Nel podcast Gurulandia finalmente non si parla di Fedez in chiave gossip, ma vediamo il lato di Federico che finora è rimasto più dietro le quinte, quello dell’uomo imprenditore. Uomo che da sempre ha messo in pratica moltissime iniziative, ma è stato spesso offuscato dalle luci di Instagram e dall’etichetta di influencer che gli è stata affibbiata. Non che lui non abbia contribuito a questa narrazione, ma, come dice lui stesso “abbiamo fatto molto e comunicato poco. Ora comunicheremo di più”. Lo vediamo seduto sul divano della nuova casa, molto sciolto e naturale, che ha voglia di aprirsi in quello che è il core del suo business. Ma che tipo di uomo è Fedez da un punto di vista lavorativo? “Mi definisco un creativo, ma a un certo punto ho capito che la musica non era l’unico modo per esprimermi. Il tema dell’intelligenza artificiale aiuterà molti settori, come quello della medicina, ma ne ammazzerà altri e creerà problemi per alcuni posti di lavoro. È per questo che la creatività è l’unico modo che c’è per salvarsi e che non verrà intaccato. Perché attualmente la creatività umana non è rimpiazzabile con l’intelligenza artificiale. Questa può essere complementare ma non può essere la sola cosa che guida la creatività”. Ma Fedez come investe i suoi soldi? E come è strutturata la sua azienda? “C’è una holding e poi io ho quote in varie società. Io personalmente non ho mai investito i miei denari, perché penso di poter dare a molte società un valore aggiunto in termini lavorativi. Faccio quello che in gergo si chiama work for equity: do prestazioni e lavoro in cambio di quote in società in cui credo. Ho investito i miei soldi in una sola società, che è un fiore all’occhiello italiano, che è Bending Spoons”.
Ma lui è o no un team leader? “No, non sono minimamente bravo nella gestione del team; infatti, non sono il Ceo della mia società. Le mie qualità riguardano la creatività, la capacità di chiudere contratti e trovare soldi quando servono per i progetti”. Poi racconta la nascita del progetto Drink Boem e della differenza con gli energy drink: “Noi facciamo una bevanda alcolica non sono degli energy drink, ed è un settore che ho dovuto imparare a conoscere perché è una realtà completamente diversa. È un progetto su cui ho lavorato io personalmente con Camillo Bernabei per un anno e mezzo. Stiamo facendo una cosa rivoluzionaria, e non lo dico in senso mitomane, ma nel senso di novità. Che cosa fanno oggi le celebrity company in Italia? Beauty e vestiti. Questa è la prima celebrity company nel mondo del beverage. Quando l’abbiamo fondata, tutte le più grandi aziende hanno drizzato le antenne, perché la forza delle celebrity company sta nel fatto che risparmi tantissimo sul marketing. Io riesco ad avere una forza per cui un’azienda normale in Italia deve spendere milioni di euro in marketing. Noi abbiamo investito nel marketing, ma con la forza mia e di Lazza che spingevano il prodotto”. E Leonardo Del Vecchio in tutto ciò, visto che è l'azionista di maggioranza? “La famiglia Del vecchio è una delle aziende più forti che ci siano. Il padre di Leonardo non nasce ricco, ma cresce in un orfanotrofio, è una storia da studiare. Il Ceo più bravo bravo che abbiamo in Italia è Francesco Milleri, l’amministratore delegato di Luxottica: ho avuto l’onore di parlarci e di diventarci amico. Parliamo di una persona che conosce capillarmente la sua azienda, che è gigantesca. Leonardo sa fare business molto bene e ha fiuto: sono andato da lui senza avere il nome della bibita”.
