Mettiamola così, Clara fa miracoli. Se infatti uno mi avesse detto, così, a freddo, quante probabilità ci sono che io apprezzi una giovane cantautrice che canta brani electropop con cassa dritta, pur in possesso si una bella voce, credo che neanche avrei risposto, preferendo che a parlare siano i gesti, partendo quindi con una testa diretta al setto nasale del mio interlocutore. Figuriamoci se il medesimo tizio, o forse un altro, quello col setto nasale rotto avrebbe avuto difficoltà a portare avanti una discussione, mi avesse detto che avrei un giorno usato il termine brat, termine che io ho sempre associato a delle bambole piuttosto odiose, lì tutte fashion e ipertruccate, Dio santo, ai miei tempi le bambole erano dei neonati, ecco, figuriamoci se un tizio mi avesse anche detto che avrei un giorno usato il termine brat in un mio scritto, per di più indicando qualcosa verso il quale provo ammirazione, opera di un’artista per la quale provo stima. Poi però è arrivata Clara, e Clara è arrivata per altro in un modo piuttosto buffo, almeno per me. L’ho conosciuta a Sanremo, l’anno scorso, esattamente nella medesima Villa Ormond nella quale anche quest’anno staremo per le nostre interviste, con mia figlia Lucia e per Il Villaggio del Festival, in una collaborazione con MowMag che si rinnova. Io l’avevo vista Sanremo Giovani, certo, che aveva vinto, ma confesso che mi era rimasta abbastanza antipatica. Non per sue colpe, va detto, ma perché l’associavo alla volta precedente in cui l’avevo vista dentro la mia televisione, mentre faceva saltare in aria lo studio della sua casa di produzione, lei nei panni di Crazy J nella fortunatissima serie Mare Fuori.
Sì, per me Clara era Crazy J, una ragazza di buona famiglia che per una sua vicenda dolorosa, non faccio spoiler, era diventata una popstar nel mondo della trap, Origami all’alba la sua canzone, ma anche una criminale. Criminalità e musica che proprio in Mare Fuori mashuppavano, perché lei, Clara, era stata poi accusata di aver rubato la canzone al personaggio che nella serie l’aveva scritta, come se finzione e realtà si mescolassero. Insomma, avevo dei pregiudizi, che però in realtà non ritenevo tali, quanto piuttosto giudizi veri e propri, solo che erano giudizi nati da un personaggio di fiction che io, come un coglione, avevo spostati su chi quel personaggio di fiction interpretava. Certo, star qui a parlare di Crazy J dopo tutto quel che l’anno scorso è successo a Clara, il suo Sanremo con Diamanti grezzi, le sue altre canzoni, ultima in ordine di tempo Nero Gotico, il suo primo tour, potrebbe risultare ingeneroso, perché decisamente Clara si è smarcata, eccome, da quel personaggio, comunque portato a casa talmente bene da avermi indotto a un pregiudizio, ma è per dire che, trovatasela di fronte a Sanremo, coi nostri pregiudizi, ci siamo in realtà dovuti arrendere a una simpatia pari giusto alla sua bellezza, simpatia che poi abbiamo nuovamente riscontrato quando in primavera è venuta da noi a Bestiario Pop (anche questo visibile sui canali social di MowMag).
Tornando però alla testata sul naso, anzi, alle testate sul naso, Clara non solo mi ha convinto a mettere da parte i miei stupidi pregiudizi riguardo al suo non essere Crazy J, ma mi ha fatto apprezzare anche la sua musica, l’electropop di cui sopra, sia su disco che dal vivo, qui trovate la recensione del suo concerto ai Magazzini Generali di Milano e qui arriviamo appunto alla faccenda del brat. L’ho definita, credo anche in sede di pagelle, una brat girl, e magari qualcuno avrà pensato che io stessi parlando appunto alle odiose bambole. In realtà, figuriamoci se avrei speso quel termine con quel riferimento, io parlavo di ben altro, di quella gemma firmata da Charli XCX che ha dominato in qualche modo le classifiche e l’immaginario americano e non solo nel corso del 2024. Certo un successo che ha poi portato a diventare ulteriormente di moda, credo, non seguo la moda e quindi potrebbe non essere esattamente questa la cronologia corretta, la distinzione filosofica tra demure e brat, dove per brat si intende appunto qualcuno che sia ribelle, fuori dagli schemi, dotato di una propria personalità dirompente, mentre per demure qualcuno posato, pudico, riservato. Ecco, Clara fa un ottimo electropop, questo credo lo si sappia già, e incarna alla perfezione lo status di nostra brat girl, chi l’ha vista dal vivo sa bene anche questo. E quest’anno torna a Sanremo, con una canzone che oltre la sua porta la firma di pezzi da novanta dell’autorato italiano, parlo dell’autorato italiano, parlo dell’autorato italiano di questi tempi, cioè Dardust, al secolo Dario Faini, Madame, e i due prezzemolini Federica Abbate e Jacopoo Ettore, titolo della canzone Febbre.
