Germi è uno di quei locali a Milano (positivamente) quasi fuori dal tempo: si sente la presenza di Manuel Agnelli (che ha aperto il locale nel 2019) e si respira quell’aria a metà tra pub irlandese e caffè letterario. E qui che incontriamo Lorenzo "Lore" Marchesi e Roberta “Roby” Rota, due delle anime dei Folkstone, pronti a raccontarci il loro nuovo album “Natura morta”. Un disco che arriva dopo anni e un concerto di reunion e che racchiude l’essenza del gruppo, malinconico e sincero, potente e vibrante di energia, con diverse collaborazioni che raccontano le loro varie sfaccettature. Ecco cosa ci hanno raccontato, tra nuova musica, tre date al Legend Club di Milano (28, 29 e 30 marzo, tutte sold out) e possibili collaborazioni inaspettate.

Negli ultimi anni esce tantissima musica ed è sempre difficile da una parte per chi ascolta, dall’altra per gli artisti, che sembra non possano mai fermarsi. I Folkstone tornano dopo una lunga pausa, che significa ha per voi?
Lorenzo "Lore" Marchesi: “Natura morta” per noi è il riassunto di tutti questi anni. C’è dentro il nostro modo di vedere il mondo e la nostra vita. È una cosa grossa pubblicare un disco, tra l’altro di sedici tracce…
Roberta "Roby" Rota: È quasi fuori moda (ride, ndr.)
LM: Chi è che pubblica un doppio album? Non esistono più.
Ma anche, oggi, chi è che pubblica una traccia che dura più di due/tre minuti?
LM: Sì, esatto. Noi ci siamo sentiti di pubblicare questo disco e l’abbiamo fatto. Per noi conta tanto e come al solito siamo fuori moda (ride, ndr.), ma è nato da un’esigenza creativa dopo una lunga pausa e un concerto di reunion strepitoso ci è venuto naturale di farlo. Ci siamo sentiti non dico in dovere, ma pensavamo fosse giusto pubblicare un album a cui dedicare il giusto tempo.
Beh la musica è proprio creatività, ed è un aspetto che tornando al discorso sul tempo a volte viene anche messo da parte. Anche la copertina del disco racconta una storia in questo caso.
RR: È fondamentale, perché lavoriamo in modo passionale e viscerale, ci teniamo e vogliamo che sia fatto tutto come lo abbiamo nel cuore. Non avrebbe senso fare musica seguendo dei dettami imposti, anche perché veniamo dall’underground, che senso avrebbe? Possiamo esprimerci come vogliamo ed è una fortuna.
A oggi può avere sicuramente lati negativi, ma vuol dire anche slegarsi da alcune dinamiche del mercato discografico, anche un po’ tossiche. Per quanto riguarda le date al Legend, tutte sold out: è uno dei locali che ha resistito al Covid e che ancora permette a tanti artisti di esibirsi. Cosa significa per voi suonararci? C’è qualcosa che dopo tanti anni vi emoziona ancora quando vi esibite dal vivo?
RR: Quando hai davanti un pubblico che canta quello che hai scritto. Ti viene da pensare “l’ho scritta quel giorno, chissà dove” e ti riempie l’anima. Questo penso non abbia eguali nei live.
LM Poi tra l’altro abbiamo fatto sold out ancora prima che uscisse l’album, quindi è tutto sulla fiducia. Se andrà male caz*i loro, ormai è fatta (ride, ndr). Scherzi a parte, è una dimostrazione d’affetto non indifferente. Abbiamo anche voluto allestire una mostra che ripercorre tutta la nostra storia: ci saranno dipinti che hanno portato alla creazione delle copertine, un po’ di cimeli e aneddoti che raccontano i nostri 20 anni.

In “Natura morta” ci sono diverse collaborazioni, dai Punkreas ai Modena City Ramblers. Come sono nate?
RR: I brani erano già stati scritti e ci piaceva inserire delle collaborazioni perché danno un tocco in più al progetto. Tra i vari gruppi che hanno influenzato la nostra vita e con cui sentivamo delle affinità abbiamo pensato per il comparto folk ai Modena, perché abbiamo diverse affinità come approccio culturale alla musica.
LM: C’è anche la nostra anima punk con i Punkreas, con cui abbiamo anche fatto delle date in estate. Per la parte più metal abbiamo pensato a Trevor dei Sadist, perché incalzava bene su qu “Mediterraneo”. Ci sono tutte le nostre influenze, insomma.
Se doveste pensare a un artista o un gruppo lontanissimo da voi con cui collaborare, chi sarebbe?
LM: Francesco Guccini.
RR: Beh è completamente opposto.
Una voce fuori campo dice La Sad.
LM: Non saprei, ci potrebbe stare, ma lì vedo veramente distanti loro dal nostro mondo.
Beh nella musica ci sono anche collaborazioni assurde.
RR: Per un incontro ravvicinato del terzo tipo bisognerebbe pensare a qualcuno del mondo dance.
E sempre fuori campo dicono: Gigi Dag.
LM: Non penso proprio che riusciremmo a trovare una quadra con Gigi Dag (ride, ndr.)