E a proposito, com’è mescolare amicizia e lavoro? Dopo tutto quello che gli è successo è meglio tenere le due cose separate? “A livello di business non ha senso, ma a livello di arricchimento personale anche gli errori sono utili. Non rimpiango nulla di quello che ho fatto e di quello che sarebbe potuto essere. Tutti pensano che io sia ossessionato dal denaro, ma per fortuna non è così. Io sono ossessionato dal fare denaro divertendomi, perché il vero lusso non è diventare ricchi. Conosco tantissima gente ricca che non è felice. Il segreto è essere ricchi e felici: i soldi risolvono un problema ma non li risolvono tutti. Per cui il mio scopo nella vita, oltre a cercare di lasciare un’impronta positiva in questo mondo, è quello di raggiungere un obiettivo divertendomi. Ho bisogno dell’adrenalina altrimenti non ne vale la pena”. Proprio dall’amicizia era nato il podcast Muschio Selvaggio condotto inizialmente con Luiss Sal, ora come stanno andando le cose? “Un podcast inizia a prendere un’identità dopo più o meno un anno. Muschio ha avuto due vite: quando c’era Luis ragionavamo in un modo, quando poi è arrivato Marra ho avuto l’opportunità di fare cose che con Luis non potevo fare, perché non voleva parlare di politica e di altri temi che non sentiva suoi. Mentre io e Marra, sia sulla politica che su altre passioni, siamo molto affini. Abbiamo fatto cose che non erano solo belle da vedere, erano proprio belle da fare. E per chi dice che sono un assetato di denaro, chi cazzo me lo faceva fare di stare lì nove mesi a mettere i soldi io, a pagare la gente io. L’ho fatto perché mi piace farlo”.
E ha proseguito: "Quando facevo Muschio con Luis la maggior parte degli ospiti li portavo io alcune idee le condividevamo, ma le mie idee erano molte. C’erano infatti delle puntate che non mi appassionavano per niente. Martin in un’intervista ha detto di essere stato il direttore artistico di muschio selvaggio: io gli voglio bene ma Martin in Muschio Selvaggio non ha mai fatto un cazzo. L’unica puntata in cui ha portato un ospite di cui non mi ricordo neanche il nome mi sono fatto due coglioni enormi; infatti, è stata la puntata meno vista. Sul futuro del podcast non saprei che cosa dirti, perché non è in mano a Luis, ma c’è una persona terza che controlla l’azienda, che però ad oggi non ha un minimo di valore. Ci sono dei procedimenti in corso ed è un casino perché abbiamo la società al 50%, ma il tema è che nessuno dei due vuole vendere. Io a lui ho offerto un sacco di soldi, lui ne ha offerti tanti a me, ma nessuno dei due li vuole. Io sarei disposto a sedermi a un tavolo civilmente, ho scritto a Luis più volte dicendogli di parlarne, ma poi subentra l’orgoglio e quindi ci vuole del tempo per farsi diventare le cose”.
Ma che potenziale hanno i podcast? “Sono sicuro che il mondo dei podcast sia un business inespresso in questo momento, perché tutte le società di podcast che ci sono in questo momento sono state date in mano a gente che non capisce un cazzo di podcast e non hanno capito il vero potenziale. Oggi Muschio Selvaggio, se non avessimo avuto tutti i problemi che conoscete, sarebbe potuto valere tranquillamente tra i 30 e i 40 milioni di euro. Il punto è che nessuno oggi ha capito quale sia la chiave per fare i soldi con i podcast, e mi va bene così finché lo so solo io. Già oggi in Italia un podcast in tre anni potrebbe valere 150 milioni di euro”.
Poi spiega il perché i podcast sono i veri competitor degli editori: “Quale è il problema di Repubblica e il Corriere della Sera? Il fatto che non hanno il ricambio generazionale. Sono disperati perché quando i loro lettori moriranno, quelli che rimarranno in vita non se li inculeranno. E qual è la fascia che il podcast riesce a intercettare? I giovani, la generazione Z e i Millennials. Per cui la cosa bella di questo progetto non sarà solo fare i soldi, ma sarà creare un nuovo capitolo dell’editoria e spaccare il culo a quel mondo. Guardate i dati degli investimenti sull’editoria e capite perché loro perdono soldi e dove vengono investite quelle cifre. I soldi che l’editoria non fa più vengono investiti sugli influencer. Ma quindi c’è competizione tra editoria e mondo dei podcast? “Quando c’è uno scandalo su un’influencer, ogni articolo che leggiamo sul Corriere o su Repubblica non è disinteressato. Loro tirano l’acqua al loro mulino e hanno cercato di ricostruire una narrazione demonizzante del mondo degli influencer, perché vogliono fermare una valanga con un cucchiaino in mano. Ma non hanno capito che la valanga gli arriva in faccia lo stesso, anche se riescono a costruire una narrazione credibile”. Poi stende il mondo del giornalismo: “Se analizziamo entrambi i giornalisti e gli influencer, oggi qualcuno mi deve dire la differenza tra Gramellini e Alessia Lanza. Io la differenza non la vedo, se non per il fatto che Alessia Lanza è più interessante”.
