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Ehi, Ghali, ma dov'è finito il genocidio? Da Fazio a “Che tempo che fa” si parla della guerra a Gaza, ma sparisce la parola usata a Sanremo e a Domenica In: perché?

  • di Carlotta Casolaro Carlotta Casolaro

19 febbraio 2024

Ehi, Ghali, ma dov'è finito il genocidio? Da Fazio a “Che tempo che fa” si parla della guerra a Gaza, ma sparisce la parola usata a Sanremo e a Domenica In: perché?
Nella puntata di “Che tempo che fa” di Fabio Fazio sul Nove, tra le dichiarazioni dell’alieno Rich Ciolino e di Ghali, contro la guerra e Massimo Giannini che punta il dito contro Putin per la morte di Aleksej Navalny, è sfuggita una cosa: perché Ghali non ha usato la parola genocidio come a Sanremo e a Domenica In di Mara Venier?

di Carlotta Casolaro Carlotta Casolaro

Tra Ghali e Rich Ciolino, chi è che fa più notizia per le sue dichiarazioni? Lo ha svelato ieri Fabio Fazio a Che tempo che fa, quando Rich Ciolino si avvicinato al suo orecchio. L'alieno amico di Ghali, presente anche sul palco dell'Ariston durante la 74esima edizione di Sanremo, si è avvicinato all'orecchio del conduttore e gli ha sussurrato qualcosa che i microfoni non hanno colto. Ci ha pensato Fazio a svelare “il segreto” di fronte a tutta Italia, raccontando come l'alieno abbia articolato lo “Stop al Genocidio” di Ghali. Stop alle guerre, stop ai respingimenti, stop alle ingiustizie e stop a quelli che dicono aiutiamoli a casa loro, stop, stop, stop: “Grazie Rich”. Una frecciatina non troppo velata all'attuale Governo con quel tristemente celebre “aiutiamoli a casa loro”, la guerra degli slogan nella quale a vincere era la propaganda dei poteri forti, non i deboli assediati dalla violenza. Eppure, nonostante Ghali abbia sempre usato il termine “genocidio”, durante la puntata di Che tempo che fa non usa mai questo termine. Come mai? Forse una precauzione di Fazio? Polemiche a parte, il messaggio di Rich Ciolino, che poi non è altro che l'estensione delle dichiarazioni di Ghali, dimostra quanto l'artista sia un politico più attivo dei politici. Divulga messaggi attraverso le sue canzoni, mette in dubbio la credibilità del servizio pubblico della Rai, confonde gli slogan dei politici attraverso messaggi subliminali che arrivano dritti al pubblico a casa, ribaltando anni di convinzioni e convenzioni ideologiche. Qualche giorno prima dell'ospitata da Fabio Fazio, Ghali aveva anche condiviso su X un tweet interessante sulle polemiche post-Sanremo: “Quando penso che va tutto bene nella mia vita mi ricordo che nel mondo c'è qualche problema che non posso ignorare: non chiamatelo Caso Ghali, per me era solo il caso di parlarne”. Ha poi commentato da Fazio che “l'arte oggi è l'unico modo che abbiamo per impreziosire il dolore dei più deboli”. E tuttavia, non si è limitato solo a parlarne: lo ha dimostrato. Ha sfruttato il successo per permettere agli spettatori di uscire dalla mediocrità della politicizzazione dei conflitti nel mondo, aprendo una grande parentesi (mai aperta prima d'ora da un artista del suo calibro) sulla guerra Israelo-palestinese. Ma il suo non è un attacco ad Israele, quanto più un attacco a chi, sia nella politica che in televisione, si rifiuta di parlare della controparte del conflitto. Come se non esistesse. Come se, pur esistendo, tutto ciò che viene ammazzato non avesse mai avuto vita.

