Ci sono serie che ti fanno innamorare subito dei personaggi. Altre che, invece, ti portano piano piano, stagione dopo stagione, a odiarli tutti. Ogni personaggio, dinamica e scelta narrativa sembrano fatti apposta per farti incazza*e. Eppure resti lì, episodio dopo episodio, perché sotto quella patina da teen drama esasperato c’è qualcosa che ti parla davvero: il disagio di crescere, la fatica di essere genitori, l’ansia di non essere mai abbastanza. È questo il paradosso di Ginny & Georgia, serie Netflix arrivata alla terza stagione dopo un’attesa di due anni. Qui nessuno sembra salvarsi davvero ma tutti, in un modo o nell’altro, ti costringono a fare delle riflessioni.

Nella terza stagione di Ginny & Georgia tutti, nessuno escluso, diventano insopportabili. Più vai avanti, in questi dieci episodi, più sempre di assistere a una gigantesca parodia, che si somma all’incazzatu*a di un’attesa di due anni tra una stagione e l’altra che ti costringe a dover guardare il riassunto iniziale e comunque non ricordare esattamente le vicende di protagonisti e personaggi secondari. I personaggi in questa terza stagione sono esasperati, quasi caricature di sé stessi. Ginny continua a lottare contro l’autolesionismo e una madre che l’ha costretta a diventare grande prima del tempo, portandola perfino a diventare subdola (come lei) per salvarla. Georgia, invece, continua a essere una madre controversa, amorevole con i suoi figli ma meschina e bugiarda col resto del mondo, diventando la “sindaca assassina”. Ginny & Georgia non è una serie perfetta, ma sa leggere l’ansia di una generazione che si sente costantemente fuori posto. È il racconto, pasticciato per certi versi ma sincero, di due donne che si guardano allo specchio e faticano a riconoscersi. E ci sono tutti quei temi cari alle nuove generazioni, a cui sembra essere diretta la serie Netflix: disturbi alimentari, depressione, senso di isolamento anche in mezzo agli amici di una vita, relazioni che si rompono e faticano ad aggiustarsi. E ovviamente la famiglia, da quelle allargate a quelle disfunzionali e incasinate, ma da cui si torna sempre, vuoi per senso di appartenenza, vuoi per non rimanere da soli a lottare contro il mondo.
Sono temi pesanti, che qui però vengono affrontati in modo “digeribile”, senza essere totalmente svuotati di significato. Alla fine di questa terza stagione, con finale aperto, è chiaro che Ginny & Georgia vuole piacere, ma allo stesso tempo vuole provare a irritarci, a farci riflettere su come, anche quando siamo rotti, proviamo a rimanere in piedi.
