Fortuna che ci sono i roseti, fortuna che ce lo hanno detto subito che quella è la Provenza: altrimenti, a giudicare dalle musiche didascaliche e dalla sceneggiatura, avrebbe potuto essere un qualsiasi altro luogo. Istanbul per esempio. Soleil Noir infatti, serie francese seconda tra le più viste su Netflix, è ufficialmente un thriller; nei fatti, una soap col morto. Proprio come una di quelle che Piersilvio Berlusconi manda in onda su Canale 5, intrise di inganni, intrighi, colpi di scena e famiglie che non sono quello che sembrano. La storia è la seguente: Alba, mamma single del piccolo Leo, scappa dalla casa dei genitori e va a lavorare in un roseto in Provenza. Il mattino seguente, il proprietario Arnaud viene ucciso. I sospetti ricadono subito sulla ragazza: non solo perché Alba si trovava per caso sul luogo del delitto, ma soprattutto perché Alba risulta aver ereditato un quarto dell'azienda insieme alla moglie e ai due figli di Arnaud. Alba insomma, scopre di essere anche lei figlia dell'imprenditore; da qui si dipana la storia, tra la ricerca del vero assassino e i tentativi di Alba di dimostrare la propria innocenza, mentre il passato torna a galla.

Una la vede lì la protagonista, Alba: scontrosa arruffata, diffidente, e sa già che i guai andranno a cercarla col lanternino. Sono solo i suoi problemi, del resto, che la descrivono: un passato doloroso che l'ha segnata, un presente in cui la sua personalità è costituita solo dal segreto che si porta dentro da anni. Accade lo stesso per tutti gli altri personaggi, i quali più che da una propria psicologia, sono caratterizzati da quel che succede loro. Ma non bisogna lasciarsi ingannare dai toni cupi. Perché è vero che in Soleil Noir l'aria è tesa, ma sotto l'apparenza di thriller, si tratta della classica serie da spiegone: la musica drammatica che richiama continuamente lo spettatore all'attenzione, i dialoghi che non delegano niente ai silenzi o alle sole espressioni dei protagonisti. Una soap, appunto. All'ignaro spettatore, che una volta pagava l'abbonamento Netflix alla ricerca di quello che non trovava sulle reti generaliste, non rimane che calare l'asso pigliatutto delle colpe: prendersela col doppiaggio italiano. Invece, anche passando alla versione originale, niente cambia: la recitazione del cast non salva la scrittura debole. Una scrittura che cerca di tenere lo spettatore davanti allo schermo puntando sulla soluzione più semplice: anziché costruendo un background credibile per i protagonisti, accumulando eventi uno dietro l'altro. Soluzione che però si rivela poco efficace: in assenza di un sentimento di empatia o fascinazione nei confronti dei personaggi, la sequenza di scoperte e rivelazioni non basta per creare interesse nei confronti della storia. Così Soleil Noir procede verso il finale ostentando toni da thriller che, nella realtà dei fatti, non creano alcuna tensione in chi, al contrario, dall'altra parte dello schermo dovrebbe immedesimarsi. Se poi, per pura inerzia, ci si trascina fino al finale, si scopre che molte domande non hanno trovato risposta: cioè, in termini di serialità, la sesta e ultima puntata lascia aperta la possibilità per una seconda stagione. Grazie Netflix, come se avessimo accettato.
