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Abbiamo letto “Il follemente corretto” di Luca Ricolfi: se l’unica speranza contro il woke fosse Elly Schlein? Ecco perché i veri alleati della sinistra piagnona sono Salvini e Vannacci

  • di Riccardo Canaletti Riccardo Canaletti

29 ottobre 2024

Abbiamo letto “Il follemente corretto” di Luca Ricolfi: se l’unica speranza contro il woke fosse Elly Schlein? Ecco perché i veri alleati della sinistra piagnona sono Salvini e Vannacci
Il sociologo e presidente della Fondazione Hume dedica il suo ultimo libro pubblicato da La Nave di Teseo al politicamente corretto, ribattezzato “follemente corretto” e motivo principale della grave crisi della sinistra (che ha abbandonato gente comune, lavoratori e vecchie battaglie in favore dei diritti civili, della neolingua e del modello dell’inclusività forzata, che dunque inclusiva non è). Eppure la soluzione, secondo Ricolfi, dovrebbe e potrebbe arrivare proprio da sinistra (con un po’ di immaginazione anche dal Pd), mentre la destra dei Vannacci e Salvini si rivela alleata dell’ideologia woke più di quanto non si creda…

di Riccardo Canaletti Riccardo Canaletti

Bisogna leggere i grandi per superare dogmatismo e semplificazioni che invece di facilitare la comprensione la eliminano, sostituendola con banalità e deserti intellettuali. Come un vaso sotto la pioggia, con il sottovaso che si riempie di acqua e fa marcire le radici, il dibattito culturale è diventato un unico grande nonnulla e, così, anche i libri, la bibliografia minima dell’intellighenzia (ora anche quella di destra) ai tempi di Giuli. Perché vale la pena notare che il ministro parla come parlano i filosofi di sinistra, ovvero coloro che hanno sdoganato il populismo filosofico. Luca Ricolfi si muove da sempre in direzione ostinata e contraria, una volta tanto vale la pena di sottolinearlo. Lo fa da anni suo quotidiani per cui scrive (soprattutto su La Ragione) e lo fa altrettanto nei libri a cui lavora in autonomia o con sua moglie, Paola Mastrocola, altra estremista moderata (per usare un’espressione che una volta lessi in un libro di Michael Huemer, Il problema dell’autorità politica, poiché, si scriveva, le idee estreme non sono necessariamente sostenute da persone estreme; in altre parole, ciò che consideriamo estremo talvolta è semplicemente quanto resta fuori dalla finestra di Overton, che stabilisce – nelle scienze politiche – i confini oltre i quali certe idee iniziano a non essere considerate apprezzabili dagli elettori). Bene, nel suo ultimo libro l’analista inventa una nuova categoria, migliore del “politicamente corretto”: il “follemente corretto”, che dà il titolo al saggio (pubblicato in Italia, come tutti i suoi libri più recenti, da La Nave di Teseo). È quasi la stessa cosa, salvo per un particolare: ciò che è folle non è propriamente politico. Non esiste una politica della follia tale per cui essere folli può essere legittimamente considerato un gesto politico (la follia, al massimo, è l’eterna marginalizzata, come sostiene Foucault, dalla politica).

