I consigli di lettura più noti sono quelli di Bill Gates, ma dal 2009 anche un’altra “istituzione” americana stila la sua lista ogni anno. È Barack Obama, ex presidente degli Stati Uniti e, pare, lettore forte. Tra i tanti consigli di quest’anno anche un saggio di sociologica sulla mascolinità, Of boys and men, di Richard Revees (2022), un libro pieno di dati che non salva nessuno, né destra né sinistra. E se uno dei leader più importanti del Partito Democratico consiglia un libro così vuol dire che le cose, tra i progressisti, vanno davvero male. La critica da sinistra alla cultura woke non è una novità. Il liberale rawlsiano Michael Walzer ha spesso evidenziato l’inclinazione inquisitoria e intollerante dei social justice warrior (gli “attivisti” della New Left), ma ora l’accusa arriva, tra le righe, proprio da uno dei simboli Dem. Il libro mostra le statistiche su risultati scolastici, preferenze di voto e tasso di suicidi, mostrano che questi dati non depongono a favore dell’idea di maschio in America. La destra è colpevole per aver reagito a questi fatti pretendendo di tornare a una situazione di disparità tra uomo e donne, una sorta di “riparazione” (termine che normalmente viene utilizzato dai filosofi antirazzisti convinti che gli afroamericani dovrebbero ricevere un risarcimento per i danni provocati ai tempi della schiavitù ai neri) per l’orgoglio ferito del maschio. Ma la sinistra è colpevole di non costituire un’alternativa decente. Piuttosto, la cultura woke avrebbe abbandonato completamente ragazzi e uomini, spingendoli inevitabilmente tra le braccia di Donald Trump. La critica è molto specifica e tocca alcuni punti fondamentali. L’invenzione del concetto di mascolinità tossica, diventato popolare dopo la vittoria di Trump e l’inizio del fenomeno #MeToo, il negazionismo scientifico sulle differenze sessuali tra uomo e donna, l’individualismo giustizialista contro i singoli uomini e l’idea che la discriminazione e l’inuguaglianza esista solo in un’unica direzione, quella che avvantaggia gli uomini e sfavorisce le donne. Reeves demolisce questi quattro grandi pilastri dell’ideologia woke.
La mascolinità tossica? Un’invenzione pericolosa
Per capire quanto il concetto di mascolinità tossica sia assurdo Reeves racconta una storia. Nel 2018 scoppiò un caso in una scuola di Washington DC. Dei ragazzi avevano stilato una classifica delle ragazze più attraenti, lista che cambiava ogni volta che un ragazzo decideva di votare. Una ragazza ha scoperto sul pc di un amico questa lista e ha denunciato la cosa. Ne hanno parlato tutti, dal Washington Post alla Cbs. Fin subito si parlò di “mascolinità tossica” e il ragazzo che aveva dato il via alla cosa si scusò pubblicamente proprio sul Washington Post e personalmente con tutte le ragazze coinvolte. Una delle studentesse intervistate dal Wp aveva anche dichiarato: “Per noi ragazze è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso di questa cultura dei ‘ragazzi che fanno i ragazzi’”. Ma Reeves nota come si sia creato un caso che ha finito per patologizzare una caratteristica normale dei maschi, per altro rimasta privata e finita dov’era iniziata, cioè tra di loro. “L'etichetta di ‘mascolinità tossica’ affibbiata indiscriminatamente a questo tipo di comportamento è un errore. Invece di coinvolgere i ragazzi in un dialogo su quali lezioni si possono imparare, è molto più probabile che li mandi nella manosfera online, dove saranno rassicurati sul fatto che non hanno fatto nulla di male e che i liberali sono di fuori per prenderli”. Reeves nota anche un’altra cosa: spesso le ragazze fanno cose del tutto analoghe e proprio nei confronti di altre ragazze (è ciò di cui si parla riferendosi alla “competizione tra ragazze”), ma nessuno parla di “femminilità tossica”. Secondo Reeves “Mascolinità tossica è un termine controproducente. Sono pochi i ragazzi e gli uomini che reagiscono bene all'idea che dentro di loro ci sia qualcosa di tossico che deve essere esorcizzato”. Soprattutto se si pensa che nove ragazzi su dieci si identificano pienamente con la propria mascolinità (i ragazzi) o femminilità (le ragazze), e che quasi la metà dei maschi crede che il proprio sesso sia importante per la propria identità. Davvero almeno la metà dei maschi avrebbe un problema? Reeves conclude avvertendo dei pericoli di far passare la mascolinità per una malattia: “La mascolinità non è una patologia, è, come ho dimostrato, un fatto della vita”.
