L’auto italiana è finita? Per molti sì, e da tempo anche. Vale a dire da quando è nato il colosso italo-francese (molto più francese che “italo”) Stellantis, che ha letteralmente inglobato tutti i nostri marchi; e quindi anche la nostra sovranità automobilistica. Tante sono le questioni da mettere sul piatto, dalla delocalizzazione alla cassa integrazione degli storici stabilimenti ex Fiat, eppure il colpevole non è soltanto John Elkann (presidente del gruppo industriale). Infatti, nonostante i grandi slogan degli scorsi giorni, soprattutto quello della Lega di Matteo Salvini che in vista delle europee di questa estate recita “a difesa della casa e delle auto degli italiani”, Il Fatto Quotidiano rivela come “quattro ministri, da qualche settimana, girano a bordo di Xc40 nuove di zecca”. Si tratta di vetture del brand svedese (ma di proprietà cinese) Volvo, dei Suv ibridi che potrebbero rappresentare una sorta di imbarazzo per la classe dirigente. Prima di tutto perché questo marchio spinge verso l’elettrificazione, “soltanto due giorni fa - si legge sul quotidiano diretto da Marco Travaglio - festeggiava un aumento del 53 per cento sul 2023 della vendita di veicoli a trazione completamente elettrica o ibrida plug-in”, insomma, un pensiero non proprio in linea con quello del nostro Governo. Inoltre, le immagini di Giorgia Meloni che assume l’incarico di Presidente del Consiglio a bordo di una Fiat 500X, o dell’Alfa Romeo Giulia sfoggiata il giorno del passaggio di campanella sembrano ormai lontane. E poi bisogna anche tenere conto della fine della cosiddetta Via della Seta, ma a quanto pare, commentano Giacomo Salvini e Paola Zanca sul Fatto, la premier “deve aver valutato che 7 Suv da oltre 30 mila euro l’uno possano essere una buona base di ragionamento per far ripartire i rapporti con Pechino”. Queste vetture sono state consegnate in comodato d’uso gratuito che “avrà una durata di due anni al termine dei quali le auto dovranno essere restituite”. A giovare delle Volto, i nomi sono riportati sul Fatto, sono “il ministro per i Rapporti con il Parlamento Luca Ciriani, la ministra per le Disabilità Alessandra Locatelli, quella della Famiglia Eugenia Roccella e infine il titolare dello Sport Andrea Abodi”. Qui però ci stiamo dimenticando del punto principale della questione: le auto sono cinesi a tutti gli effetti…
Infatti, continuano i due giornalisti, un altro paradosso riguarda il G7, in cui “saranno discusse anche le contromisure da prendere di fronte all’espansionismo cinese […] I ministri dell’esecutivo italiano si presenteranno con auto proprio di provenienza cinese alla vigilia di una possibile guerra commerciale con Pechino”. Sì, perché la classe dirigente viaggia a bordo di auto cinesi (gratuite), ma intanto a queste dichiara guerra; perlomeno a parole… Sempre sul Fatto Quotidiano, in un articolo a firma di Omar Abu Eideh, si parla della “presunta concorrenza ‘sleale’ della Repubblica Popolare, che consente alle vetture Made in China di arrivare nel Vecchio continente a prezzi più competitivi rispetto a quelli dei prodotti europei”. Proprio per questa ragione l’Ue aveva avviato un’indagine per fare luce sulla questione. Ursula von der Leyen ha affermato che “attualmente la Cina produce, con massicci sussidi di Stato, più di quanto vende a causa della debolezza della sua domanda interna […] ciò sta portando a un eccesso di offerta di beni cinesi sovvenzionati, come i veicoli elettrici e l’acciaio, che si traduce in un commercio sleale”. Per tamponare questo fenomeno, quindi, l’Europa ha pensato a dei dazi aggiuntivi, con delle “tariffe doganali - si legge sul Fatto - fino al 30% (oggi sono al 10%)”. La Francia, invece, si è mossa autonomamente optando per un’altra soluzione: “La formula degli incentivi all’acquisto varata da Parigi, infatti - rivela Abu Eideh -, tiene conto di fattori come le emissioni dei trasporti marittimi utilizzati per le importazioni in Europa o del tipo di energia utilizzata per le attività industriali […] il meccanismo, in definitiva, finisce per escludere dagli incentivi le auto cinesi e privilegia quelle di produzione europea”. È questa la strada da seguire?