Sembra strano, ma il già precario equilibrio tra Cina e occidente è tutto nelle mani delle auto elettriche. Un vero e proprio pomo della discordia che negli ultimi anni ha fatto litigare praticamente tutti i politici, e continua a farlo, che ha fatto dannare alcuni automobilisti, e che ha rappresentato per tutti i cittadini europei un sogno (forse) infranto. Sì, perché l’obiettivo 2035, che prevede la totale transizione del parco auto del Vecchio continente, non è mai stato così incerto. Ma quel che è ancora più importante è che il settore dell’automotive rischia di innescare una (nuova) guerra commerciale tra i due blocchi, usando un lessico da guerra fredda. Da questa parte del mondo, infatti, si punta il dito verso una presunta concorrenza sleale da parte dei cinesi per quanto riguarda certe metodologie di produzione, che comporterebbero una sovraccapacità e una possibilità di vendere delle vetture a basso costo; molto più basso rispetto agli standard europei e statunitensi. Proprio per questa ragione, rivela Sergio Giraldo su La Verità, “il presidente degli Stati Uniti Joe Biden […] mira a introdurre dazi e restrizioni all’importazione di prodotti provenienti dalla Cina, segnatamente auto elettriche, batterie, pannelli solari e conduttori […] secondo alcune fonti un annuncio ufficiale in tal senso potrebbe arrivare già dalla settimana prossima”. Una preoccupazione non nuova per il presidente democratico, che già in precedenza aveva cercato di allarmare i propri cittadini (e non solo) del pericolo cinese. Gli americani, dunque, invocano i dazi; e lo stesso fanno gli europei…
Infatti, l’Ue sembrerebbe essere in linea con il pensiero di Biden; e addirittura “a ottobre - si legge sul Sole 24 Ore -, la Commissione ha avvitato un’indagine sulle sovvenzioni elargite da Pechino: entro il 5 giugno potrebbe arrivare la proposta di applicare dazi, che potrebbero essere imposti entro il 4 luglio”. A questo proposito, la presidente della Commissione Ursula von der Leyen, pochi giorni fa ha detto che “quello che non ci piace è che la Cina inondi il nostro mercato con auto elettriche sovvenzionate in modo massiccio. Dobbiamo proteggere la nostra industria”. E quindi si prevedono misure speciali spalleggiate anche dall’Europa; eppure, non tutti sembrano condividere questa decisione, soprattutto le case automobilistiche tedesche. Secondo Ola Källenius, capo di Mercedes-Benz, “non pensiamo che la nostra industria abbia bisogno di protezione”, mentre Thomas Schäfer di Volkswagen teme il rischio di “ritorsioni” (fonte Sole 24 Ore). Questa avversione, spiega il giornalista Gianluca Di Donfrancesco del quotidiano economico-finanziario italiano, si lega al fatto che i suddetti produttori “dipendono dalla Cina per una parte significativa delle loro vendite e dei loro profitti”. Non è da meno Bmw, colosso con sede a Monaco di Baviera, che sta per lanciare sul mercato un nuovo modello realizzato proprio nella casa del Dragone. Si tratta della quinta generazione della Mini Cooper (Mini è uno storico brand britannico ora parte del Gruppo Bmw), ora totalmente elettrica; che, rivela Simonluca Pini sul 24 Ore, è “prodotta in Cina sulla piattaforma Spotlight Ev, creata grazie alla joint venture con la cinese Great Wall”. Da una parte si urla ai dazi, dall’altra, invece, si consegna parte della storia automobilistica europea direttamente nelle mani di Xi Jinping.