dalle radiazioni, e dal rischio in caso di incidente stradale, non certo un’eventualità trascurabile.
La Nucleon non fu un caso isolato: “In quel periodo – riferisce la Gazzetta – altri costruttori si ritrovarono a ventilare la possibilità di produrre in futuro automobili nucleari, convinti che quella atomica sarebbe stata la propulsione del futuro anche nel campo delle quattro ruote. Come le francesi Arbel Symétric e Simca Fulgur o la futuristica Studebaker-Packard Astral, tutte pensate (e poco più…) alla fine degli anni Cinquanta. Anche la Ford, qualche stagione dopo la Nucleon, provò a riproporre il concetto con la Seattle-ite XXI, showcar del 1962 che sognava di rappresentare il futuro dell’auto con le sue sei ruote e la propulsione atomica. Anche lei, come tutte le sue «colleghe» atomiche, non vide mai la luce nemmeno come prototipo funzionante”.