“Nella natura selvaggia, le persone pensano che nessuno le guardi. Fanno qualsiasi bastardata gli salti in testa”: è così, con questa battuta di uno dei personaggi, che si potrebbe riassumere Untamed, la nuova serie Netflix. Ambientata nel parco di Yosemite e interpretata da Eric Bana, Untamed è un thriller: una storia come tante altre, girata però con onestà e solidità. Untamed infatti, non vuole lanciare messaggi né richiede secondi livelli di lettura: vuole solo raccontare la storia di Kyle Turner, un tormentato ranger che indaga sulla morte di una ragazza. Una trama che non ha niente di nuovo, eppure tanto basta. Merito di una scrittura che non vuole colpirci con effetti speciali: pochi colpi di scena, ma ben calibrati. A differenza di altre serie, Untamed procede lentamente, dando il tempo allo spettatore di empatizzare con i protagonisti; via via che la vicenda si svela, l'uomo si scopre selvaggio come la natura che lo circonda, capace delle peggiori azioni. Nella piccola comunità del parco di Yosemite, lì dove tutti si conoscono, si annidano i segreti più dolorosi.

Untamed, che non a caso si potrebbe tradurre come selvaggio, non addomesticato, è l'uomo lontano dalle grandi metropoli statunitensi, ma è anche Kyle Turner che non rinuncia alla verità: costi quel che costi. È “untamed” soprattutto il maestoso parco di Yosemite: le enormi pareti rocciose che cadono a strapiombo, le cascate, le grotte come gole che inghiottono i protagonisti, gli animali selvatici. E lì, in mezzo a quella natura che diventa personaggio a sua volta, l'uomo si dimostra un animale altrettanto feroce: quando una ragazza senza identità precipita dalla parete di El Capitan, l'ipotesi suicidio viene presto scartata. Che sia stata aggredita da qualche animale e sia caduta mentre scappava? La ragazza però, ha una pallottola in una gamba: Kyle e la sua collega, la nuova arrivata Naya Vasquez, iniziano a fare domande, cercare informazioni, per risalire alla sua identità. Mentre vanno verso la soluzione del caso, emerge il lato sempre più “untamed” dell'umanità: i violenti, i reietti della società che si rifugiano in una comunità tutta loro, gli insospettabili che si macchiano di atrocità. Allo stesso tempo, si delinea il personaggio di Kyle Turner, il cui trauma viene rivelato gradualmente, finendo per tratteggiare un protagonista tanto imperfetto quanto profondamente umano.

Tra le tante serie delle piattaforme, Untamed è una di quelle che dimenticheremo presto ma che intanto guardiamo con piacere: l'intepretazione di Eric Bana dà spessore al racconto, la scrittura evita banalità risparmiandoci, ad esempio, una storia d'amore tra Kyle e Naya. Peccato invece per quel collega nativo americano che si distingue dai “bianchi”; avrebbe meritato un approfondimento, anziché poche battute intrise di misticismo. Stesso discorso per la comunità che si è rifugiata nel parco: sarebbe stato interessante dedicarle un'attenzione maggiore, anziché ridurla solo a un gruppo di persone in cui cercare risposte (e responsabili). Paura di politicizzare la storia?
