Il ministro dell’ambiente Roberto Cingolani aggiorna in chiave leggermente più ottimistica le proprie previsioni riguardo al futuro della Motor Valley, l’insieme delle eccellenze automobilistiche dell’Emilia-Romagna (e dell’Italia), messe a dura prova dal piano della Commissione europea che prevede lo stop alle immatricolazioni di auto a benzina, diesel, gpl, metano e pure ibride dal 2035. Il ministro, che aveva anche già espresso riserve sui tempi e i modi della svolta elettrica, aveva detto provocatoriamente che così la Motor Valley chiuderà, ma non perde la speranza: “Non scherziamo – la sua dichiarazione a Libero – la Ferrari continuerà a essere il top mondiale. La Motor Valley ha risorse tecniche, inventive, umane e infrastrutturali che le consentiranno comunque di rimanere un riferimento a livello mondiale. Ma per una conversione di questa portata anche a loro servono regole accettabili e i giusti tempi”.
Cingolani sottolinea che “abbiamo una sfida epocale di fronte a noi. Ciò significa che dobbiamo cambiare direzione, e una transizione ecologica implica che dobbiamo riconsiderare le nostre abitudini e il nostro rapporto con l’ambiente, la mobilità, la manifattura, l’utilizzo delle risorse naturali. Dobbiamo farlo in fretta […]. Come è possibile non rendersi conto che queste trasformazioni avranno dei costi da sopportare?”
Riguardo al piano della Commissione Ue, il ministro sottolinea che “sulla necessità che i motori a combustione interna e i carburanti fossili vadano superati siamo tutti d’accordo. Il problema è farlo in un arco di tempo corretto, che consenta di rispettare gli accordi di Parigi senza lasciare tantissime famiglie senza lavoro e nello stesso tempo facendo crescere l’offerta e le infrastrutture necessarie ad una mobilità verde alternativa”.
Inoltre vanno convinti anche gli extraeuropei (l’Italia produce solo l’1% dell’anidride carbonica mondiale, l’Europa il 9%): “Se tutti i Paesi del mondo non contribuiranno convintamente agli obiettivi della decarbonizzazione nei tempi giusti, l’Italia e l’Europa potrebbero subire oltre al danno di un ambiente che continuerà a degradare anche la beffa di aver messo a dura prova il proprio sistema sociale e industriale nel tentativo di invertire la rotta del cambiamento climatico, imponendo costi importanti ai cittadini e alla forza lavoro del sistema economico. Non possiamo morire di inquinamento, ma – conclude Cingolani – neanche di disoccupazione”.