Non è una semplice collaborazione, né un progetto laterale. Thruppi è l’incontro tra due mondi che condividono più di quanto la distanza anagrafica farebbe pensare: da un lato Giovanni Truppi, figura centrale del cantautorato italiano contemporaneo, dall’altro alcuni dei membri più ispirati di Thru Collected, collettivo napoletano nato nei margini dell’indie, ma da subito incline a scavalcarne i confini. Il risultato è un disco ibrido, spigoloso, necessario: sette brani che tengono insieme generazioni, estetiche e ferite in un unico corpo vivo e instabile.
Il progetto nasce in modo spontaneo, a partire da un primo incontro umano e artistico avvenuto nel contesto del podcast Infinite Possibilità per Esseri Finiti di Truppi, e si sviluppa in una serie di session tra Napoli e Roma, dove si scrive e si registra senza gerarchie, in un processo davvero collettivo. La struttura dell’album ne risente in senso virtuoso: Thruppi non è un disco di Truppi “con” degli ospiti, ma una scrittura a più mani che affonda in un’identità comune.
Musicalmente, l’album è stratificato. Fondendo cantautorato, spoken word, rap, noise e punk, i brani oscillano tra delicatezza e distorsione. Non c’è mai un centro chiaro: i piani sonori si incrociano, si disturbano, si completano. I cori si accavallano ai synth, la voce diventa spesso uno strumento emotivo più che narrativo. È un disco disomogeneo per scelta, in cui la coerenza sta nella frizione interna più che nella forma.
I testi sono uno degli elementi più potenti dell’opera. Alternano italiano e napoletano con una naturalezza che riflette il vissuto urbano e generazionale degli autori. In “Napoli città di morte”, la città diventa scenario esistenziale e psichico, luogo di crescita e sofferenza, bellezza e perdita. Le immagini sono asciutte ma precise: “un bel cazzo di niente la vita ti ha lasciato” – una frase che brucia e rimane.

Ogni brano è un passaggio. “Denti perfetti” affronta la violenza passiva della borghesia con uno sguardo lucidissimo, quasi sociologico, che si apre a una ferita personale. “Buianotte” è una canzone d’amore dolente e visionaria, in cui la paura della perdita si trasforma in desiderio di fusione, anche attraverso immagini iperrealiste (“i nostri sangui si uniscono dentro le pance delle zanzare”). “Nero” è un inno al disorientamento emotivo, dove la voce sembra tremare in una notte interiore che non si dissolve.
In “Vecchie fiamme”, il tono si fa più narrativo: è la storia di un lutto che filtra attraverso l’ossessione per la memoria, per le cicatrici familiari, per un padre che “anche adesso che è morto […] continua a comandare”. Truppi e i Thru Collected si spingono qui verso un lirismo brutale, mai retorico, capace di condensare nella semplicità delle frasi un intero mondo emotivo. L’ultimo brano, “Sir Pente”, chiude il disco in modo disturbante e ipnotico, evocando un amore che è serpente, soffocamento e libertà allo stesso tempo. Non c’è catarsi, ma solo consapevolezza: il dolore non si supera, si attraversa.
Thruppi è un disco senza compromessi. Non cerca l’accessibilità, non semplifica, non rincorre modelli. È un oggetto vivo e ruvido, che si muove per tentativi, che sbaglia anche, ma sempre con urgenza. Una delle opere più interessanti del 2024 italiano proprio per questo: perché restituisce verità senza abbellimenti. E perché riesce in un’impresa rara — far convivere due generazioni senza nostalgia né pedagogia, solo con la forza del riconoscersi simili nello stesso dolore.

