Siamo a uno degli eventi più glamour di tutto il mondo: il Festival del cinema di Cannes. Sia chiaro eh, ci siamo venuti sì, ma da squattrinati. Mentre passeggiavamo per la Croisette assolata, con tanto di hot dog fumante in una mano, preso proletariamente in una scrausa baracchina, non potevamo non notare, poco distante dal celebre tappeto rosso, quest’anno calcato da registi quali Francis Ford Coppola, Yorgos Lanthimos, Paul Schrader e Paolo Sorrentino, un ragazzo, un nostro coetaneo. Aveva un manifesto con su scritto “This is my movie”. Il suo nome è Samuel Suchod e il suo film si intitola Giallo Arancia con Grana. Al centro della sua opera prima, il viaggio di una sorella e di un fratello: lei vuole ritrovare il padre, l'altro vuole scoprire il sapore del mare. La storia raccontata da Suchod assieme a Diletta Calabrese e Lorenzo Casamassima, come si legge nel manifesto con cui il buon Samuel è andato a spasso per il lungomare di Cannes, è di certo una sfida. Farlo durante la settimana più attesa dell’anno (e del mondo) dall’industria cinematografica però si potrebbe rivelare una bella trovata. Ma davvero bisogna arrivare a girare per strada per avere una chance lavorativa in questo mondo un po' troppo patinato?
Purtroppo, nella tana del luxury dove le stars calpestano fiere e vittoriose il “Tapis Rouge” del Sud della Francia (solo il 18 maggio hanno sfilato le meravigliose Margaret Qualley ed Emma Stone al fianco di Willem Dafoe per l'anteprima mondiale di Kinds of Kindness di Yorgos Lanthimos) c'è dell'altro. Ci sono infatti dei giovani registi, scrittori, sceneggiatori, produttori, interpreti (anche dei ragazzi con un cartello appeso al collo che recita “voglio fare l’attore” o “aiutami a pubblicare il mio libro”) che provano a farsi notare. Ci riescono? Speriamo di sì. Nel suo profilo Instagram, Samuel ha detto: “Il mio accredito è stato rifiutato, il mio film è stato rifiutato ma non è grave, io ci provo lo stesso, io vado a Cannes e continuerò lì a proporre il mio film!”. Ecco, Samuel è fortissimo e come lui decine di giovanissimi che si fanno coraggio. Ma, caro Festival di Cannes, la prossima volta perché non destiniamo a questi ragazzi anche un piccolo spazio tra un numero indefinito di padiglioni, sale e salette dedicate a svariati Paesi del mondo? Perché non riserviamo alle vere voci del futuro delle sale (ad oggi alcune risultano peraltro "sfitte") per permettergli di esporre i loro progetti? Forse sarebbe ora di pensarci.