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Abbiamo ascoltato Tall Tales, il nuovo disco di Thom Yorke e Mark Pritchard, ma com'è? Perché questa diavoleria aliena di musica elettronica dovrebbe interessarci? Perché siamo ancora umani...

  • di Emiliano Raffo Emiliano Raffo

17 maggio 2025

Abbiamo ascoltato Tall Tales, il nuovo disco di Thom Yorke e Mark Pritchard, ma com'è? Perché questa diavoleria aliena di musica elettronica dovrebbe interessarci? Perché siamo ancora umani...
“Tall tales” rischia già di essere uno dei tre dischi del 2025. Potrebbe farci paura, ma non è il caso, dai. Tuffiamoci di testa (e cuore) in questo progetto tipicamente Warp ed evitiamo, per una volta, di parlare di “distopia”. Qui Thom Yorke e Mark Pritchard suonano “fuori da questo mondo”, ma in realtà, in questo nuovo mondo, ci sono immersi fino al collo, IA compresa. E ci raccontano com’è…

di Emiliano Raffo Emiliano Raffo

Perché mai, nel 2025, l’anno in cui la IA è diventata “huuuge”, un progetto che vede allineati Thom Yorke (sì, sempre lui; non sta mai fermo), Mark Pritchard (sì, lui, quello di Global Communication) e Jonathan Zawada (lui, australiano, lo conosciamo meno, ma è un visual artist pauroso) dovrebbe farci sobbalzare? Non le abbiamo viste e sentite ormai tutte? Non è ingenuo credere che questo nuovo “Tall tales” su etichetta Warp (sì, quelli che vengono dagli electronic 90’s ma non invecchiano mai) possa stupirci? Beh, finché le orecchie che ascoltano e gli occhi che guardano saranno umani ci sarà margine per stupirsi. “Tall tales” – fortemente consigliato il vinile in edizione deluxe con libro annesso – è quello che in anni ormai lontanissimi si sarebbe potuto definire un concept-album. Oggi che “concept” e “album”, messi assieme così, formano una coppia di parole potenzialmente ammoscianti (“dio mio, sarà mica un pacco eh?!”), nessuna mente prestata al marketing lo pubblicizzerà mai come tale, ma in fondo di questo si tratta.

Elettronica + Thom Yorke? Già sentita, ‘sta cosa, ma in questa circostanza l’algido e a tratti sinistro vestito musicale (battiti, pulsazioni, tappeti, effetti) è firmato da Mark Pritchard, 50% di quei Global Communication che nel 1994 pubblicarono il capolavoro ambient “76:14”. E gli elementi visivi – ammirate la rappresentazione del mondo contenuta in “Gangsters” – da Jonathan Zawada, per nulla spaventato dall’idea di plasmare, a colpi di computer grafica, un’estetica folle e fiabesca da cui emerge anche l’arte proto-surrealista di Hieronymus Bosch. Tutto troppo intellettuale e prevedibilmente “immersivo”? No. Oddio, se per voi i Coma Cose sono già “un po’ troppo avanti, così finemente provocatori”, allora lasciate perdere, ma siamo umani, no? Quindi un paio di cuffie sulle orecchie e una notte buia che sa di sogno sbilenco mica possono farci paura, vero? O il video di “This conversation is missing your voice”, nella sua alenante ripetitività, con quel dannato nastro trasportatore che non si ferma mai, ci fa forse un po’ paura?

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La copertina dell'album "Tall tales". Consigliatissima la versione deluxe del vinile

Immergetevi, su, senza timore. Tanto già lo sappiamo che “tutto è fuori dal nostro controllo”. Magari sentircelo dire/cantare da Thom Yorke in “The white cliffs” può regalarci un quid di inquietudine in più, ma dovremo ben affrontarla la luce abbacinante di questo nuovo mondo, no? “Tall tales” è un disco profondamente umano, dove “umano” non è aggettivo che, in modo meschino, richiama a sé concetti quali “suono vero”, “suono organico”. L’umano, qui, è colui che traduce l’amorfo presente imponendo alla propria anima e alla propria coscienza di inforcare occhiali dotati di lenti ultrasottili e ultra-precise. L’umano sfida sé stesso mostrando, in tempi più che mai complessi, la propria capacità di “sentire”. Anche oggi. Anche in questo mondo. Anche se utilizzatore, vittima o complice di macchine e macchinari. “Tall tales” è piacevolmente straniante e allucinante, in "Wandering genie" Yorke e compagnia tirano quasi ai Velvet Underground. Ci sentirete dentro i primi Kraftwerk, frammenti di industrial wave anni ’80, gocce di retrofuturismo minimal, battiti tech-ambient sulla voce talvolta lontana, talvolta melodica, talvolta stranamente intima di Thom Yorke. Il risultato? Un ossimoro appassionante. Il gelo di “Tall tales”, in certi momenti, è caldo, persino avvolgente.

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