Incolpare la vittima (cioè i singoli uomini)
Reeves smaschera anche un’altra grave contraddizione della cultura woke. Mentre molti problemi vengono spesso definiti “strutturali”, per esempio se si commette un crimine non si condanna l’individuo ma si parla del fenomeno della povertà e così via, nel caso della mascolinità tossica qualsiasi individuo, qualsiasi cosa faccia, viene incolpato direttamente e, per questo, attaccato. In altre parole, esattamente come i conservatori, anche i progressisti sono convinti che il problema sia individuale. “Quando si parla di mascolinità, sia la sinistra che la destra cadono nella trappola individualista, ma da prospettive diverse. Per i conservatori, la mascolinità è la soluzione; per i progressisti, la mascolinità è il problema. Ma entrambi concordano sul fatto che il problema risieda a livello individuale, e quindi nel regno della psicologia, piuttosto che dell’economia, dell’antropologia o della sociologia. Questo è un profondo errore intellettuale. Data la portata dei cambiamenti culturali degli ultimi decenni, limitarsi a dare lezioni ai ragazzi e agli uomini perché si adeguino al programma non è un buon approccio”. Un modo per capire che se il problema esiste è strutturale e non individuale, secondo Reeves, è guardare alla mortalità del covid, differente in base al genere e dovuta a caratteristiche biologiche e di abitudini tipiche del maschio, non riducibili al singolo individuo. In altre parole: un problema che richiede una soluzione uguale e contraria a quella della medicina femminista, ovvero una medicina basata sul genere.
Gli attivisti woke? Negazionisti scientifici
Reeves è chiaro: “Uno degli slogan della sinistra politica moderna è che ‘la scienza è reale’. Mentre i conservatori soccombono al mito e alla disinformazione, i progressisti portano la fiaccola illuministica della ragione. O almeno, questo è il loro modo di vedere le cose. La verità è che ci sono negazionisti della scienza da entrambe le parti. Molti conservatori negano la scienza ambientale del cambiamento climatico. Ma molti progressisti negano la neuroscienza delle differenze sessuali. Questa è la terza grande debolezza della posizione progressista”. Reeves critica quei progressisti impegnati ormai da anni nel negare la differenza biologica tra i sessi. La moda inizia con la confusione tra genere e sesso innescata dalle nuove teorie di genere tra gli anni Ottanta e Novanta (teorie eredi del femminismo di Simone de Beauvoir), si sviluppa appoggiandosi a pochi articoli scientifici fortemente criticati, e diventa quasi un’acquisizione per i nuovi attivisti woke, che ora accusano chiunque, e tra tutti la scrittrice J. K. Rowling, di transfobia. Chi non riesce a sostenere questa tesi, talvolta, può ricorrere a una versione più radicale e pericolosa che non nega la differenza tra i sessi, ma ne tiene conto solo per dimostrare che gli uomini sarebbero più cattivi. In questo capitolo Reeves parla delle accuse che vengono mosse ai maschi nel tentativo di patologizzare anche comportamenti tipici ma innocui, mescolati con accuse serie, come quella secondo cui il terrorismo sia l’espressione tipica della mascolinità. Questa teoria, che ricorda quella della razza ariana, prova a far passare gli uomini biologici per persone naturalmente cattive.
Anche i maschi vengono discriminati
L’ultimo punto evidenziato da Reeves è la discriminazione verso i maschi: “Il quarto grande fallimento della sinistra politica è l'incapacità di riconoscere che le disuguaglianze di genere possono – e sempre più spesso lo fanno – andare in entrambe le direzioni. Nel 2021, il presidente Biden ha creato un Consiglio per le politiche di genere della Casa Bianca, successore del precedente Consiglio per le donne e le ragazze, che era stato abolito da Donald Trump. Ma mentre il nome è cambiato, la missione non è cambiata. […] La strategia è completamente asimmetrica. Non vengono affrontate le disuguaglianze di genere relative ai ragazzi o agli uomini”. Persino nel caso della Pandemia si è parlato delle conseguenze negative per le donne ma non per gli uomini. “Il presupposto che i divari di genere vadano in una sola direzione viene incorporato anche nelle misure di disuguaglianza. Ogni due anni, il World Economic Forum (WEF) produce il suo Global Gender Gap Report. Si tratta dello studio internazionale più influente sui progressi verso l'uguaglianza di genere, ma come la strategia della Casa Bianca, è distorto da un pensiero asimmetrico. Per compilare il rapporto, viene calcolato un punteggio di uguaglianza di genere per ogni nazione, compreso tra 0 (completa disuguaglianza) e 1 (completa uguaglianza). Il punteggio si basa su quattordici variabili in quattro settori: economia, istruzione, salute e politica. Nel 2021, gli Stati Uniti hanno ottenuto un punteggio di 0,76 sulla scala e si sono piazzati al trentesimo posto nel mondo. L'Islanda, al primo posto, ha ottenuto un punteggio di 0,89. Ma, cosa fondamentale, non si tiene conto dei settori in cui le donne fanno meglio degli uomini. […] La nostra politica è ormai così avvelenata che è diventato quasi impossibile per le persone di sinistra anche solo discutere dei problemi dei ragazzi e degli uomini, per non parlare di elaborare soluzioni”.