Come sono i rapporti attuali tra Usa e Cina? I due Paesi, o blocchi, nell’ultimo periodo hanno intrecciato, almeno a parole, un legame floridissimo, e quindi quasi inesistente. Ma a rompere questo equilibrio costruito sull’indifferenza, seppure di facciata, ci hanno pensato le auto elettriche. Da settimane ormai il presidente a stelle e strisce Joe Biden minaccia sanzioni per bloccare le esportazioni rosse in arrivo nei suoi cinquanta Stati, e altrettanto fa l’Europa; con la differenza, però, che in America le minacce si sono concretizzate, mentre nel Vecchio continente non si sa ancora se ascoltare la Francia o la Germania (mentre l’Italia rimane in silenzio). Comunque sia, è notizia di qualche giorno fa la decisione di Biden di varare, come rivela Alberto Annicchiarico su Il Sole 24 Ore, “dazi pesantissimi (oltre il 100% sulle auto elettriche; 25% sulle batterie; 50% su chip e pannelli solari. Oltre a dazi su prodotti medicali, minerali critici, acciaio)”. Insomma, dalle parole ai fatti. E dai fatti ai blocchi... Infatti, alcuni porti statunitensi in questo periodo sono pieni di automobili, principalmente di marca tedesca, perché colpevoli di avere dei componenti non desiderati, e quindi cinesi; in merito alla legge Uyghur Forced Labor Prevention Act (Uflpa) del 2021. Nello specifico, riporta sempre Annicchiarico, “Bmw ha importato negli Usa 8mila Mini Cooper con componenti elettronici provenienti da un fornitore cinese vietato perché accusato di utilizzare il lavoro forzato”. Ma cosa c’entrano i veicoli tedeschi con il Dragone di Xi Jinping?
Si tratta di una questione molto scottante, ed è proprio questa che ha letteralmente impantanato l’Ue in un’indecisione amletica: “Dazi o non dazi?”. La Francia, infatti, ha paura dei cinesi e spinge l’Unione a prendere dei provvedimenti netti, mentre la Germania, che ha anche il settore automotive più forte del continente, in Cina ci fa affari ormai da quarant’anni, e cerca in qualsiasi modo di frenare l’Europa. L’unica cosa che per il momento ha frenato, però, è l’esportazione dei brand tedeschi sul mercato statunitense; e proprio a causa dei legami con alcune fabbriche cinesi. Comunque sia, si legge sul 24 Ore, “da tempo è in corso uno scambio di accuse e tesi difensive (tra Usa e Cina, ndr). In occidente si ritiene che in quell’area (la regione dello Xinjiang, ndr) si sfrutti il lavoro forzato della minoranza islamica uigura, turcofona, perseguitata nel Paese. Pechino ha sempre respinto le accuse”. Inoltre, secondo quanto scritto da Annicchiarico, non sarebbe coinvolta solamente Bmw, ma anche Volkswagen, “perché in quell’area, nella capitale Urumqi, ha una fabbrica gestita in jv (join venture, ndr) con il colosso cinese Saic - anche se -, ha più volte negato di utilizzare lavoro forzato”. Inoltre, secondo un rapporto, rivela il quotidiano italiano, “Bourns, un fornitore di auto con sede in California, ha acquistato componenti da Sichuan Jingweida Technology Group (Jwd). L’azienda cinese è stata inserita a dicembre nella lista nera Uflpa. Bourns - continua Annicchiarico - ha fornito componenti Jwd a Lear, a sua volta fornitore diretto di Bmw e Jaguar Land Rover […] l’11 gennaio, Lear ha inviato lettere a Bmw, Jaguar Land Rover, Volvo e Vw per informarle dei componenti vietati”. Secondo quanto riportato dal 24 Ore, poi, “a febbraio Volkswagen aveva confermato che diverse migliaia di Porsche, Bentley e Audi erano state trattenute nei porti statunitensi per via di un sottocomponente cinese che violava le leggi contro il lavoro forzato”. Insomma, i dazi americani colpiscono anche i produttori tedeschi; e intanto lo scontro (commerciale) tra il blocco occidentale e quello orientale cresce sempre di più.