Suggerii di accettare la morte, per incontrarci.
E lei scoppiò in lacrime –
Che non la stimo e non la rispetto, diceva.
Che non mi piace...
Ma rispetto il suo status,
È più leggera perché io l’ho lasciata andare.
Alcuni versi di una poesia struggente, malinconica, che parlano d’amore, dipartita e morte. Una morte preannunciata, sofferta e necessaria per incontrare Lei, la propria amata. Versi di immediato impatto, che comunicano una profonda sofferenza, e soprattutto, sbalordimento, nel momento in cui scopriamo chi è l’autore. Non si tratta di Antonin Artaud, Rimbaud o Charles Baudelaire, ma di Juraj Cintula, cittadino slovacco 71enne, finito al centro della cronaca mondiale dopo aver sparato 4 colpi di pistola al premier della Slovacchia, il filorusso Robert Fico, al momento ricoverato in gravissime condizioni e in coma farmacologico.
È lui, dunque, l’improbabile attentatore, che ieri, mercoledì 16 maggio, si è fatto spazio tra la folla dove il premier era in visita, nella città di Handlova, a nord-est della capitale Bratislava, dove ha sparato senza pietà o rimpianti al simbolo del potere del Paese. Un attentato terroristico al Presidente è un’immagine piuttosto cruda e inaspettata nel 2024, che rievoca il Novecento, con il tragico attentato a Dallas di J. F. Kennedy nel 1962, o per alcuni persino l’uccisione di Francesco Ferdinando a Sarajevo, l'erede al trono austro-ungarico, morto per mano del terrorista Gavrilo Princip nel 1914. La famosa “goccia che ha fatto traboccare il vaso”. Eppure, siamo nel 2024, e l’attentatore, Juraj Cintula è uno scrittore e malinconico “poeta maledetto”.
Di lui sappiamo che è parte dell’unione degli scrittori slovacchi dal 2015, ha pubblicato alcuni romanzi, fra cui Efata, sulla vita dei gitani e Messaggio della vittima (2010) dal titolo estremamente evocativo, oltre a diverse raccolte di poesie, fra cui Dittico, Vespe e soprattutto Sogno del ribelle, da cui il seguente estratto:
In sogno mi hanno colpito duramente,
In sogno.
Sono stato giudicato dalla gente per le inondazioni e le tempeste d'ira dei signori che chiamo.
Perché io non vivo, così come fanno gli altri
In sogno
Ho scontato sette anni di prigionia. E una condanna all’ergastolo.
In sogno
Mi hanno impiccato e decapitato.
(Dalla poesia In Sogno)
In un bizzarro scenario dove la realtà supera la fantasia, questi versi appaiono come un’incredibile premonizione: lo spirito ribelle di Juraj Cintula, radicale di sinistra, filoucraino, frequentatore di club di lettura e descritto da alcuni conoscenti della biblioteca locale come “un uomo quieto e silenzioso”, ha infatti ribaltato l’immaginario letterario, trasformando quelle “inondazioni e tempeste” e in una vera e propria "condanna" alla prigionia (al momento non si sa nulla a proposito di alcun “ergastolo”). Se le condizioni di Robert Fico rimangono ancora incerte, si ha però certezza dell’arresto di Juraj Cintula, che di fronte alle autorità ha esclamato: “L'ho fatto perché sono in disaccordo con le politiche del governo”. Un omicidio (per ora non riuscito) premeditato e politico. Un racconto noir che diventa realtà.