Bruno Vespa è spesso tacciato di fare libri di storia poco consci di Chabod, insomma è guardato male da quelli con la puzza al naso. E invece con la puntata di “5 minuti” di ieri ha fatto il lavoro prezioso e sottostimato che fa con i suoi instant book: ha offerto un frammento di storia e costume perfettamente rivelativo. Molta storia, molto costume e a questo giro moltissima rivelazione. Un momento di alta formazione, su politica, comunicazione, vita.
Francesco Schettino: “Chico, sei il mio eroe”
Vanno in scena Vespa e Chico Forti. Quest’ultimo, dopo il contestato trasferimento in Italia, racconta il carcere di Verona dopo 24 anni in quello di Miami (“una differenza enorme” ha commentato, abbè...). Ma arriviamo al punto: appena arrvato in Italia, all’ingresso del carcere di Rebibbia, qualcuno dice a Forti: “C'è il comandante che vuole parlarle”. Forti pensa sia un agente della penitenziaria e invece è Francesco Schettino, l’ex comandante della Costa Concordia, detenuto nella prigione romana. Schettino esordisce dicendo: “Chico, sei il mio eroe”.
Scena perfetta. Dice tutto. Presuppone uno Schettino stimato e titolato nelle galere patrie più di quanto lo fosse al comando della Costa Concordia (rammentiamo il “vada a bordo cazzo” di De Falco che è ancora un audio, un meme, una memoria comica e tragica probabilmente indelebile). Lo status di Schettino è tornato a quello di Comandante.
E sull'accoglienza a Forti siamo passati dal “benvenuto assassino” de Il Fatto di Marco Travaglio, al “benvenuto eroe”. Ecco, in questa fetta di mondo vengono presupposti criteri di valutazione ben diversi da quelli che apparacchiamo noi dell’informazione. Appunto la trasmissione di Vespa li evidenzia, li mostra, li rivela. Ed è un instant-book, un post, infero ma realista, di sopravvivenza e biologia al di sotto del livello pubblico-politico.
Un partigiano viene fatto prigioniero dalle truppe fasciste. Il comandante arriva per interrogarlo, ma quando i due si incontrano si riconoscono. Sono cugini
L’incontro Forti/Schettino fa pensare a un racconto di guerra del giornalista scrittore barbone (e genio) Gian Carlo Fusco, che ora si legge nel libro L’Italia al dente (Sellerio). Durante la guerra civile spagnola un partigiano siciliano, comunista del Fronte Popolare, viene fatto prigioniero dalle truppe nere. Nella lurida cella si presenta l'aguzzino fascista a interrogarlo, picchiarlo, torturarlo, ma quando i due si trovano faccia a faccia si riconoscono. Sono cugini. Finisce che passano il resto della detenzione a cucinarsi pasta con le sarde di nascosto da partigiani e fascisti.
Quella del fascista e dell'antifascista è una bella parabola antipolitca. Tutto molto italiano, direbbero i moralisti e i flaianisti, quelli che la pasta alle sarde la mangiano sì ci mancherebbe, ma tengono alle forme. Chissà che titolo farebbe o farà Marco Travaglio sul Fatto Quotidiano per raccontare l’incontro Forti Schettino.
Noialtri siamo laici e non ci stupiamo. Non ci stupisce Forti che è giustamente tornato in Italia per esigenze politiche. Non ci stupisce Schettino. Soprattutto, grazie al programma di Vespa, non ci stupisce il reticolo di umanità, la vita di sotto, la dimensione tribale che sottende la vita pubblica, che spesso le orienta, le determina, le fa esistere. La vita è un Forti e uno Schettino che si salutano e un Vespa che lo racconta. La vita, diceva Wittgenstein, è un formicaio.