È un periodo complicato, ma per i vip un po' di più. Clio Zammatteo, alias regina del make up nei primi anni 2000, ha confessato in lacrime sui suoi social di star passando un periodo di merda. O meglio di non sentirsi più "a suo agio nel mondo beauty online", dove competizione così alta tra creators ha portato a strategie sempre più feroci. Poi è stata la volta di Sangiovanni, che ha deciso di ritirarsi momentaneamente dalla scena musicale per occuparsi del suo benessere psicologico, come parrebbe voler fare (almeno come ipotesi o annuncio) pure Mr. Rain. Infine tutti abbiamo assistito al declino imprenditoriale di Chiara Ferragni, la quale tuttavia è lo specchio di un disagio che lei stessa ha ammesso di aver vissuto nell'ultimo periodo della sua vita, tra la separazione (forse definitiva?) da Fedez e l'accusa in massa del popolo del social per via della presunta beneficenza "falsa". Insomma, pare che il mondo dei vip stia letteralmente collassando su sé stesso: se fino a qualche anno fa appariva come un universo scintillante quanto ambito dai più giovani, ora vi è una svolta generazionale che lo condanna - più spesso che volentieri - alla gogna mediatica. Abbiamo intervistato Matteo Merigo, psicologo e psicoterapeuta per un confronto sul mondo "mentale" degli influencer.
Merigo, quanto i social hanno la capacità di influenzare la realtà dei creator online?
Al giorno d'oggi i social rivestono gran parte della realtà. Esistono due lati dei creator che, spesso, possono andare in netto contrasto tra loro: il lato imprenditoriale e il lato personale. Alcune volte, in seguito ad avvenimenti particolarmente pesanti da digerire per alcuni di loro (dato che parliamo di un mondo online con dinamiche imprevedibili) è il lato personale ad avere la meglio. Ecco quindi che assistiamo a questi sfoghi, come nel caso di Clio Zammatteo o nel caso di Sangiovanni.
Nel caso di Sangiovanni, molti dei suoi follower hanno attribuito il suo "allontanamento" anche alla giovane età.
Nel caso specifico, hanno ragione anche loro. Tuttavia, per me esistono cause concatenate sia la giovane età di Sangiovanni sia il grande carico di responsabilità che ha finito con incidere sulla salute mentale del ragazzo. Lui è l'esempio vivente del fatto che il mondo degli influencers si stia rivoltando. Il punto che dovrebbe spingerci aprire gli occhi è che persino Sangiovanni, giovanissimo ed esperto conoscitore del sottobosco dei social, non è riuscito a reggere alla pressione.
E Chiara Ferragni, invece?
La Ferragni è un discorso a parte. Dopo l'intervista da Fazio, ho consolidato una delle convinzioni che ho sempre avuto: gli influencer - una generazione a cui la Ferragni ha dato il via - sono come i politici.
Ossia?
Ossia non si capisce mai fino a che punto stiano dicendo la verità. Anzi, le dirò di più. Io ho sempre pensato che lei fosse l'unica oppositrice valida al governo Meloni, molto di più della Schlein. Personalmente ho sempre visto Chiara Ferragni come la più grande portavoce "social" di sinistra che abbiamo in Italia.
Eppure dopo tutto quello che è successo anche la Ferragni potrebbe ritirarsi un po' dalle "scene"...
Ma il mondo degli influencer, a queste condizioni, è destinato a cambiare radicalmente forma. Negli ultimi tempi c'è sempre più attenzione alla salute mentale e, oggettivamente, le "condizioni" a cui mi riferisco creano troppo disagio a queste persone per continuare il loro percorso in serenità.
Quale categoria di influencers è destinata a sopravvivere, secondo lei?
Non di certo quelli come Chiara Ferragni, che incentrano la comunicazione digitale sulle loro vite, mescolando il lato personale -come dicevo all'inizio- con quello imprenditoriale. Credo che gli unici a sopravvivere in futuro saranno i divulgatori culturali. Loro hanno un modo diverso di fare imprenditoria online e possono vantare un pubblico che li segue più per i loro contenuti che per mera curiosità su cosa mangiano a pranzo, ad esempio. Come nel caso della Ferragni & Co.
E tuttavia "la generazione post Ferragni" basa i propri contenuti proprio sul consenso della massa.
Assolutamente sì. Perché i numeri sono diventati anch'essi fonte di preoccupazione. Alcune volte si tratta di una vera e propria dipendenza -che certamente a livello mentale non giova-. Devo ammettere che questo discorso l'ho sentito fare in passato anche da Fedez, che si è occupato di salute mentale molto di più di quanto abbiano fatto i miei colleghi iscritti all'ordine.
Vogliamo chiudere con una previsione sul destino degli influencers, in seguito a tutti questi allontanamenti social dei creators?
Non sono Nostradamus, ma sono certo che questa grande bolla social stia incrinando già adesso. Ed esploderà, prima o poi.