"Il follemente corretto" di Luca Ricolfi (La Nave di Teseo, 2024)
"Il follemente corretto" di Luca Ricolfi (La Nave di Teseo, 2024)
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Tuttavia, anche la follia, come la politica, può generare gerarchie e potentati, in particolare due secondo Ricolfi: “Le vestali della Neolingua” e “le lobby del Bene”, in sostanza la conseguenza naturale di quel sentimento che già Leonardo Sciascia aveva sostenuto caratterizzasse la sinistra: una nostalgia dell’Inquisizione. Una religione (come per Ayn Rand era il comunismo, altra filosofia del correttismo ingenuo, che va dalla difesa della piena uguaglianza all’invidia sociale), dunque, struttura, un sistema difficile da attaccare e in grado di alimentarsi anche grazie ai propri avversari. Avversari che spesso, a dire il vero, senza argomenti, la cui unica linea di difesa è lottare contro la censura (quando poi vorrebbero censurare, a loro volta, ciò che non apprezzano; come accade con i Repubblicani in America e in Italia con la Lega e i presunti libri gender nelle scuole). Avversari, soprattutto, che in luogo di una tesi sfruttano l’offesa, questa sì innalzata a nuova categoria politica, in Italia ancora più ridicola perché dovrebbe scimmiottare il Secondo emendamento americano. Avversari di cui Ricolfi parla con intransigenza, dimostrando ancora una volta che i suoi libri non sono, come crede la nuova sinistra, un piacere alle destre (critiche che iniziarono a circolare dopo Il danno scolastico, un libro mai veramente smontato, nonostante i tentativi dei sostenitori della scuola democratica, Christian Raimo e Vanessa Roghi). Così si riferisce ai nuovi modelli del politicamente scorretto: “La trasformazione del dissenso in odio, e dei dissenzienti in odiatori facilmente stigmatizzabili e perseguibili, trae enorme giovamento dal modo in cui la destra conduce la sua battaglia contro il follemente corretto. Un modo troppe volte intriso di aggressività, cattiveria, sarcasmo, rinuncia a comprendere le ragioni dei difensori del follemente corretto. L’ostilità con cui politici e giornalisti di destra parlano di gay, lesbiche, transessuali, migranti non fa che agevolare la demonizzazione e talora la criminalizzazione del dissenso. Da questo punto di vista, personaggi come Salvini e Vannacci, con il loro continuo provocare e offendere, funzionano come preziosi alleati del follemente corretto, che li può usare come prove a contrario delle proprie buone ragioni. Come a dire: se l’alternativa al follemente corretto sono loro, allora teniamoci il follemente corretto”. Potrebbe valer la pena, a partire da questo contrasto, dimostrare quanto la nuova categoria del follemente corretto sia fruttuosa: Salvini e Vannacci sono “il follemente scorretto”. Mentre parlare di “politicamente scorretto” potrebbe farceli immaginare come gli eroi di questa storia, immaginarmi come degli apologeti del follemente scorretto ci aiuta a capire cosa questa macrocategoria e il suo opposto abbiano estromesso dalla riflessione politica contemporanea: la ragione.

Elly Schlein vestita con una tuta da lavoro presa in braccio da un operaio di Fincantieri
Elly Schlein vestita con una tuta da lavoro presa in braccio da un operaio di Fincantieri

Secondo Ricolfi, comunque, un antidoto potrebbe esserci, ed è sostanzialmente il farmaco della Prima Repubblica, o meglio della cosiddetta sinistra ortodossa che, secondo il sociologo, Elly Schlein potrebbe tornare a rappresentare. La conclusione a cui arriva, in effetti, sembra combaciare, almeno in parte, con quella di altri critici da sinistra del follemente corretto, basti pensare a Carl Rhodes e al suo Capitalismo woke o al recente Guerre culturali e neoliberismo di Mimmo Caggiano. È anche quella sostenuta, pur non immaginandola come alternativa alla cultura woke (ma solo come unica possibilità di salvezza per le sinistre) da Stefano Bonaga o Luciano Violante quando denunciano la scomparsa dei cosiddetti “corpi intermedi”. È l’isocrazia di Bonaga la speranza a cui Elly Schlein potrebbe e dovrebbe recuperare (e farà piacere a Ricolfi sapere che Bonaga, in effetti, ha tentato di consigliare Schlein e Pd in modo che si potessero muovere in questa direzione, maggiormente partecipativa). Così Ricolfi: “Il futuro del follemente corretto è perlomeno incerto. Può darsi che, accecata e confusa da una stampa progressista che vede solo “diritti, diritti, diritti”, la sinistra continui a non accorgersi che il follemente corretto la allontana dalla gente comune, e continui sulla strada di sempre. Ma è anche possibile che il percorso di ascolto dei ceti popolari avviato da Elly Schlein non sia di pura facciata, e alla fine consenta al follemente corretto – quatto quatto – di scivolare fuori dall’agenda della sinistra”.

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