Lo dico subito: sono Emanuele, sono uomo, sono padre, sono italiano, sono marchigiano, non sono cristiano e sono liberale. Sì, di destra, non destra sociale, ma destra. Al limite dell’anarcocapitalismo. E sono stato berlusconiano anche quando Silvio Berlusconi ha dimostrato di non esserlo mai stato. Perché ho creduto nel partito liberale di massa, ho creduto nell’ideale laico di un Paese veramente liberato dall’ingerenza di Sacra Cattolica Romana e Cristiana Ecclesia (si faccia quello che predicano e mai quello che fanno), ho creduto nel valore dell’individuo e delle SUE libertà e pure nel popolo delle partite iva e mi hanno sempre emozionato quelli che ogni mattina alzano le serrande (vere o metaforiche) delle loro attività per spartirsi la pagnotta con un socio, occulto e sfaticato, che si chiama Stato.
Sono stato berlusconiano quando gli avvisi di garanzia scandivano le fasi politiche di questo Paese, quando le così dette toghe rosse abbozzavano in maniera più o meno fondata, più o meno giusta, dei mezzi colpi di stato in nome della legge. Ecco perché adesso anche solo il vago sospetto che possano cominciare a esistere pure le toghe azzurre mi fa vomitare. E mi fa pensare che pure Silvio, ovunque si trovi, sia stato raggiunto da un qualche senso di fastidiosissima nausea.

Sì, perché nelle Marche è successo e sta succedendo qualcosa che sembra sovvertire la storia. Il presidente della Regione comunica la data delle elezioni regionali e ventiquattro ore dopo, puntualmente, spunta la notizia di un avviso di garanzia per il candidato della sinistra e del Movimento 5 Stelle, Matteo Ricci.
Ora - tralasciando le comiche giustificazioni del soggetto interessato e il fatto che avrebbe fatto bene, viste le carte dell’inchiesta, a dire “scusate, sono stato un pollastro”, piuttosto che arrampicarsi sugli specchi fino a non rendersi conto di essere arrivato a ammettere di essere stato un sindaco disattento, distratto e totalmente nelle mani di collaboratori discutibili che lui stesso sceglieva e confermava – a sconvolgere c’è l’atteggiamento di quelli che, non fosse altro per l’appartenenza che oggi ostentano, sono, o dovrebbero essere, i figli di Silvio. Garantisti come Silvio avrebbe voluto e come ci si professava ai tempi di Silvio? No, manco per il ca*zo. Anzi, prontissimi a cavalcare un avviso di garanzia all’attuale europarlamentare del Partito Democratico (ex sindaco di Pesaro, nonché ex LEFT, ex PDS, ex Ulivo e ora PD in cui è stato ex D’Alemiano, ex Bersaniano, ex Renziano, ex Zingarettiano, ex Lettiano e ex Bonacciniano) come argomento principe della campagna elettorale (nonostante il presidente Acquaroli abbia dichiarato di volersi confrontare su altri temi). Insomma, come hanno sempre fatto gli altri. Con, in più, pure una certa difficoltà a contenersi quando i tempi non erano sospetti.

Italo Bocchino, dai vari salotti televisivi, infatti, aveva anticipato già diverse settimane fa che Matteo Ricci sarebbe stato raggiunto da un avviso di garanzia per le note (e decisamente tristi) vicende dei tempi in cui era sindaco di Pesaro. Ma come faceva il buon Italo a sapere già tutto? La domanda è legittima, ma nessuno ha dato una risposta e forse è proprio lo stesso centrodestra che dovrebbe pretenderla. L’ ha sollecitata lo stesso Matteo Ricci, l’ha sollecitata il Partito Democratico (o almeno quella parte di PD che non sta con Ricci per mandarlo al massacro, ma che ci crede veramente) e l’ha sollecitata pure quel Matteo Renzi che nelle Marche era rimasto mezzo neutrale, ma che adesso sembra aver definitivamente scelto di buttarsi dove è sempre stato (con buona pace di quelli che sono di sinistra veramente).
Ora, per carità, ci sta che Italo Bocchino sia arrivato con il semplice ragionamento a una profezia decisamente facile da profetizzare, ma se così non fosse? Il dubbio che nelle procure, ora che essere rossi conviene un po’ di meno, abbiano iniziato a nascere inflorescenze azzurre c’è. E il diserbante dovrebbe spruzzarlo in abbondanza (non fosse altro che per fugare anche il minimo sospetto) proprio chi è stato azzurro ai tempi di Silvio, in nome di una Giustizia che sia veramente libera e interessata solo dalla Giustizia, oltre che mossa dal senso, altissimo, della Giustizia come volontà costante e perpetua di assegnare a ciascuno il proprio diritto. O, in subordine, in rispetto alla storia di un uomo che si chiamava Silvio Berlusconi. E che, purtroppo, di eredi che sanno resistere alla tentazione di strumentalizzare (magari impostando una campagna elettorale sui contenuti) non ha saputo lasciarne neanche mezzo, neanche nelle dimenticate (non da Dio e nemmeno dalla Ndrangheta, soprattutto quando vanno insieme) e sperdute Marche.