Clara incontra la stampa al Turbo, zona navigli, a Milano, e siamo andati a farci quattro chiacchiere. Chiacchiere che sono cominciate esattamente lì dove erano finite un anno fa, a Sanremo, quando lei era passata da noi a dirci quanto le dispiacesse che tutto stava per finire, questo mentre a me cadeva a pezzi la faccia per la stanchezza. Per questo, dopo averle sentito dire che allora c’era l’ansia dovuta al palco, certo, ma anche al non sapere cosa l’aspettasse, stavolta cosa l’aspetta lo sa bene, non ho potuto che chiederle perché, pur sapendo cosa l’aspetta, ha deciso di tornare. E la risposta non poteva che essere questa: siccome sa cosa l’aspetta ha deciso di riprovarci già la domenica dopo la fine dello scorso Festival, per replicare quella che per lei è stata un’esperienza incredibile e unica. Esperienza che quest’anno rivivrà diversamente, proprio in virtù di quella prima volta, e che ha deciso di arricchire costruendo intorno alla propria canzone, Febbre, una serie di iniziative. Febbre, per altro, è una canzone i cui primi vagiti risalgono a prima di Diamanti grezzi, quando le è arrivata una bozza ancora immatura che ha poi scoperto, ci ha detto, solo il giorno dei nostri ascolti, di portare anche una piccola porzione di firma di Madame, attestata tra gli autori col solo cognome, Calearo, canzone sui cui, dopo il Festival, ha deciso di rimettersi a lavorare, insieme a Dardust, direttore artistico del tutto, e in buona compagnia di Federica Abbate e di Jacopo Ettorre, come detto. Canzone che parla di amore, sì, ma di amore per se stessi, e questo è anche il tema che è alla base di questo Sanremo di Clara, che ha deciso di atterrare in riviera con un proprio spazio, La Farmacia dell’Amore, dove si potrà avere un colloquio discreto con degli specialisti che si occupano della nostra salute mentale, e mai come a Sanremo la nostra salute mentale è messa a rischio, ci si è detti un po’ tutti, magari iniziando un percorso da proseguire poi nella vita di tutti i giorni, o in quelle parti della vita di tutti i giorni particolarmente difficili, spazio che è però anche luogo di relax, con un’area riservata ai giochi, e anche un posto dove andare a vedere su dei maxi schermi il Festival.
La Farmacia dell’Amore, diciamolo, vince già tutto. Non bastasse, Clara si occuperà di sesso, e lo dico serenamente forte di una vita di monogamia che è partita l’8 febbraio 1988, tra dieci giorni saranno trentasette anni, Clara è una delle donne più belle e sensuali che io abbia conosciuto, per cui l’idea è di quelle che partono già in quarta. L’occasione sarà un podcast fatto con My Secret Love, che la vedrà dialogare con quelli che lei stessa ha definito “personaggioni”, alcuni dei quali esperti del settore, vai a capire se si sta parlando del solito Rocco Siffredi o di Valentina Nappi, a lei la scelta. Clara ha poi parlato del suo duetto, che in realtà sarà un quartetto, coi tre ragazzi de Il Volo. Con i quali ha già avuto modo di calcare il palco l’estate scorsa, eseguendo proprio The Sound of Silence di Simon & Gartfunkel con il solo Gianluca Ginoble. Stavolta a cantare con lei saranno tutti e tre, e l’arrangiamento, dice, adattato anche alla sua voce, sarà in partenza quello dei tre. Clara è una forza della natura, energica ma anche empatica, quando ha raccontato di un progetto fatto con Pan di Stelle per il suo comune natio, Travedona Monate, dove ha regalato un luogo dei sogni a quella che è stata la sua scuola elementare le brillavano gli occhi, e quando brillano gli occhi a Clara è un problema per chiunque sia in zona, fidatevi. Una che il successo l’ha assaggiato già, ma sembra non essersi ancora fatta cambiare, in una parola rovinare. Febbre è una canzone che si iscrive sulla scia di Diamanti grezzi, pur con delle variazioni sul tema che la vedono mischiare contemporaneo col classico, e qui immagino che Dardust avrà detto la sua. Una canzone che la confermerà è indubbio, come la nostra brat girl, elegante e sensuale, voce potente e cazzimma a gogo.Esiste una band italiana, il cui nome trae origine da un passo de La pescivendola di Daniel Pennac, che si chiama Non voglio che Clara. Il nome della band era quindi inizialmente “Non voglio che Clara si sposi”, poi diventato “Non voglio che Clara”, dove il significato sta per non voglio altre che Clara. Non credo di ricordare neanche una loro canzone, ma almeno sul nome, che dire? non posso che essere d’accordo con loro.