Dopo anni di politiche ambientaliste, di restrizioni, di regole contro le vetture termiche e vecchie, una sorta di apartheid automobilistica volendo estremizzare la situazione, e di minacce come il famigerato 2035, adesso arriva la conferma: il green potrebbe essere solo una favoletta. Sì, inizia pure con uno dei classici dei “c’era una volta”, ma qui manca il lieto fine; e più che lieto sembra diventare sempre più pessimistico. Infatti, secondo uno studio dell’Arpa, ovvero l’agenzia regionale della Lombardia per la protezione dell’ambiente, “a inquinare di più non è il motore a combustione ma le particelle che si propagano nell’aria a causa dell’usura dei freni, degli pneumatici e dell’asfalto”. A riportarlo è Maurizio Belpietro su La Verità, anche se MOW aveva riportato la questione mesi fa, in un articolo in cui, ricerca ufficiale alla mano, mette in serio dubbio le auto elettriche e le loro finalità, prendendo come esempio quanto sta accadendo ormai da anni a Milano. Infatti, scrive il direttore del quotidiano, “da tempo nella città lombarda le vetture non sono tutte trattate nello stesso modo. Mentre quelle più vecchie sono costrette a restare al confine della metropoli, in quanto ritenute colpevoli della cattiva qualità dell’aria, e le altre possono accedere al centro solo previo pagamento di un ticket, quelle elettriche sono libere di scorrazzare senza versare neppure un centesimo nelle casse comunali. Peccato che - continua il giornalista -, leggendo i dati dell’Arpa, si giunga a una semplice conclusione”…
Insomma, secondo la tesi di Belpietro, “se le emissioni più inquinanti sono quelle dovute all’usura dei freni, degli pneumatici e dell’asfalto, le auto a batteria rischiano di aggravare la situazione più di un normale veicolo con motore a combustione”. La ragione si cela sul peso di questi mezzi. Le Ev (electric vehicle), a causa della presenza delle batterie, aumentano sensibilmente il loro carico; tant’è che, si legge su La Verità, “anche le utilitarie pesano abbondantemente più di una tonnellata, cioè superano una qualsiasi concorrente con il motore termico. Per garantire l’energia prodotta da un chilo gasolio - scrive il direttore del giornale - servono 30 chili di batteria, spiegano gli esperti”. Questo studio, che arriva proprio dalla Lombardia, diventa un assist per Belpietro per prendere di mira, ancora una volta, quelli che lui chiama “gli ayatollah della religione green, dei quali fa parte anche il sindaco Beppe Sala”, visto che, si riporta La Verità, “a Milano l’aria che si respira è peggiorata invece che migliorare, fornendo dunque una dimostrazione pratica dell’inutilità delle politiche rosso-verdi”.
E a proposito di rosso. La scelta cromatica e l’argomento non fa altro che riportarci alla Cina; forse il più grande colosso del green presente oggi nel mondo. Ecco, il Dragone ha intenzione di diventare sempre più grande su questo campo, e, secondo quanto riportato da Camilla Conti (La Verità), adesso “punta a monopolizzare una nuova industria ‘green’ uccidendo ogni velleità europea”. Insomma, Xi Jinping ora vuole puntare sul mercato del riciclo delle batterie, di cui “il vero valore […] risiede nei loro materiali […] in media - scrive la giornalista -, i minerali delle batterie di ogni Ev valgono fino a 1.700 dollari”. Comunque sia, questo mercato sembra attrarre anche gli Usa, si prevede un nuovo scontro tra i due blocchi? Dopo le minacce di nuovi dazi sui prodotti cinesi, adesso gli Stati Uniti hanno lanciato un monito all’Italia che sembra essere intenzionata a legarsi al Dragone facendo entrare nel Belpaese un produttore rosso; ricordiamo che da settembre negli stabilimenti Stellantis verranno prodotte le auto di Leapmotor. Comunque sia, riporta sempre Camilla Conti, il vice portavoce del dipartimento di Stato Vedant Patel ha detto che “gli Usa danno il benvenuto agli investimenti e agli scambi che promuovono una crescita e uno sviluppo sostenibile e responsabile, ma chiediamo in tutti i casi la necessità di enfatizzare la trasparenza finanziaria, pratiche sostenibili e la protezione della sicurezza nazionale e dei dati per assicurare benefici agli Stati Uniti, all’Italia e alle altre parti. E questa - ha concluso Patel - è una cosa che non abbiamo sempre visto negli investimenti e nelle pratiche commerciali della Cina”.