E questa crisi può riguardare anche la televisione? “Io non guardo la televisione, per me esiste solo YouTube. C’è un pubblico molto ampio che non legge i giornali che non guarda la televisione e che riesce comunque a informarsi in maniera autonoma. So che sembra un discorso un po’ grillino, ma se vuoi vederla in termini di business, si sta creando un nuovo bacino e se ne stanno accorgendo tutti. Ma quel bacino devi renderlo monetizza e questo non avviene solo con gli sponsor. La cosa avvincente è spaccare il culo all’editoria, per cui oltre a fare un sacco di soldi ti fai anche un sacco di nemici, cosa che non fa mai male”. Ma qual è il contenuto che funziona veramente per un podcast? “Mi sento molto più realizzato nel fare 800.000 visualizzazioni con il capo della massoneria che nessuno conosce, piuttosto che 1 milione di views con il trapper super in hype, perché quello è semplice da realizzare e dopo un po’ la gente in hype finisce, per cui ti devi focalizzare sul contenuto. In tutto, come anche nella musica e nel business, ti devi ricordare che la gara non sono i 100 metri, ma è una maratona”. Fedez, che spesso ha parlato di politica sui suoi social, ha mai pensato seriamente di scendere in politica? “Attualmente no, ma mai dire mai nella vita. Magari quando sarò più vecchio e capirò che voglio veramente lasciare qualcosa a questo paese, perché quello deve essere lo spirito quando entri in politica. Ma oggi, se entri nel palazzo, difficilmente puoi cambiare le cose, è più facile cambiarle da fuori”. E per lui quanto è importante il personal brand? “Prima di tutto non bisogna pensare al personal brand. Io ci ho lavorato, ma non mi sono mai seduto con la mia assistente a dire mettiamoci a lavorare sul mio personal brand. Le cose meno le studi e meglio è”.
Poi arriva la parte finale del podcast in cui l'ospite deve rispondere si o no senza argomentare. Tra Los Angeles e Milano sceglie senza dubbio Milano, tra “povero e famoso o ricco e impopolare” sceglie la seconda senza ombra di dubbio. Ma sulla sua popolarità si apre una parentesi: “In quanto a popolarità sono un ibrido tra un politico e Maria De Filippi, ma anche digitale, dimensione che magari la De Filippi non ha. La popolarità ha tanti pro ma anche tanti contro, ma io non ho iniziato a fare quello che faccio per rincorrere la notorietà, per cui per me è un effetto collaterale di quello che cercavo”. Fedez però entra in crisi nel momento in cui deve scegliere tra soldi e sesso: “Non esiste sesso senza soldi e non esistono soldi senza sesso”. Avendo una Ferrari e avendo avuto in passato una Lamborghini, che però ha venduto, sceglie comunque la Ferrari. Poi c’è lo scontro tra Fagnani e Fabio Fazio, tra Belve e Che Tempo Che Fa e lui, dopo un po’ di dubbi, sceglie belve pur non disprezzando la trasmissione in onda sul Nove. Lol o X Factor? “Lol tutta la vita. In un Paese in cui abbiamo Il Grande Fratello come format di punta, Lol è stato un programma innovativo e ti dirò di più: a portare Lol sono stato io. Nessuno si aspettava che diventasse un fenomeno di costume di tale portata. È un gioiellino in un mondo di piattume”. Sul finale ci stupisce scegliendo tra Sfera Ebbasta e Fabri Fibra il secondo, ma i due non si stavano sul cazzo?