L’aspetto più interessante di Anora, il film di Sean Baker che ha trionfato al Festival di Cannes, forse non è stato ancora raccontato. Tra le palesi lotte di classe, sogni o incubi americani sul grande schermo, l'oramai inflazionata questione del corpo femminile usato come oggetto, scudo e arma, la fotografia da paura a cura di Drew Daniels e una perfetta Anora, interpretata da Mikey Madison, c’è un tema su cui vorremmo soffermarci, legato al mondo delle relazioni. Anora sin dal primo minuto ci viene descritta come una ragazza che di mestiere fa la sex worker che se ne frega completamente di quello che le dice la gente, la famiglia, gli uomini. Anora non ha paura di niente, o perlomeno così pare, visto che il suo stesso passato resterà praticamente un mistero per l’intera durata del film. E in fondo va bene lo stesso, perché tutta questa vaghezza è ciò che serve allo spettatore per guardare ad Anora con gli occhi del mondo. Perché Anora non è solo Anora ma è tutte le donne che almeno una volta nella vita si sono sentite ingannate, prese in giro da un amore che forse non è mai stato vero.
Figlia di un padre sconosciuto e di una madre assente, Anora vive con la sorella in un monolocale. Una sera, grazie al russo imparato dalla nonna uzbeka, nello strip club le viene chiesto di intrattenere un giovane viziato e immaturo di nome Vanya (Mark Eydelshteyn), figlio di un potente oligarca russo. Colpito da Anora, Vanya le propone di rivedersi nella villa di famiglia. Lei accetta, motivata da un misto di interesse materiale e simpatia per la sua spensieratezza ma, a poco a poco, la loro relazione fatta di rapporti sessuali a pagamento si interrompe. Il ragazzo dopo averle offerto 15.000 dollari per fingere di essere la sua fidanzata per un’intera settimana, le chiederà di diventare sua moglie. Da qui in poi, la favola di Cenerentola che sembrava aver trovato il lieto fine perfetto a una vita che non sapeva da che parte dovesse andare, è però destinata a finire.
Vanya a un certo punto della storia, impaurito dalla reazione dei genitori per la notizia del matrimonio improvvisato scappa, fugge anche dalla donna che aveva tanto voluto (o perlomeno così ci era sembrato). E all'inizio, lei, la nostra Anora, cerca di giustificare le sue azioni anche di fronte all'evidenza. Indaga e si sforza di capire il comportamento di suo "marito", nonostante i commenti pungenti dei tre scagnozzi assoldati dal padre del ragazzo per farli divorziare. Ma alla fine anche Anora cede alla becera realtà dei fatti. E quando un uomo che le è sempre stato accanto le rivolge con delicatezza poche, ma preziose parole d'affetto, Anora reagisce improvvisamente, riversando su di lui tutta la rabbia e il suo grido di dolore. La storia di Anora è la storia di tutti noi. Parla a chi, almeno una volta nella vita, si è fidato ciecamente del proprio partner che, con il passare del tempo, si è rivelato soltanto un emerito bastardo. Anora parla a queste stesse persone che con una grande dose di delusione per degli amori marci guardano con sconforto al futuro. E si ribellano, si scontrano, non accettano e forse non capiscono davvero chi invece potrebbe volersi prendere cura di loro.