“Perché Ghali è un artista così amato dai giovani? Così famoso. Soprattutto dopo Sanremo, hai avuto il boom” ha chiesto Fazio. “Sono riuscito con tanta fatica a uscire dalla mediocrità. Non è stato facile, ma qualcuno doveva parlare della questione. Ho sempre cercato di combattere le disuguaglianze e questo è un valore che mi ha trasmesso proprio mia madre. Non so se l'ho mai detto, ma il nome di mia madre significa speranza. Porta un significato bellissimo, nel quale io per primo voglio credere”. Tra l'altro Ghali, per il suo impegno pro-migranti, è stato inserito nel 2023 dal Time come una delle cento personalità che potrebbero cambiare il mondo. In una società sempre più interconnessa, il rapper italo-tunisino utilizza la sua espressione creativa come punto di forza per il dialogo su temi di rilevanza sociale e politica. Il fulcro dell'intervista di Fabio Fazio è la contraddizione del nostro tempo riguardo il concetto di pace. Da bambini a scuola ci insegnavano che la pace è l'obiettivo supremo dell'umanità mentre ora, se un artista esprime un desiderio di pace su un palco importante come quello dell'Ariston, quell'obiettivo supremo tramuta in oggetto di polemica. Ma Ghali non demorde e asserisce prima di tutto quanto il suo impegno verso le diseguaglianze rimanga saldo. “Dopo la tua partecipazione a Sanremo il pubblico ha iniziato a vederti sotto una nuova luce. Ha pensato a Ghali come un artista autentico”. Ghali ribatte che il successo può essere un'arma a doppio taglio: da un lato gli ha dato grandi soddisfazioni, ma dall'altro lo ha sopraffatto, facendogli perdere il “contatto” con le cose vere della vita. Quelle importanti. Piccole, sempre presenti. Ma Fazio non si “accontenta” delle difficoltà personali di Ghali e alza l'asticella. Affronta un tema di grande attualità, ovvero le prese di posizione della Rai circa i temi della canzone Casa Mia. La critica è sottile, ma abbastanza evidente da cogliere l'attenzione dell'artista, che mostra sconcerto per come l'ente pubblico ha gestito con insensibilità i temi trattati nel suo pezzo. Ma, di nuovo, perché non parlare di genocidio come fatto a Sanremo o a Domenica In? Al di là di questo, va ricordato anche l'impegno di Ghali nel donare un gommone a Mediterranea Humans, un'organizzazione no-profit dedicata al salvataggio dei migranti in mare, che dimostra come le sue canzoni siano un racconto concreto di gesti a favore del cambiamento di prospettiva.

Ghali e Rich Ciolino
Ghali e Rich Ciolino

Fazio ha toccato, nel corso della puntata di ieri sera, anche altri argomenti di attualità, come la morte di Aleksej Navalny, “caduto dalle scale”. Massimo Giannini, ormai ospite fisso a Che tempo che fa, si è espresso in maniera particolarmente dura sull'accaduto, arrivando a puntare il dito contro Putin. Giannini, nonostante la tragicità dell'evento, non ha risparmiato una nota sarcastica. Ha azzardato il parallelismo tra l'attivista dissidente russo Navalny e Stefano Cucchi, che venne ammazzato di botte dai carabinieri: “Questo è un omicidio di Stato, l'ennesimo” ha dichiarato l'editorialista di Repubblica. “Qualcuno in occidente penserà ingenuamente che sia stato un incidente” e, per definire questo “qualcuno”, cita una certa parte politica in Italia che crede nell'innocenza del leader del Cremlino. “La verità è che i danni del Cremlino li sapremo in seguito, ma intanto è evidente che quest'uomo abbia subito un trattamento violento, dati i lividi presenti sul corpo. Non può essere certo stato colpito da una sindrome da morte improvvisa”. L'intervento di Massimo Giannini si conclude con il ricordo di Anna Politkovskaja del 2006, uccisa nel giorno del compleanno dello Zar come “regalo da parte di un sicario” e dell'omicidio di Aleskandr Litvinenko, un ex agente dei servizi segreti russi che poi si distanziò dall'ideologia del regime.

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