Si sarebbe dovuto chiamare Vittorie e sconfitte il terzo album in studio del rapper Capo Plaza, ma alla fine la scelta è ricaduta su Ferite perché, che si perda o si vinca, i segni della lotta restano comunque addosso. A ventisei anni Capo Plaza vanta già un’esperienza decennale nel mondo della musica, per questo è come se ne avesse trentacinque, ci dice in conferenza stampa, anche se, nonostante la maggiore consapevolezza acquisita, non si sente ancora un uomo. In effetti negli ultimi dieci anni Luca D’Orso, così all’anagrafe, ne ha fatti di passi avanti: dai primi pezzi al successo raggiunto appena ventenne nel 2018, ha già visto e compreso la doppia faccia della fama ed è riuscito a trovare un equilibrio per non perdere la testa e restare concentrato. Una battaglia questa non sempre facile da combattere se sei giovanissimo e alle prime armi, e che spesso impone delle pause più o meno drastiche, come è successo recentemente a Sangiovanni. In Ferite il rapper salernitano ha voluto scoprirsi, svelando il lato più cupo della vita star, fatta più di solitudine e disciplina che di champagne e vida loca. “La vetta è solitaria e ci sono da solo”, canta in Solo un’ora; e ancora in Nato per questo: “Da solo fumo, da solo scrivo, Mi hanno tradito, mo’ son selettivo”. Quella di Capo Plaza, non è l’immagine del cantante arricchito che se la spassa con la sua cricca, anche se quando c’è da festeggiare, come alla festa per il lancio del disco, è circondato da amici e colleghi che lo apprezzano e lo stimano, come Lazza, Fedez, Tedua e Rafel Leão, per citarne alcuni. Tuttavia, non ha mai fatto mistero della sua timidezza, come ha dichiarato anche nel reportage de Le Iene e per questo preferisce le situazioni più intime al chiasso delle discoteche, che non ama frequentare. Al di là del carattere però la sua riservatezza è anche una forma di difesa dagli adulatori e i finti alleati, che nel tempo ha imparato a tenere lontani. Anche per questo non è molto attivo sui social e conserva con fermezza la propria privacy lasciando alla mercè del pubblico solo le sue canzoni (“Non posto mai perché è meglio sai niente della mia life”).
Nel singolo che ha anticipato l’album, Acqua Passata, lascia trasparire anche un malcontento per come viene accolta la sua musica e in generale la cultura Hip-Hop in Italia (“Non lo capisco sto Stato”). Frequentando Parigi, per lavoro e per piacere, perché lì si sente a casa, ha avuto modo di vedere che i rapper all’estero sono presi molto più sul serio che in Italia, dove troppo spesso vengono dipinti come pagliacci e incompetenti dalla stampa generalista. Eppure, ci troviamo di fronte a dei professionisti a tutti gli effetti. Tuttavia, non gli viene accordato lo stesso rispetto che viene riconosciuto a quelli delle altre categorie, a maggior ragione se ricchi e di successo. Chi ridicolizzerebbe mai la figura dell’avvocato solo per averne incontrato uno incapace? Lo stesso si potrebbe dire dei rapper. Questa mancanza per Capo Plaza deriva soprattutto dall’assenza di una cultura multietnica per cui si fa più fatica ad accogliere culture diverse come quella Hip-Hop. Insomma, sembra che le Ferite abbiano portato Luca a una crescita oltre che musicale anche personale, ottenendo una lucidità a limite del cinismo. Se passa un pomeriggio in giro spendendo ore a concedere selfie a tutti, torna a casa sconvolto perché si rende conto che c’è qualcosa di morboso in tutto questo: “Non salvo vite umane, sono un cantante”. È consapevole però dello status che ha raggiunto e che vorrebbe mantenere ma “Senza ‘sti flash e questi tabù” come canta in No drama. Essere preso sul serio, senza essere idolatrato. Continua così la sua carriera cercando solo di migliorarsi come artista, senza pensare troppo a dove lo porterà: “Sono in una supercar e spingo fino a quando non finisce la benzina”.