Il sogno green dell’Ue sembra essersi definitivamente spento. Dopo una prima ammissione da parte della Commissione europea, secondo cui non siamo ancora pronti ad abbandonare la benzina come gli altri carburanti tradizionali, adesso, nel corso di una conferenza stampa, è arrivata anche la conferma della Corte dei Conti: “Ridurre le emissioni delle auto? È più facile a dirsi che a farsi perché l’industria europea delle batterie è in ritardo rispetto ai concorrenti mondiali, soprattutto cinesi, e questo rischia di non far raggiungere i target al 2035 fissati da Bruxelles”. Lo rivela Camilla Conti su La Verità, riportando la “raccomandazione” dei magistrati contabili sui vari problemi della transizione, che sembra essere più lontana che mai. “La premessa - scrive Conti - è che per azzerare le emissioni nette entro il 2050 è necessario diminuire le emissioni di carbonio prodotto dalle auto a motore endotermico, esplorare le opzioni di combustibili alternativi (come dettato dall’ultimo G7 sui trasporti, ndr) e favorire la diffusione dei veicoli elettrici sul mercato di massa”; insomma, obiettivi ancora lontani dal concretizzarsi. Inoltre, continua la giornalista, “il Green deal va però conciliato con la sovranità industriale e con l’accessibilità economica per i consumatori. Ebbene - si legge su La Verità -, il primo punto non si è finora concretizzato, il secondo risulta non sostenibile su vasta scala e il terzo rischia di essere costoso sia per l’industria che per i consumatori”. Così, ciò che appariva come una rivoluzione ambientalista, oggi si sta rivelando un “rompicapo per l’Ue”…
I problemi in fin dei conti sono sempre gli stessi, e continuano a rincorrersi in un moto continuo in ogni aggiornamento sul chiacchieratissimo caso delle auto elettriche: prezzi troppo alti e infrastrutture poco sviluppate. Questa volta, però, la Corte dei Conti fa luce anche su un altro aspetto della questione, quella di una possibile invasione della Cina. Il riferimento è sulla produzione delle batterie, di cui, secondo quanto riportato da Camilla Conti, a livello mondiale meno del 10% “è localizzata in Europa e per la maggioranza è in mano a imprese non europee. A livello mondiale - scrive la giornalista -, la Cina rappresenta un impressionante 76%”. Stando alle parole di Annemie Turtelboom, membro della Corte, “la Cina domina il mercato con oltre tre quarti della capacità produttiva globale. Il tallone d’Achille dell’Europa sono le materie prime […] La Ue è fortemente dipendente dalle importazioni insicure, ovvero da un numero ristretto di Paesi con i quali non ha accordi commerciali […] come la stessa Cina” (fonte La Verità). A tutto ciò bisogna anche aggiungere i problemi della bassa domanda e dei punti di ricarica “che sono ancora troppo pochi e distanti”. Insomma, secondo Turtelboom “l’Unione europea deve trovare una risposta convincente se vuole raggiungere i suoi obiettivi e fare della sua politica un successo”. Ma questa risposta ancora non c’è…