È arrivato da qualceh giorno al cinema il nuovo film di Maurizio Battista. L'ultima fatica del comico romano si intitola Tu Quoque, e si: c'entra Giulio Cesare. Ma c'entra soprattutto Maurizio Battista, che ripropone esattamente tutti i cliché a cui ci ha abituato sul palco: il divorzio, la romanità, questa città piena di difetti che però guarda quant'è bella. La storia è la seguente: Massimo Quinto è un uomo di mezz'età con un rapporto difficile col padre alle spalle, e un presente fatto di debiti, un matrimonio fallito e un figlio che lo detesta. Durante una visita, la dottoressa gli comunica che ha una rarissima forma di tumore: la malattia diventa così l'espediente narrativo che dà il via alla storia. Ordunque, quale sarebbe questa svolta? Che tornando a casa in motorino, l'uomo cade battendo la testa e, lungo sull'asfalto, sogna di essere tornato indietro nel tempo. Proprio ai tempi di Gulio Cesare, nel 44 a.C. Ora, per carità, non che ci aspettassimo che Massimo si mettesse a cucinare meth pura al 90%, ma manco di vedere Giulio Cesare lamentarsi dei carretti parcheggiati in doppia fila. Perché in Tu Quoque succede esattamente questo: catapultato nell'anno dell'attentato a Giulio Cesare, Massimo gli salva fortuitamente la vita e ne diviene confidente.

In una ricostruzione posticcia dell'urbe, i due diventano amici e Massimo lo aiuta a salvare il matrimonio. Nel frattempo, nella vita reale, l'ex moglie e il figlio vengono a sapere della malattia e si scopre che, in fondo, l'uomo non è stato poi così pessimo come figura paterna. Il film scorre dunque così, a pié sospinto verso la conclusione tanto bonaria quanto prevedibile: il perdono. Così com'è altrettanto scontato l'umorismo della storia, dove la fa da padrone la contemplazione indolente della città, con i noti vizi e l'amore viscerale che le condona tutto. Che si tratti di una persona che butta la spazzatura mentre si è fermi al semaforo, o la mancanza di “senso civicum” lamentata da Giulio Cesare, in Tu Quoque la Roma di oggi è incredibilmente uguale a quella di ieri. Insomma: tutto è cambiato, affiché i romani rimangano sempre uguali a se stessi. La capitale non solo è a modo suo protagonista, ma motore delle battute stesse, come quando Massimo suggerisce a Giulio Cesare di allargare l'Appia perché la domenica c'è traffico. E già che ci siamo, poteva forse mancare il catino di pipì rovesciato in strada? Poteva, però non manca. Ma non ci lamentiamo: ci sarà pure l'usurato escamotage del viaggio nel tempo, ci saranno le battute sul traffico ma, in compenso, e di questo al film va dato atto, non ci sono suocere. Sul finale comunque, la commedia prova anche a commuovere con un epilogo dolceamaro: l'impianto però, manca totalmente di percorso. Anche in un film leggero, l'evoluzione di un figlio che riesce finalmente a capire il padre, necessita di qualcosa che vada oltre un rimprovero della madre. Tu Quoque è, in definitiva, un condensato di Maurizio Battista e del suo personaggio: al pubblico dei suoi spettacoli, il film farà ridere. Tutti gli altri, difficilmente acquisteranno un biglietto per andare in sala.
