Sarà che ha fatto 70, ma la tv non si sente tanto bene. Ieri sera è andata in onda l'atteso programma La tv fa 70, condotto da Massimo Giletti. Nelle intenzioni c’era l’idea di celebrare l’anniversario del piccolo schermo, nei fatti però, è stato un infinito talk-show sulla tv. Sarà che la sigla di Canzonissima nei promo ci aveva illuso, sarà che a sentire quelle note ci è presa la nostalgia per le “mille luci” del varietà, ma ci siamo accorti presto che la promessa era stata disattesa: quella trasmessa da Rai1 non era una festa. Tanti gli ospiti, molti i filmati d'epoca e una durata protrattasi oltre l'una e mezza di notte. La tv fa 70 è stato in effetti un lungo parlare, ma con poco intrattenimento. Fuori di polemica, un appunto, perché parlare de La tv fa 70 è impossibile senza affrontare il proverbiale elefante nella stanza. Nello specifico, l'elefante è il seguente: Giletti, pur avendo fatto in passato anche programmi di intrattenimento, come ad esempio Mattina in famiglia e Domenica In, negli ultimi anni era impegnato in talk-show dai temi molto più politici, dove all’occorrenza scoppiavano anche liti. Ora, senza nulla togliere alla sua professionalità, ma il passaggio diretto a una conduzione tanto diversa era l'equivalente di un triplo salto carpiato con avvitamento. Vi è poi un altro elemento: questo per Giletti è stato un ritorno da “mamma Rai”, per cui non ha nascosto l'emozione. Nel 2017 il giornalista era infatti passato a La7, ma i contrasti con la dirigenza dell'epoca erano stati accesi, tanto che la contrapposizione venne rimarcata intitolando il nuovo programma Non è l’Arena. Dopo sette anni fuori dall'azienda, rientrare proprio con lo show che dovrebbe celebrarla, rende l'intera operazione poco credibile.
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Inserendo quindi La tv fa 70 in questo contesto, si capisce meglio perché l'operazione non sia riuscita. La trasmissione è stata impostata come un talk-show in cui gli ospiti, anziché parlare di attualità e politica, hanno ricordato i bei vecchi tempi. Ogni tanto, qualche intermezzo musicale con Gaia, Noemi, Claudia Gerini, Colapesce e Di Martino, Serena Rossi e Francesco Gabbani che hanno cantano le sigle storiche. Hanno però pesato i blocchi registrati, anche perché hanno tolto spontaneità al tutto. Pesanti sono state anche le assenze celebri e molti intermezzi sono apparsi solo di passaggio: un breve filmato di Milly Carlucci e Mara Venier a Domenica In, il nome di Enzo Tortora appena accennato, uno risicato spazio per ricordare Piero Angela. Non pervenuti il ruolo educativo della tv in bianco e nero e nessuna traccia degli storici sceneggiati. Gli ospiti si sono susseguiti in piccoli gruppi condividendo qualche aneddoto: Pippo Baudo ha raccontato che Sharon Stone una volta cercò di sedurlo; Renzo Arbore ha precisato che il talk-show nella tv italiana ce lo ha portato lui e non Maurizio Costanzo. E sempre a proposito di Costanzo: Maria De Filippi si è collegata dallo studio di Amici, con tanto di banchi sullo sfondo. Ne è seguito un blocco dedicato al marito senza però che la De Filippi, conduttrice di Sanremo insieme a Carlo Conti nel 2017, nominasse mai minimamente la sua esperienza in Rai.
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In generale, la lunghezza non ha aiutato, anche se a volte si rivela utile per guadagnare qualcosa in termini di share. In compenso, si è scherzato molto su Giletti, come prossimo timoniere di Sanremo. La parte conclusiva è stata dedicata all'editto bulgaro del 2002: quando Biagi, Santoro e Luttazzi furono buttati fuori dalla Rai. Prima di chiudere, Vespa è riuscito a dire giusto in tempo che la censura è sempre sbagliata - non sia mai - però anche che Berlusconi era proprio preso di mira. È finita dunque così La tv fa 70, in attesa che l'omaggio alla storia della Rai si completi con le due puntate del Rischiatutto di Carlo Conti. Durante gli intervalli pubblicitari è andato anche in onda il promo di Porta a Porta, con i temi più “scottanti”: la separazione Fedez-Ferragni, il calo dei follower, il divorzio Ilary Blasi-Totti. A pensare che una volta lo studio di Vespa era la “terza Camera” del Paese, e che lì Berlusconi firmava il patto con gli italiani, viene in mente il maestro Manzi di Non è mai troppo tardi. Verrebbe da dirgli che adesso si, adesso è troppo tardi.
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